Santuario della Madonna del Carmine ad Anghiari: il miracolo di Costanza Agnolucci

La ragazza racconta la sua storia dopo 24 anni
Un miracolo risalente a quasi 500 anni fa: un’apparizione, tante grazie ricevute nel corso degli anni e la particolare sacralità che il luogo si è costruito. È il Santuario della Madonna del Carmine ad Anghiari, nelle vicinanze del paese, lungo la strada che attraversa la dolce collina per arrivare a Ponte alla Piera. Venne fatto costruire nel 1536, quando l’11 luglio la Madonna apparve ad una pastorella. L’ultimo prodigio si è consumato nel 2001, quando una ragazzina di Anghiari, Costanza Agnolucci all’epoca 12enne, si era recata a messa con la mamma, il fratello Samuele e la nonna, nel rispetto di una tradizione e di una devozione che nei confronti di questa Madonna sono molto forti: il giorno seguente avrebbe dovuto prenotare la sedia a rotelle perché non avrebbe potuto mai più camminare e invece andò lì per disdire il tutto, fra l’incredulità generale, a cominciare dalla sua e di quella dei genitori e dei parenti. La ragazza aveva ricominciato a camminare: quasi come se si fosse trattato di un rapporto causa-effetto, dopo essere stata alla Madonna del Carmine; anche gli scettici sui miracoli furono quella volta costretti quantomeno a “rimettersi in discussione” davanti alla mera cronaca dei fatti.
“Ho ancora dei problemi fisici, ci mancherebbe, però mi sento una persona davvero fortunata: non so ancora perché sia toccato a me, ma la mia vita è cambiata – racconta Costanza stessa a distanza di 24 anni da quel 27 maggio 2001 – non l’ho mai fatto pubblicamente, ma oggi lo voglio fare, di ringraziare mamma Laura; quello che mi è accaduto è una cosa davvero molto intima, proprio così l’ho sempre vissuta. Per me il Carmine, ancora oggi, è casa: mi sento davvero tranquilla; anche quando nel 2010 mio padre Maurizio è venuto a mancare, ho insistito io di portarlo in questo luogo”. Costanza, che oggi è una bella ragazza di 36 anni, ripercorre anche quello che è accaduto. “Stavo bene fino al dicembre del ’98, quando a un certo punto non riuscivo più a camminare e mi diagnosticarono un tumore al piede sinistro. L’unico consiglio che mi diedero fu quello di operarmi d’urgenza: i miei genitori si frugarono in tasca e il 7 marzo del 2000 venni operata a Villa Cherubini a Firenze, dove però – a causa di un’anestesia sbagliata – subii l’infarto del midollo spinale. La mia fortuna è stata che questo infarto si era formato alto, altrimenti oggi sarei stata un vegetale o quasi. Risultato: sarei dovuta rimanere a vita su una sedia a rotelle, senza alcuna speranza; sedia a motore che avrei dovuto ritirare il lunedì. Andai anche al Gaslini di Genova per terapie particolari e lo sconforto era divenuto tale che a mia madre colpì la statua di Padre Pio, al quale chiese aiuto”. “A distanza di 7-8 mesi, nella notte fra il venerdì e il sabato che precedettero quella indimenticabile domenica, fece un sogno - racconta ancora Costanza - gli apparvero una figura con il saio e delle nuvole, con la voce di una zia morta che diceva di guardare i piedi”. Quella del 27 maggio 2001 era la domenica in cui si festeggiava l’Ascensione. La madre Laura, quella volta, seguì la celebrazione in fondo alla chiesa, da sola: non riusciva a mettere a fuoco i quadri di Padre Pio e della Madonna, che si trovano all’interno della chiesa.
“Tornati a casa – racconta Costanza – dissi a mia madre di lasciarmi perché dovevo camminare. Un cenno d’intesa e poi sono partita a razzo con le mie stesse gambe. Ho salito le scale e sono andata in camera mia. Il babbo in quel momento non c’era e allora decidemmo di preparargli la sorpresa. Non dimenticherò mai il suo urlo. Ma il gesto singolare fu, dopo pochi giorni, quello della dottoressa, che mi stracciò la cartella clinica davanti agli occhi, come se oramai fosse solo cartaccia da buttar via”. La sua vita di fatto è cambiata, seppure ancora oggi deve far leva su terapie ospedaliere, ma cammina e lavora. “Non ho assolutamente messo da parte la sedia a rotelle con la quale ho camminato fino a 12 anni, perché la considero tuttora una parte della mia vita e non un capitolo da dimenticare. Mi aiuta a vivere meglio. Più volte, pensando a ciò che mi era successo continuo a domandarmi: Perché io?”.
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