Una proposta per gli stranieri
L’immigrazione è un problema, un grosso problema
“Ci rubano il lavoro”; “è vero, ma se uno straniero senza contatti, senza casa, senza soldi, che non parla la nostra lingua ti ruba il lavoro significa che fai proprio schifo”.
L’immigrazione è un problema, un grosso problema. In tutto il mondo occidentale, il miliardo di persone fortunate, le elezioni si vincono “contro” gli immigrati, i “musi neri”, i musulmani, ecc. Ovviamente questo è un problema molto sentito da una popolazione ben pasciuta e vecchia, la sindrome della panchina al parco: “ho lavorato una vita ed ora che sono in pensione la panchina che occupo di solito al parco è occupata da questi immigrati”. Poi ci sono strade ormai presidiate dagli “stranieri” dove al posto del profumo di ragù si sentono spezie e odori sconosciuti. Poi donne col velo a far la spesa, poi le statistiche sulle violenze o la microcriminalità, insomma un “cahier de doleance” infinito e alimentato dalla tv, dai giornali, dal web; non passa giorno senza denunce di reati commessi da extracomunitari, con enfasi televisiva e politici che saltano sopra l’indignazione popolare verso gli stranieri. Certo che buona parte della popolazione carcerata in Italia (ed in Europa) è extracomunitaria, spacciano, rubano, si prostituiscono, violentano. Ma in che misura? Se tra gli italiani (ipotesi) c’è un cretino o un violento ogni mille abitanti, perché per loro dovrebbe essere diverso? Figuriamoci tra persone che vivono in clandestinità, nelle pagine scure della società, nei sobborghi dove non metteremmo mai piede. La nostra insicurezza sociale non è dovuta ai grandi crimini ma alla microcriminalità, quella spicciola, quella odiosa piaga che mette in discussione la nostra tranquillità quotidiana; in tutte quelle forme in cui noi italiani siamo molto più “bravi”.
Fissiamo un assunto: ci piaccia o meno abbiamo assolutamente bisogno degli stranieri che lavorano da noi. Senza di loro l’economia scivolerebbe piano piano verso l’insostenibilità. Se gli italiani, da decenni, fanno pochi figli non c’è alternativa; la popolazione invecchia, gli affitti e il mercato immobiliare crollano, la manodopera scarseggerà, per non parlare del sistema pensionistico: non è politica, sono i numeri che lo dicono.
Da qui la mia modesta proposta, forse ovvia e per questo, presumo, inapplicabile visto e considerato che non mi sembra sia mai stata proposta: chiudere le frontiere decisamente e combattere la clandestinità, ma creare dei mega database europei per chi offre lavoro: invece di assistere allo stillicidio di morti in mare e alle frontiere, campi profughi, racket e mafie per costosissimi viaggi clandestini, detenzioni libiche e violenze di ogni tipo non sarebbe il caso di creare degli uffici di collocamento comunitari nei vari paesi extracomunitari? Con delle regole, ovviamente. Esempio: mancano 17 panificatori in Slovacchia, 50 muratori in Irlanda, ecc. fino a professioni più sofisticate, con esperienza o meno, con titolo di studio o meno, conoscenza della lingua o meno. L’azienda che assume ha l’obbligo di dichiarare la ricerca, lo stipendio a contratto nazionale (per non creare una concorrenza sleale verso i propri connazionali) e l’obbligo di assicurare vitto ed alloggio dignitosi decurtati dallo stipendio. In cambio il lavoratore ha l’obbligo di stare in quel paese per 5 anni con un permesso di lavoro legale, ferie e viaggi nel paese d’origine assicurati con i normali trasporti, sottostare alle regole e leggi nazionali e imparare la lingua con corsi appositi, avere accesso a corsi di formazione e alla sanità pubblica, pagare i contributi e avere un trattamento pensionistico, e libero di tornarsene a casa se afflitto e deluso dalla nuova esperienza. Potrà mandare i soldi “a casa” solo attraverso circuiti bancari ufficiali (che mi dicono più sicuri ed economici di quelli clandestini). Dopo 5 anni potrebbe spostarsi in altri paesi, avere il permesso per il ricongiungimento familiare, insomma potrà fare quello che vuole.
Risolverebbe del tutto i problemi? Ne dubito, sicuramente, ma li limiterebbe. E costerebbe molto meno rispetto a carceri albanesi, politiche migratorie fantasiose e crescenti scontri sociali nelle nostre nazioni. Poi in fondo propongo per i non europei lo stesso tipo di trattamento che hanno subito i nostri padri o nonni nei decenni passati, una vita sicuramente non eccellente, sacrifici e lavoro ma con una prospettiva più certa e sicura.
Concludo dicendo che gli stranieri sono una risorsa e non solo un problema, che le migrazioni sono sempre avvenute e non si fermeranno mai, che noi stessi siamo stati migranti e non sempre dei migliori, che l’integrazione è un’opportunità per noi stessi. Si dice che “ci rubano il lavoro”; “è vero, ma se uno straniero senza contatti, senza casa, senza soldi, che non parla la nostra lingua ti ruba il lavoro significa che fai proprio schifo”.
Marco Cestelli
MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.
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