Senza "ceto medio" attivo non c'è progresso civile, né locale né nazionale
"Si continua a guardare i propri piedi senza pensare alla cosa più importante: il futuro possibile"
Ho avuto modo ed occasione di leggere, di recente, una pubblicazione di Don Andrea Czortek su Francesco Largi e sui personaggi della Sansepolcro del XV secolo: accanto a nomi come Piero della Francesca, Luca Pacioli, Iacopo degli Anastagi, Francesco del Cera, Malatesta Catani, un pugno di personaggi di assoluto rilievo intellettuale e membri influenti (ognuno a suo modo) del panorama intellettuale nazionale del loro periodo, celebrati e ricordati per le loro attività vuoi nella pittura, nella scienza, o perché vicini e ispiratori di Papi, signorie, o attivi nella comunità comunale. Insomma dei grandi personaggi che illuminano le cronache dell’epoca, di una grande epoca, che vengono valorizzati grazie alla straordinaria esperienza dei volontari e studiosi dell’Archivio Diocesano e testimoniati nei loro Quaderni. Don Andrea Czortek, in questo contesto, è un faro illuminante: così affabile e colto, e così capace da far sentire i suoi interlocutori a proprio agio nonostante il differenziale, evidente, di cultura e conoscenza.
Riporto questa lettura poiché mi ha dato modo di riflettere sulle differenze tra quel periodo, e quei personaggi che conosco a malapena e per sommissimi capi, con la realtà attuale della nostra comunità, ma anche della nostra nazione in generale, dei nostri tempi. Non cado nella trappola mortale di considerare il passato migliore a prescindere, di rimpiangere l’impossibile, tanta è la differenza dei tempi, delle mode e delle culture: ogni tempo ha i suoi pregi, ogni periodo ha le sue caratteristiche e peculiarità. Oggi, per esempio, è generalmente raro che la gente abbia problemi di fame e di malattie inesorabili per mancanza di cure, e la cultura (o l’ignoranza) è una scelta individuale: la scuola è per tutti, le letture sono alla portata di tutti, c’è una biblioteca pubblica, e computer e smartphone ci permetterebbero di leggere o seguire lezioni di ogni tipo e di ogni argomento.
La differenza più importante, forse, sta nella voglia e nella capacità di essere “ceto medio”, di essere persone proiettate nella promozione di se stesse e quindi cittadini migliori. “Ceto medio”, quell’insieme di intelligenze (nei loro limiti) con la voglia di fare e migliorare se stesse e chi gli sta attorno, di costituirsi parte propulsiva della realtà circostante. Quindi la mia povera analisi non è rivolta ai tempi d’oro del primo Rinascimento ma alla mia infanzia quando era evidente che un “ceto medio” esisteva e aveva voglia di essere e di fare. In ogni nazione o paese è la borghesia che si fa promotrice di cambiamenti e di attività, è la forza propulsiva dell’evoluzione sociale, della relativizzazione dei privilegi di casta (spesso ripiegata nella conservazione dei privilegi e degli averi) verso un domani migliore, per se e per gli altri. Certo che sto parlando di insegnanti ma anche di bottegai e imprenditori, “gente nova e sùbiti guadagni”, che come i Largi, i Catani, gli Anastagi aveva risolto l’annoso problema di mettere assieme il pranzo con la cena, ma lo faceva in modo creativo, che aveva voglia di scommettere se stessi per qualcosa di più, che si proponeva in politica e si adoperava per la promozione della comunità. Mi sembrava che gli insegnanti avessero un ruolo, che si sentissero parte di un “dovere sociale” per dare impulso alle idee. L’iniziativa, la creatività, la voglia di emulare le esperienze migliori, di progettare miglioramenti generali; insomma quel “ceto medio” era un motore intelligente della comunità. E aveva luoghi di incontro e di discussione. Mi ricordo gli anni d’oro del Telebar, appunto un bar, che tra bestemmie, partite a carte o a scacchi vedeva molto “ceto medio” discutere e pensare. C’erano i partiti, le parrocchie, i circoli, insomma luoghi dove si sentiva il dovere di un confronto, da dove non uscivano i nuovi Metternich o Voltaire ma gente che comunque si sentiva in animo di partecipare. Oggi mi sembra che questo sia venuto meno, non è un problema locale ma generale, cionondimeno manca quel sentire comune, quei guizzi di intraprendenze, sensibilità sociali e passioni culturali che testimoniano, per l’ennesima volta, quanto ricco sia lo spirito di comunità e quanto forte la voglia di cambiamento, resistenza, riscatto; soprattutto voglia di discutere del futuro di una comunità.
Leggo spesso le interviste politiche qui su Saturno, “ogni tanto spesso” si intervistano esponenti locali delle amministrazioni: è sempre una somma di cose passate, progetti in essere (nel migliore dei casi) o fotografie del presente, quasi mai (metto un “quasi” perché non ne ho certezza matematica) si parla di progetti futuri o futuribili e fattibili. Eppure io so che ci sono, o che dovrebbero esserci, persone in grado di vederli all’orizzonte ma se non si propone una visione non si crea dibattito e si continua a guardare i propri piedi senza pensare alla cosa più importante: il futuro possibile. Mi ricordo un fatto che lessi anni fa: durante la visita del Ministro dell’agricoltura giapponese (paese che frequentavo spesso) al suo parigrado in Brasile; quest’ultimo ricordava al collega il progetto congiunto in essere che stava procedendo bene, il nipponico gli disse che non sapeva di cosa stesse parlando, quello era un progetto del suo predecessore, lui doveva progettare i prossimi 5 anni. Potrei fare tanti esempi ma mi limito ad uno soltanto: la fortezza di Sansepolcro, tutti dicono che bisogna fare qualcosa per renderla di pubblica fruizione e godimento ma nessuno pensa a come sia possibile e, soprattutto, cosa ci farebbe una volta che queste volumetrie così preziose fossero patrimonio della comunità.
Un’ultima nota: il Liceo di Sansepolcro da anni è un’eccellenza nelle classifiche, se tale è non può che essere merito degli insegnanti e dei dirigenti, è un po’ come fosse la nostra piccola università, forse da lì potremmo trarre delle energie mentali e culturali migliorative per tutta la comunità. Il “ceto medio” è un po’ ammaccato ma esiste, dovremmo aiutarlo a essere più attivo nella vita cittadina. Il passato è morto, è un gradevole luogo del pensiero nostalgico, come i ravioli della nonna, ma non costruisce il futuro se non si applica intelligenza e cultura, oggi per il domani.
Marco Cestelli
MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.
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