Opinionisti Giulia Gambacci

I Pink Floyd: dallo psichedelico al rock progressivo per un gruppo in continua metamorfosi

Una band che ha fatto la storia con il suo sperimentalismo

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Un altro mito mondiale della musica, sempre a livello di complessi e sempre britannico: i Pink Floyd. Tante le vicissitudini che hanno caratterizzato questo gruppo – più giovane, ma di poco, come formazione rispetto ai Beatles e ai Rolling Stones – ma il suo stile artistico è rimasto riconoscibile anche con i tre cambi di leadership e con l’evoluzione musicale sviluppata durante il brillante percorso che lo ha caratterizzato. Il primo gruppo psichedelico nel contesto del Regno Unito si è poi specializzato nel rock progressivo, come testimoniato da “Ummagumma” e nonostante il fatto che i messaggi politico-sociali siano una componente dei loro album, emergono pur sempre la ricercatezza degli arrangiamenti, l’introduzione di elementi provenienti da altre tradizioni musicali, lo sperimentalismo, il vasto impiego di ritmi complessi e l’uso massiccio di tastiere; tutti requisiti che fanno dei Pink Floyd uno fra i gruppi di rilievo della corrente prevalente in Inghilterra negli anni ’70. La loro musica è stata inoltre ribattezzata con i termini di “sferica” o “astronomica”, nonché efficace sintesi di elementi provenienti da tradizioni musicali diverse. “Art rock” è l’appellativo più confacente per i Pink Floyd, che però vengono anche inseriti nel novero di varie sfumature del rock: il progressivo, lo sperimentale, l’hard rock e l’album rock. Una stima del 2008 parla di circa 250 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e, in occasione dei 50 anni di carriera della band, la Royal Mail ha emesso una serie di dieci francobolli dedicati ai migliori album del gruppo.

I Pink Floyd sono nati nel 1965 a Londra e i fondatori sono il cantante e chitarrista Syd Barrett, il bassista Roger Waters, il batterista Nick Mason e il tastierista Richard Wright, ai quali nel dicembre del 1967 si aggiunge il chitarrista David Gilmour, che finisce con il prendere il posto di Barrett, il quale si emargina dal gruppo a causa del pesante uso di droghe e di una forma di alienazione. Barrett, Waters e Gilmour sono stati i diversi componenti che hanno guidato il gruppo, riuscendo a influenzare in modo sostanziale il percorso artistico con la propria impronta allo stile musicale, ma torniamo agli inizi, quando sono due gruppi di amici a incontrarsi e a dare vita alla band. Uno di questi gruppi proviene da famiglie borghesi ed è quello di Waters, Barrett e Gilmour; l’altro proviene dalla facoltà di architettura del politecnico di Regent Street a Londra, composto ancora da Waters, da Wright e da Mason. L’università li aiuta a porre l’attenzione sugli aspetti tecnologici e sugli effetti scenici dei loro concerti; Wright decide però di non proseguire gli studi e abbandona la facoltà, iscrivendosi a una scuola di musica. I tre creano altri gruppi dal 1963 al 1965, quando nascono i Tea Set, nei quali suonano Waters, Wright, Mason, il chitarrista Bob Klose, il cantante Chris Dennis e Syd Barrett. La presenza di quest’ultimo rende pian piano marginale la figura di Dennis, che lascia nel ’65, chiamato dalla Raf a lavorare in Bahrein. Durante un’esibizione in una base della Raf nel gennaio del ’65, il gruppo scopre che nel cartellone del giorno seguente è prevista l’esibizione di un altro complesso che si chiama anch’esso Tea Set e allora, per evitare problemi di diritti sull’uso del nome, Barrett sceglie “Pink Floyd”, risultato dell’unione fra i nomi di due bluesman americani, Pink Anderson e Floyd Council. Le denominazioni vengono alternate fino a inizio ’66, quando quella di “Pink Floyd” diventa definitiva. Nel frattempo, Bob Klose aveva abbandonato anche lui la band per tornare al college. Le esibizioni del gruppo suscitano l’interesse del Marquee Club, che lo porta agli happening privati organizzati la domenica pomeriggio nel locale e che consentono ai Pink Floyd di passare dal repertorio “rhythm and blues” ai primi esperimenti di “light show”. A notarli è Peter Jenner della Blackhill Enterprises, che li ingaggia e investe nella strumentazione professionale con il rinnovo dell’impianto di amplificazione. King mette in contatto i Pink Floyd con il nascente movimento “spontaneous underground” e il 15 ottobre i Pink Floyd Sound partecipano alla festa di inaugurazione della rivista “International Times”, mentre in dicembre suonano alla Royal Albert Hall e poi allo Ufo Club. Si sta concretizzando il passaggio dal blues – “Let’s roll another one” e “Lucy Leave” – allo psichedelico, vedi “Astronomy domina” e Interstellar overdrive”: la mano di Barrett comincia a lasciare il segno. Nel marzo del 1967, esce il primo singolo ufficiale – “Arnold layne” e “Candy and a currant bun” – e si registra la partecipazione al Games for May con esecuzione di “See Emily play”, il cui successo commerciale apre al gruppo le porte della prima apparizione televisiva sulla Bbc. Nell’agosto, sempre del ’67, esce il primo album, “The piper at the Gates of Dawn”, che ottiene consensi dalla critica per essere uno fra i migliori album di sempre a livello di musica psichedelica (brani scritti in prevalenza da Barrett), che raggiunge il sesto posto nelle classifiche inglesi. Il problema più grave che si manifesta negli ultimi mesi del 1967 è dato dalle condizioni dello stesso Barrett, in preda a segni di cedimento fisico. Durante i concerti tende a estraniarsi e a fissare il vuoto, oppure dimentica la chitarra, né servono a granchè le sedute con lo psichiatra. A quel punto, il complesso propone l’affiancamento di David Gilmour, vecchio amico di Waters e di Barrett; lui accetta e diverrà fin da subito protagonista. Barrett prende parte all’ultimo concerto nel gennaio del ’68 ad Hastings, poi in febbraio viene escluso prima di un concerto a Southampton. Anche i manager Jenner e King se ne vanno con Barrett e al loro posto entra Steve O’Rourke, che rimarrà con i Pink Floyd fino al 2003, anno in cui morirà. Di Barrett vengono comunque pubblicati “Jugband blues”, inserito in “A saucerful of secrets”; “Apples and oranges” come singolo e “Scream thy last scream” o “Vegetable man” compariranno nella raccolta “The early years 1965-1972” del 2016. Barrett si ritirerà poi a vita privata nella sua città, Cambridge, fino alla morte nel luglio del 2006. Senza di lui, i Pink Floyd si riorganizzano lentamente e si danno una struttura e degli obiettivi condivisi: Gilmour si rivela un bell’acquisto, anche se i brani del singolo pubblicato dal gruppo – “It would be so nice” e “Julia Dream” – non ottengono il successo auspicato. Nell’aprile del 1968 il complesso tiene quattro concerti al Piper di Roma, dove torna in maggio al palazzetto dello sport; al gruppo si aggrega Peter Watts, esperto road manager che apporterà innovazioni tecnologiche nelle attrezzature durante i tour. E intanto, si lavora per il secondo album, “A saucerful of secrets”, con rumori elettronici, feedback e urli primitivi di Waters, ma con anche gli ultimi contributi di Barret. Il successo commerciale è stavolta buono e le compilation sembrano riscuotere più successo dei singoli. Nello stesso anno, i Pink Floyd scrivono anche alcuni pezzi per la colonna sonora del film “The commitee” di Peter Sykes, per quanto siano più effetti che musica. L’album successivo è del 1969 e si intitola “Soundtrack from the Film More”; il regista Barbet Schroeder chiede ai Floyd di creare la colonna sonora del suo film, “More”, che esce in maggio; Waters è autore di metà delle composizioni e dei due brani più significativi: “Green is the colour” e “Cymbaline”, mentre “Ummagumma” è la prosecuzione del percorso intrapreso in precedenza con lo stile psichedelico. La particolarità è quella di essere un album doppio: un disco vivo è registrato dal vivo e il secondo contiene cinque brani, ognuno realizzato da un singolo componente del gruppo. La parte registrata in studio non fa altro che evidenziare il valore del gruppo rispetto a quello dei singoli e raggiunge la quarta posizione nel Regno Unito e la “top 100” negli Stati Uniti. Viene certificato disco d’oro nel febbraio del 1974 e disco di platino nel marzo del 1994. L’inizio degli anni ’70 segna una svolta nel percorso artistico dei Pink Floyd, che con “Atom heart mother” (uscito il 2 ottobre 1970) saluta la musica psichedelica per darsi al rock progressivo, con partecipazione di una intera orchestra e collaborazione con il compositore Ron Geesin; il ruolo di tecnico è ricoperto da Alan Parsons, già presente in “Ummagumma”. La rottura con il passato porta fortuna ai Pink Floyd: l’album è primo nel Regno Unito e al numero 55 negli Stati Uniti. Nella prima metà degli anni ’70, le sonorità del gruppo assumono una connotazione definitiva, dovuta alla mescolanza degli stili di Gilmour, Waters e Wright. Ed è il quinquennio d’oro per il gruppo, che produce gli album più venduti in tutto il mondo: “Meddle” ed “Echoes”, prosecuzione ideale di Atom heart mother”, che è considerato il capolavoro del gruppo. In esso sono incise le canzoni “One of these days”, quasi interamente strumentale; “Fearless, nella quale si inserisce un coro dei tifosi del Liverpool, “You’ll never walk alone”. Nel 1971, i Pink Floyd ricevono anche l’offerta di girare un film-concerto, “Pink Floyd: live at Pompeii”, ambientato nell’anfiteatro romano di Pompei lasciato deserto per l’occasione. Un grande evento nella storia del gruppo, al quale segue nel ’72 l’altra collaborazione in ambito cinematografico con “Obscured by clouds”, colonna sonora del film “La Vallée”. L’album si piazza per la prima volta nella “top 50” statunitense (42esima posizione). A fine ’71, la band inizia a progettare un nuovo album imperniato su stress e angosce della vita moderna: Waters scrive i testi, Gilmour e Wright la musica. Il disco – titolo provvisorio “Dark side of the moon, a piece for assorted lunatics” – è un concept album che propone una musica concettuale ed eterodossa, alla quale si affiancano testi dal profondo contenuto filosofico e di riflessione sulla condizione umana, temi sui quali è imperniata la restante parte di carriera del gruppo. Si parla di nascita e infanzia, di invecchiamento e approssimarsi della morte, di avidità e consumismo, di egocentrismo, di malattie mentali e di libero arbitrio e casualità degli eventi. Le canzoni si avvicendano senza stacchi e formano un unico brano: in questo particolare emerge la grande capacità creativa dei Pink Floyd. Inconfondibili sono i rumori di fondo, dagli orologi in “Time” al registratore di cassa in “Money”; i battiti cardiaci, le urla e le risate, accompagnati dalla presenza di cori femminili, dalle performance al sax di Dick Parry, ai vocalizzi di Clare Torry. “The dark side of the moon”, uscito nel marzo del ’73, ha venduto 45 milioni di copie in tutto il mondo ed è rimasto per oltre 14 anni nella classifica Billboard 200; non solo: è stata la prima raccolta di brani a raggiungere il primo posto nella classifica statunitense, seppure per una sola settimana. Ripetere un simile successo non sarebbe stato facile e allora il complesso ha in mente di produrre un album diverso, che prende il titolo di “Household objects” (oggetti domestici), progetto musicale che prevede l’utilizzo di oggetti comuni, vedi elastici e bicchieri, che fungono da strumenti musicali, ma tutto viene accantonato dopo poche settimane. Non è un momento prolifico per i Pink Floyd e a seguito delle pressioni della Emi e della Columbia viene pubblicato “A nice pair”, cofanetto che ripropone i primi due album: “The piper at the Gates” a “A Saucerful of Secrets”. Solo nel gennaio del 1975 la band torna a lavorare in studio, ripartendo da “Shine on you crazy diamond”, brano ideato da Gilmour e suddiviso in due pezzi. Pubblicato in settembre, l’album raggiunge la testa sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti; è apprezzato dalla critica, che però non intravede gli spunti innovativi presenti nella produzione della band. È Waters l’elemento predominante nella band, che impone anche le tematiche, imperniate sulla morte del padre in guerra, sull’individualismo, sulla crudeltà dell’industria discografica e sulle critiche al capitalismo e ai politici in vista di quel tempo, in particolare Margaret Thatcher. L’album “Animals” esce nel gennaio del 1977 e nel corso delle tournee appaiono i primi maiali gonfiabili con nuovi effetti scenici; ottimo il successo commerciale, ma a Montreal – durante il tour – Waters ha un diverbio con uno spettatore e gli sputa, a dimostrazione delle difficoltà di rapportarsi con il pubblico; il “muro” di incomunicabilità fra band e pubblico sarà il filo conduttore dell’album successivo, che non a caso si chiamerà “The wall”, grande successo dei Pink Floyd uscito il 30 novembre 1979. A causa di problemi finanziari, in quel periodo il complesso è in Francia e vi sono contrasti interni fra Waters e Wright: il primo chiede l’uscita del secondo. L'opera, ideata da Waters e tratta delle ossessioni della sua vita, ripercorre l’esistenza dell’artista attraverso riferimenti biografici come la morte del padre (“Another brick in the wall”), una madre iperprotettiva (“Mother”), la paura del sesso (“Young lust”)  e una generale avversione per le istituzioni, che costruisce - mattone dopo mattone - un muro che lo separa dalle altre persone e che lo porta alla follia. Per 15 settimane in testa negli Stati Uniti con oltre 30 milioni di copie vendute in tutto il mondo e con successi divenuti noti quali “Hey you” e “The show must go on”. Dopo “The wall”, Waters inizia a lavorare su “Spare Bricks” e “The final cut” (chiara avversione nei confronti dell’attacco inglese alle isole Falkland); Wright era già uscito, sostituito da Michael Kamen e Andy Bown e anche con Gilmour è rottura piena, ma il momento della separazione di Roger Waters non è lontano, né significa la fine per i Pink Floyd, perché comunque ci sono Nick Mason e lo stesso David Gilmour. “The final cut” esprime la volontà di Waters, il quale – convinto che l’esperienza della band sia oramai esaurita – saluta il gruppo per proseguire da solista. Non ha però dalla sua la Emi, che crede ancora nei Pink Floyd; Waters si dimette a fine dicembre, credendo che la band si sarebbe sciolta, ma Gilmour e Mason vanno avanti e vincono anche la causa legale contro di lui per il mantenimento del nome del gruppo. Il disco “A momentary lapse of reason” (1987) è quello in cui si avverte di più l’influenza di Gilmour, autore di tutti i brani, compreso “Sorrow”, che rende onore allo stile chitarristico dell’artista. Alla tournee c’è anche Wright solo come turnista (questo l’accordo): due anni contraddistinti da quasi 200 concerti con 5 milioni di spettatori in totale – tappa italiana a Venezia nel luglio dell’89 - e un guadagno di 60 milioni di sterline. Agli effetti già consolidati, come l'uso di luci laser verdi e rosse, lo schermo circolare gigante e il maiale gonfiabile si aggiungono giochi di luci roteanti o che corrono sui binari, i "periactoidi", prismi triangolari rotanti, e persino lo schianto di un aereo. E arriva il momento di “The division bell”, uscito nel marzo del 1994; c’è il contributo di Guy Pratt come bassista e di Richard Wright per un album primo nelle classifiche inglesi e americane con 12 milioni di copie vendute e con al centro ancora il tema della incomunicabilità fra gli individui, alla pari di “The wall”. All’album segue un imponente tour mondiale, del quale rimane traccia in “Pulse”, pubblicato l’anno seguente, tratto dai concerti tenuti in diverse località europee e contenente la prima versione integrale dal vivo di “The dark side of the moon”. La qualità del live è altissima e nel film omonimo si può osservare anche la maestosità del gigantesco apparato scenografico che fa da cornice ai concerti del tour: centinaia di luci, raggi laser, fumi e persino fuochi d’artificio si combinano in coreografie che accompagnano i brani, battuta per battuta. È il 2000 quando viene pubblicato l’ultimo disco dal vivo del gruppo, registrato a Londra fra il 1980 e il 1981 durante il tour di “The wall” e intitolato “Is there anybody out there?: The wall live 1980-1981”. L’anno successivo esce “Echoes: the best oh Pink Floyd”, raccolta su disco doppio di 26 tracce legate fra loro senza stacchi, al fine di formare due brani lunghissimi. Brani che ripercorrono l’intera carriera del gruppo. Il 2 luglio 2005, durante il Live 8, evento organizzato da Bob Geldof per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla povertà e i problemi dell’Africa, i Pink Floyd tornano a esibirsi nella loro formazione storica con assieme anche Roger Waters. Durante il tour estivo di Waters in Francia, Inghilterra, Islanda e anche a Lucca, Nick Mason si aggrega al gruppo nella seconda parte dei concerti, mentre David Gilmour non c’è perché è impegnato con il nuovo album solista. Mason si aggiunge poi a Gilmour e Wright nella terza e conclusiva serata del tour islandese del chitarrista Albert Hall, il 31 maggio 2006. I Pink Floyd si ricompongono per due canzoni: “Wish you were here” e “Comfortably Numb”, ma è l’ultimo atto di questo complesso, anche se con Waters si ritroveranno nel maggio del 2007 per il concerto in memoria di Syd Barrett, morto nel luglio dell’anno precedente. E proprio per non distogliere l’attenzione dal protagonista della serata, appunto Syd Barrett, i quattro non suonano assieme. Il 15 settembre dell’anno successivo, il 2008, si verifica un altro lutto: all’età di 65 anni, Richard Wright si arrende a un tumore. Accorato il ricordo di David Gilmour, che vede in Wright l’artefice dei momenti migliori dei Pink Floyd. Il 10 luglio 2010, David Gilmour e Roger Waters decidono di tornare a suonare insieme, a distanza di cinque anni dall’ultime esibizione al Live 8, in occasione di un concerto di beneficenza: è l’occasione per una riappacificazione dopo un’acredine di trent’anni fra i due, che si ritroveranno assieme anche l’anno successivo. Il 5 luglio 2014 Polly Samson, moglie di David Gilmour, ha annunciato attraverso Twitter la pubblicazione di un nuovo album dei Pink Floyd previsto inizialmente per ottobre: il lavoro, intitolato “The endless river” e prodotto da Gilmour insieme a Phil Manzanera, Bob Ezrin, Andy Jackson e Martin Glover, racchiude una serie di sessioni rivisitate del 1994 mai pubblicate, con la presenza - fra gli altri - di tracce allora registrate dall'ormai defunto Ri chard Wright. Due giorni più tardi, il gruppo ha annunciato ufficialmente l'uscita dell'album, avvenuta il 7 novembre 2014, attraverso il proprio sito ufficiale e sulle pagine dei vari social network. Il 9 ottobre 2014 è stato pubblicato il singolo apripista dell'album, intitolato “Louder than words”. I Pink Floyd hanno influenzato considerevolmente la musica successiva, sia i gruppi progressive degli anni settanta sia i musicisti dei decenni successivi come Nine Inch Nails, Dream Theater e Porcupine Tree; nel 2008 è stata stimata la vendita di circa 250 milioni di dischi in tutto il mondo, dei quali 74 e mezzo negli Stati Uniti. E per i 50 anni di carriera della band, nel 2016 la Royal Mail ha emesso una serie di dieci francobolli dedicati ai migliori album del gruppo.  

Giulia Gambacci
© Riproduzione riservata
12/05/2021 08:42:49

Giulia Gambacci

Giulia Gambacci - Laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Ama i bambini e stare insieme a loro, contribuendo alla loro formazione ed educazione. Persona curiosa e determinata crede che “se si vuole fare una cosa la si fa, non ci sono persone meno intelligenti di altre, basta trovare ognuno la propria strada”. Nel tempo libero, oltre a viaggiare e fare lunghe camminate in contatto con la natura, ama la musica e cucinare.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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