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Un morto, Sansepolcro distrutta e la paura: il terremoto del ‘48
La vittima si chiamava Gabriella Rossi
È passato tanto tempo, seppure quello di giugno per Sansepolcro resta sempre un mese particolare. Il 13 giugno del 1948, era una domenica, una forte scossa di terremoto colpì la Valtiberina al confine tra le province di Arezzo e Perugia. Erano le 8.34, era già vigente l’ora legale, e molta gente giù in strada: ci fu solamente una vittima, la ragazza Gabriella Rossi, seppure quasi tutti gli edifici di Sansepolcro furono lesionati; alcuni divennero pericolanti e dovettero essere puntellati oppure demoliti, mentre 15 abitazioni crollarono parzialmente. Il nome della vittima, comunque noto, lo riporta anche Padre Francesco Coccia nel volume dal titolo ‘Attività sismica in Toscana durante il cinquantennio 1930-1980’ (uno dei pochi documenti scritti) con dei dettagli più specifici. “morì per il crollo di una volta nella chiesa di San Francesco: ebbe schiacciato il cranio. Era di Badia Tedalda e di anni 22: si trovava per caso a Sansepolcro”. Testo che riporta anche altro. “Vi furono anche otto feriti, sempre per vari motivi inerenti alla scossa. Nella Pinacoteca la celebre Resurrezione di Piero della Francesca e il ‘Cristo legato alla colonna’ di Cherubino Alberti, riportarono danni; così altre opere d’arte”. Fondamentale, nel ricostruire quanto accaduto dal punto di vista scientifico, è ancora una volta il contributo del dottor Thomas Braun, ricercatore dell’INGV di Arezzo. Fu una scossa importante, forte, registrata dagli strumenti preposti a tale compito e stimata oggi in una magnitudo 5.1 e una intensità tra il settimo e l’ottavo grado della scala Mercalli. La faglia sismica è sempre quella Altotiberina e il punto di ‘rottura’, ovvero il luogo in cui ha avuto epicentro il terremoto, è ubicato ad una latitudine 43.598 e longitudine 12.127; il punto d’incontro di queste due linee porta nella zona dell’attuale Riserva Naturale Alpe della Luna. Ci furono anche delle repliche nelle ore e giorni successivi, scosse di assestamento avvenute tra le 13.50 e le 14.20 che aggravarono ulteriormente la situazione. In quel momento, a pochi giorni dal solstizio d’estate, Sansepolcro si trovò praticamente in ginocchio: caddero tegole, cornicioni e calcinacci mentre vari tetti si avvallarono, seppure il grosso dei danni era concentrato nella parte vecchia della città; quella racchiusa all’interno delle mura. Danni ancora più gravi, invece, furono rilevati negli interni degli edifici, in cui cedettero o comunque divennero instabili soffitti e pavimenti. Ci furono lesioni diffuse nelle pareti, con tanto di spostamento delle travi: questa una panoramica della situazione. Danneggiato notevolmente anche l’ospedale ancora presente in via della Misericordia nel cuore di Sansepolcro, così come il Duomo e altre chiese fra cui quella di San Francesco dove crollò parte della volta causando, come detto prima, la morte della giovane Gabriella, maestra neodiplomata. Danni di una gravità analoga furono rilevati nella vicina località di Villa Paradiso, mentre altri edifici furono lesionati nelle frazioni di Aboca e Cignano; stessa cosa nella vicina San Giustino, per pochi chilometri già in Umbria, dove addirittura divennero inabitati alcuni palazzi. Il forte sisma, quindi, interessò l’intera Alta Valle del Tevere compresi i territori di Pieve Santo Stefano, Caprese Michelangelo, Citerna, Città di Castello e Chiusi della Verna dove i danni furono più leggeri. La scossa di magnitudo 5.1 fu avvertita in maniera molto chiara anche ad Arezzo e in alcuni altri centri vicini alla zona dei massimi effetti. L’area in cui la scossa fu avvertita più o meno sensibilmente si estese da Firenze a Perugia e abbracciò numerose località della Toscana, delle Marche e dell’Umbria. L’immagine della Sansepolcro dei mesi successivi è quella presente nelle foto di dominio pubblico, dove si notano bene gli accampamenti allestiti fuori Porta del Ponte, in viale Armando Diaz, viale Vittorio Veneto e nei pressi di Porta del Castello.
“ALTRI 2 SECONDI E DI SANSEPOLCRO NON SE NE PARLAVA PIÙ”
Danni, per un importo stimato di circa 600 milioni di lire, ma che forse arrivarono a sfiorare il miliardo, si verificano nei Comuni di Sansepolcro, San Giustino, Caprese Michelangelo, Città di Castello, Chiusi della Verna e Pieve Santo Stefano e nei giorni successivi arrivarono in città l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Alcide De Gasperi, insieme al Ministro del Lavoro Amintore Fanfani. Fondamentale, in questa ricostruzione temporale, sono i documenti messi a disposizione da don Andrea Czortek, direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro. Per l’assistenza alle persone colpite si attivò la sezione diocesana della Pontificia Commissione Assistenza, antenata dell’odierna Caritas. Il 14 giugno Papa Pio XII inviò 15 quintali di pasta, 5 di riso e 3 di zucchero e due giorni dopo la sede centrale aveva spedito in città 30 chili di latte in polvere. Questi aiuti sono stati ricevuti e distribuiti dalla Pontificia Commissione Assistenza, coordinata da don Virgilio Borghesi. Nel ringraziare la presidenza centrale Don Virgilio scrive: ‘Comprenderà, Monsignore, in quale triste situazione noi veniamo a trovarci, con tante e tante difficoltà che prostrano la nostra fibra e ci inoculano nel profondo dell’animo un grave senso di tristezza. Le scosse sismiche si ripetono quasi continuamente, con più o minore intensità, causando panico grave tra la popolazione, costretta a vivere attendata alla periferia della città. L’Egregio dottor Ancillotto che a Suo nome si recò a Sansepolcro, potrà in proposito darLe notizie più particolareggiate. Oso ripetere a Lei, Monsignore, quanto ebbi l’ardire di significare all’Egregio Dottore. Ci occorrerebbero tende per distribuire alla popolazione ed in modo particolare ai nostri che militano nell’idea cristiana, molte volte intralciati in questo paese di marca scarlatta. Guardi poi di far il possibile per mandare latte e farina, nonché scatolame di marmellata e di carne per tanti e tanti bisognosi’. Di particolare interesse, poi risulta anche la lettera di don Virgilio Borghesi dove, oltre ai riferimenti politici, sottolinea la necessità di organizzare bene la distribuzione degli aiuti. Tuttavia, però, i viveri non sono sufficienti a soddisfare quelle che erano le richieste e il 22 giugno 1948 don Virgilio è costretto a rifiutare quella di don Armando Aputini per sette famiglie di Brancialino le cui case risultarono inagibili. L’8 luglio 1948, scrivendo a don Luigi Montecchi parroco di San Martino a Sieci in provincia di Firenze, don Virgilio descrive la tremenda scossa di terremoto che ha sconquassato tutta Sansepolcro. Riportando che il seminario è inabitabile e i seminaristi sono stati inviati alle rispettive famiglie. Non c’è più uno stabile che si prestava a convegni e anche conventi e tutte le chiese, compresa la Cattedrale, fanno pietà. “Dovremo anche sospendere gli esercizi spirituali al Clero e quindi dovrà pure essere rimesso a tempi migliori il nostro corso di A.C ai sacerdoti e seminaristi. Pensa che oltre 2000 persone dormono all’aperto attendati e pure il Vescovo ha dovuto ritirarsi negli scantinati del palazzo semidistrutto a cui, ai danni della guerra, si sono ora aggiunti quelli del terremoto”. Missiva di don Virgilio che si sofferma poi anche su altri aspetti con una panoramica attenta della situazione di quel periodo. “Tutto compreso non è poi andata tanto male per gli abitanti. C’è stata una sola vittima, poiché il terremoto venne quando già molti erano alzati o furi per la spesa e per la Santa Messa… attualmente si celebra all’aperto, almeno nei giorni festivi, dove maggiormente si trova la popolazione attendata. Il forestiero che capita qui e che non sa niente, forse non ha l’impressione dei danni causati dal terremoto, poiché di macerie esterne non ce ne sono gran che. Ma è l’interno tremendamente lesionato e rovinato”. Interessante, poi, è anche l’aspetto temporale e della percezione del pericolo evidenziata dalla popolazione riportato sempre tra le righe. “Se durava la scossa altri 2 o 3 secondi di Sansepolcro e della zona limitrofa non se ne parlava più”. Le parole della lettera ci riportano nell’Italia di circa 75 anni fa, uscita da una campagna elettorale fortemente polarizzata, il cui eco risuonava anche nelle tristi circostanze del terremoto. Un caso particolare è quello della famiglia Del Furia, la cui casa è stata distrutta dal terremoto: il 10 dicembre, nel corso di un trasferimento ad Arezzo con un camion rimorchio, nei pressi di Fighille viene smarrito un sacco contenente biancheria e indumenti usati; la commissione dirama una comunicazione ai parroci della zona, grazie alla quale è stato poi possibile recuperare quanto smarrito. Un passo indietro, poiché altrettanto interessanti diventano i documenti che provengono dagli archivi dell’Azione Cattolica Italiana. Sempre a causa del terremoto viene ridotta l’attività della Gioventù Femminile e anche la sede della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica) a Palazzo Graziani è stata lesionata. Un primo aiuto venne chiesto il 18 giugno al professor Oliviero Menchi di Città di Castello, esponente di primo piano nell’Azione Cattolica tifernate e assiduo collaboratore di quella di Sansepolcro, attraverso una lettera dal tenore fortemente confidenziale. Un mese dopo, invece, don Virgilio e Franco Vezzosi scrivono al presidente nazionale della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, Carlo Carretto. Lo stesso giorno, il presidente diocesano, Ettore Gabrielli, sollecita la presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana “perché voglia aiutarci in questo tragico momento con invio di sussidi e di tende, le quali ultime dovrebbero essere possibilmente per 4 – 6 ed 8 persone”, anche perché “le tende sono poche in confronto alle necessità” e “ci sono varie famiglie di Azione Cattolica che hanno estremo bisogno di attendarsi”. Il 23 luglio il segretario centrale GIAC invia un “modesto aiuto” e il 29 luglio Franco Vezzosi ringrazia, assicurando che “l’incoraggiamento che nella circostanza avete voluto inviarci trova ai Giovani di questo Centro Diocesano sempre più decisi a intensificare i loro sforzi per il trionfo del nostro ideale”. Vengono però chiesti altri aiuti economici e in molti rispondono presente. L’Azione Cattolica di Trento invia 5.000 lire per sostenere i lavori di ripristino del palazzo; un contributo di 1.000 lire viene invece elargito dall’Azione Cattolica di Torino; quelle di Reggio Calabria e di Modena inviano ciascuna 500 lire; un aiuto giunge anche da Caltanissetta. Il 9 luglio il vescovo diocesano dona 3.000 lire, ma l’aiuto più consistente è elargito da Papa Pio XII al quale il presidente e l’assistente diocesani si rivolgono il 17 luglio; il 24 agosto la Segreteria di Stato comunica l’erogazione di 100.000 lire e il 3 settembre don Virgilio e Franco Vezzosi esprimono al Papa la loro gratitudine. Per l’inverno 1948/1949 la Pontificia Commissione Assistenza progetta anche una colonia marina elioterapica a Riccione, con scuola elementare annessa, per 50 bambini da 6 a 12 anni, sia perché “abbisognevoli di cure iodiche”, sia per sottrarli “ai disagi invernali della tenda (terremoto avvenuto a Sansepolcro il 13 giugno 1948)”.
… MA NON IL SOLO
Se quello del giugno del ’48, secondo gli studiosi, resta uno degli eventi sismici più rilevanti evidenziato in Valtiberina, al tempo stesso non è certamente l’unico. La storia ci riporta subito nel giugno dell’anno successivo, sempre a Sansepolcro, con altre tre scosse in sequenza. Così anche nel giugno del ’50 mentre il 19 ottobre del 1953 di “IV grado a Sansepolcro e di III grado a Pieve a Santo Stefano”. Importante fu quello del 30 aprile 1957 che interessò Pieve Santo Stefano, con epicentro nella frazione di Valsavignone. “Si ebbero leggere fenditure in diverse abitazioni. VI grado… nella stessa giornata si ebbero delle repliche di mediocre intensità… altre anche nel giorno successivo, ma furono tutte di leggera o leggerissima intensità, eccetto una, verificatasi verso le 1.10, che fu avvertita, sempre a Valsavignone, di IV grado. Le cronache riportano poi il terremoto del 15 aprile 1960 a Sestino: diciotto scosse in una sola giornata, con soccorsi giunti sia da Sansepolcro che da Pesaro; VI a Sestino, di minore intensità nelle zone circostanti”.
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