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Quattro chiacchiere con Alessandro Andreani ristoratore di Caprese Michelangelo

Gestore di un ristorante fra i più conosciuti e apprezzati del territorio
A Caprese Michelangelo, la sua famiglia è divenuta “istituzionale” nell’ambito della ristorazione e della ricettività più in generale. Alessandro Andreani ha proseguito l’attività avviata dal padre negli anni ’50 del secolo scorso e assieme alla moglie (ma anche i figli fanno altrettanto) tira avanti con indubbio successo la “Buca di Michelangelo”, albergo e ristorante fra i più conosciuti e apprezzati della zona per la qualità ricettiva e della sua offerta gastronomica, improntata sull’esaltazione di una tradizione locale fatta di prelibatezze del bosco (tartufi, funghi e castagne) e di delicatezza nella selezione delle carni. Anche la “Buca di Michelangelo”, ubicata nel nucleo storico attorno al castello del paese, sta ripartendo dopo lo stop forzato degli ultimi mesi.
Andreani, il Covid-19 ha praticamente tenuto fuori Caprese Michelangelo dal punto di vista sanitario, ma da quello economico per voi ristoratori come è andata?
“Stiamo ripartendo soltanto ora, anche se con molta cautela, perché specie da fuori di gente se ne vede molto poca. Il “lockdown” nel periodo primaverile ha cancellato per intero una fetta consistente della nostra attività: i ristoranti di Caprese sono quelli tradizionalmente preferiti per le cerimonie del periodo (comunioni, cresime, battesimi e matrimoni), ma stavolta non vi è stato alcun evento di questo tipo e nemmeno le comitive di persone e amici che spesso vengono qui da noi. È altresì vero, però, che non appena si è ripresentata l’occasione i nostri affezionati clienti sono subito tornati a farci visita. Da loro ricominciamo”.
In base alle nuove regole, quanto perde in capienza il vostro ristorante?
“Diciamo non molto, nel senso che abbiamo il vantaggio di possedere sale ampie, per cui il distanziamento sociale diventa una questione persino fisiologica. A livello di personale, tre sono i dipendenti in cassa integrazione, che abbiamo dovuto comunque richiamare quando le circostanze lo hanno consentito”.
Oltre al ristorante, qui avete anche l’albergo e sono diversi i turisti che in estate alloggiano da voi per godersi la pace e la buona cucina di Caprese. Ma questa estate come si preannuncia?
“Al momento, dovrei dire che le prospettive non sono rosee: d’altronde, la gente si prende tempo nel prenotare la vacanza e quindi ricorrerà inevitabilmente al cosiddetto “last minute”, perché dapprima vuol vedere fino in fondo quale piega prende la situazione. I vacanzieri sono perciò guardinghi e anche giustamente, direi”.
Non sarebbe allora il caso di promuovere territori come quello di Caprese, tanto più che alla luce dell’esperienza Covid-19 diventano i più ricercati?
“Dobbiamo puntare proprio su questi aspetti e investire sul turismo in forma mirata. Caprese, che rimane sempre e comunque il paese natale di Michelangelo Buonarroti, ha le sue attrattive anche dal punto di vista ambientale ed è per giunta collocata in una posizione strategica, in direzione sia della Verna che di Sansepolcro. Servono proposte in grado di trattenere qui le persone e iniziative quali ad esempio le escursioni in bicicletta, ma è più in generale il segmento del turismo naturalistico-sportivo uno di quelli sui quali insistere”.
Quali prospettive intravede di qui alla fine del 2020?
“Se non dovesse accadere nulla, come tutti auspichiamo, sono convinto che in ottobre ci potremmo riavvicinare molto ai livelli precedenti di normalità. Molto dipenderà dalla nostra intelligenza, tanto nel capirlo quanto nell’adottare di conseguenza gli opportuni comportamenti, soprattutto per ciò che riguarda il distanziamento”.
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