Si chiama tartare ma significa arte
Se l’origine è incerta, battere la tartare con il coltello è una certezza
Uno dei piatti più richiesti negli ultimi anni nei ristoranti è la tartare. Si tratta di carne cruda, principalmente di manzo o di pesce, battuta al coltello. Ma qual è l’origine della tartare? Una teoria la attribuisce ad alcune tribù nomadi dei Tartari o dei Mongoli in Asia. Esse erano solite macinare la carne del bestiame tra due pietre e consumarla cruda o appena marinata per renderla più tenera e digeribile. Questa pratica si sarebbe poi diffusa attraverso le rotte commerciali e sarebbe stata adottata in Europa, dando vita alla tartare come la conosciamo oggi. Sebbene l’origine esatta sia incerta, è ampiamente riconosciuto che la tartare di carne abbia raggiunto la sua popolarità moderna in Francia. Durante il XIX secolo, il piatto divenne un’icona della cucina francese e fu ampiamente servito nei ristoranti parigini. La ricetta classica includeva carne di manzo cruda finemente tritata, condita con senape, uova di anatra, capperi, scalogno e prezzemolo. La presentazione elegante e l’armonia dei sapori resero la tartare di carne un piatto di grande prestigio. Dalla Francia, la tartare di carne ha conquistato il resto del mondo. Negli Stati Uniti ha guadagnato popolarità nel corso del XX secolo, diventando un piatto di tendenza nei ristoranti di lusso. Con il passare del tempo, la ricetta classica è stata reinterpretata e adattata alle diverse culture e tradizioni culinarie.
Se l’origine è incerta, battere la tartare con il coltello è una certezza. La differenza tra una tartare battuta al coltello e un’altra preparata con il tritacarne salta subito all’occhio e soprattutto al palato. Un’ottima tartare è fatta con carne cruda e deve essere servita fresca, non fredda. Se fosse fredda di frigorifero, non potremmo assaporare gli aromi dei condimenti e della carne. La temperatura ideale si aggira sui 12-15 gradi. Tagliare e battere la carne con il coltello e non con il tritacarne ne preserva intatte le proprietà nutrizionali e organolettiche. Se invece la carne viene macinata, si scalda e il sapore ne risente. Il risultato è una sorta di “polpetta schiacciata” dal gusto non paragonabile all’autentica tartare. Altro aspetto fondamentale cui fare attenzione per distinguere una tartare battuta al coltello da una macinata, è la consistenza della carne all’assaggio. Nella tartare è davvero importante riuscire a ottenere un equilibrio tra il sapore della carne e quello dei condimenti. E, anche in questo caso, la qualità della materia prima è ciò che fa la differenza. La carne per la tartare deve essere tenera, magra e saporita. Quando iniziamo a gustare una tartare macinata, non c’è nulla da masticare: il tritacarne ha già fatto tutto il lavoro con il risultato che noi ingeriamo l’intero boccone senza distinguere alcun sapore. Invece, con la tartare battuta al coltello, i pezzettini di carne rimangono più grossolani e dobbiamo masticarli bene. In questo modo, riusciamo a sentire bene sotto i denti anche gli altri ingredienti: sentiamo tutti i sapori che arricchiscono il gusto della carne.
Molti quando sentono parlare di carne cruda storcono il naso perché asseriscono che può essere pericoloso e foriero di rischi per la salute. Il rischio del consumo di carne cruda non sta nella materia prima in sé in quanto tale, ma piuttosto nel modo con cui viene conservata, processata e lavorata. La carne cruda in sé è un ingrediente molto più delicato e suscettibile a contaminazioni e per questo è richiesta maggiore attenzione quando si lavora. Ma per far fronte a queste sfide, basta seguire le corrette pratiche di lavorazione degli alimenti, che sono alla base delle conoscenze di chiunque lavori in una cucina professionale e che riportiamo, solo come utile promemoria:
- lavarsi le mani e gli utensili sia prima che dopo la lavorazione
- utilizzare set di utensili differenti per prodotti crudi e cotti e per ogni tipo di alimento
- preferire taglieri di materiali che non assorbano liquidi
L’ingrediente principe della tartare di manzo è la polpa scelta di bovino, magra e freschissima. Ma come deve essere condita? Al semplicissimo olio-pepe-sale seguono i classici cipolla, capperi e senape, passando per aceto balsamico, salsa tartara o Worcester fino agli accostamenti con formaggi (freschi come la burrata, stagionati come il Parmigiano in scaglie), olive taggiasche, acciughe, tartufo; la tradizionale versione con il tuorlo di gallina crudo al centro s’ingentilisce scegliendo l’uovo di quaglia. Alternative al manzo sono principalmente la carne di cavallo o cervo; per la variante ittica si prediligono tonno, salmone, pesce spada o crostacei come astice e gamberi; non mancano interpretazioni vegane a base di ortaggi o frutta.
Il crudo non è per tutti i palati ma per chi lo ama è fonte di grandi soddisfazioni. Un piatto raffinato, ottimo da gustare e bellissimo da guardare. Proprio come un’opera d’arte.
Giulia Gambacci
Giulia Gambacci - Laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Ama i bambini e stare insieme a loro, contribuendo alla loro formazione ed educazione. Persona curiosa e determinata crede che “se si vuole fare una cosa la si fa, non ci sono persone meno intelligenti di altre, basta trovare ognuno la propria strada”. Nel tempo libero, oltre a viaggiare e fare lunghe camminate in contatto con la natura, ama la musica e cucinare.
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