Opinionisti Marco Cestelli

Contrordine, robotica e IA renderanno superflui i flussi di immigrazione

Gli algoritmi non saranno più strumenti che usiamo, ma ambienti in cui viviamo

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Alcune notizie lette di qua e di la: Amazon sta pareggiando i dipendenti umani con i robot, aumentando di 7 volte la produttività; nel 2025 Microsoft ha investito 80 miliardi di dollari per ampliare i suoi data center e rafforzare le strutture necessarie a supportare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, mentre l’azienda accelera sull’IA oltre 17.000 dipendenti sono stati licenziati solo quest’anno. Cina e Giappone non vogliono lavoratori stranieri nonostante una drammatica crisi demografica poiché confidano sulla robotica e IA. Quindi che mondo ci attende nei prossimi 10 anni?

“Nel 2035 non parleremo più di intelligenza artificiale come di una novità o di qualcosa che riguarda solo le grandi aziende tecnologiche, sarà semplicemente parte della nostra quotidianità, silenziosa e onnipresente come l’aria che respiriamo. Gli algoritmi non saranno più strumenti che usiamo, ma ambienti in cui viviamo. Prenderanno decisioni al posto nostro, ci suggeriranno chi votare, cosa mangiare, quale lavoro accettare e persino chi frequentare. Sembra esagerato? Non lo è. È già iniziato, e i prossimi dieci anni saranno un’accelerazione spietata.

Le città diventeranno organismi digitali. Ogni lampione, ogni autobus, ogni edificio parlerà con un cervello centrale che saprà dove siamo, cosa stiamo facendo e cosa probabilmente faremo. Ci diranno che è per la nostra sicurezza, che è per l’efficienza, che è per il bene comune. Ma a furia di inseguire l’efficienza, potremmo perdere il diritto all’imperfezione, al dubbio, all’errore umano.

Nel mondo del lavoro ci sarà una selezione naturale, non basata sul merito, ma su quanto siamo compatibili con i dati richiesti. Il curriculum? Un residuo del passato. Sarà l’algoritmo a decidere se siamo adatti o meno a un ruolo, a una mansione, a una carriera. Non chiederà colloqui, non guarderà in faccia nessuno. E se il nostro profilo digitale non è all’altezza, nessuno ci darà una seconda possibilità.

Anche la sanità cambierà pelle. Avremo dispositivi che ci monitoreranno in tempo reale, anticipando problemi di salute prima ancora che si manifestino. È una conquista incredibile, certo. Ma vuol dire anche vivere sotto una lente costante, dove ogni nostra abitudine alimenta un profilo di rischio, un punteggio, una valutazione. Ci cureranno in base alla nostra compatibilità statistica, non alla nostra unicità.

L’istruzione sarà il regno degli algoritmi. Le lezioni saranno personalizzate, su misura, adattive. Apparentemente perfetto. Ma c’è un rischio sottile: che l’intelligenza artificiale decida cosa siamo capaci di capire, e cosa no. Che tracci il nostro destino formativo fin dall’inizio, escludendoci da certe conoscenze perché troppo difficili, troppo inutili per il mercato, troppo lontane dal nostro profilo predittivo.

Vivremo in un mondo dove tutto sarà ottimizzato e misurato, ma ci sarà sempre meno spazio per l’imprevisto, per la libertà vera. La sicurezza sarà totale, ma anche la sorveglianza. Le telecamere ci riconosceranno al volo, i software anticiperanno i reati, i nostri spostamenti saranno tracciati in tempo reale. Diremo che è per proteggerci. Ma chi protegge noi da chi ci controlla?

Le aziende, anche quelle locali, dovranno decidere da che parte stare. Non basterà più vendere un buon prodotto o offrire un servizio puntuale. Servirà dimostrare che gli algoritmi che usano sono trasparenti, equi, responsabili. Le imprese saranno giudicate non solo per i bilanci, ma per l’etica dei loro codici.

E noi cittadini? Dovremo imparare a leggere questi nuovi linguaggi, a capire dove finisce la comodità e dove inizia la dipendenza. Perché la vera sfida del futuro non è convivere con l’intelligenza artificiale, ma non smettere di essere umani. Non lasciarci spegnere dal calcolo perfetto. Non cedere alla tentazione di farci guidare in tutto, perché il prezzo potrebbe essere la libertà.

E l'Italia? Mentre altre nazioni si muovono celermente verso l'adozione di queste tecnologie, il Bel Paese sembra trovarsi in una posizione ambivalente. Da un lato, abbiamo un patrimonio culturale e artistico che è inimitabile e un'industria del turismo che è importante. Dall’altro, ci troviamo a inseguire modelli di business obsoleti e a un’infrastruttura che sembra ancorata a decenni fa. La tecnologia può rappresentare un’opportunità unica per il nostro Paese, ma richiede una visione audace e innovativa.

Il futuro non è scritto, ma gli algoritmi hanno già in mano la penna. La domanda è semplice e spietata: vogliamo essere gli autori o restare lettori passivi di una storia scritta da altri?”

Se questo sarà, e sarà di certo, ci saranno masse di persone senza lavoro, ma è possibile pensare a masse di persone senza reddito? E chi compra? Ci sarà un reddito universale?

A chi ho chiesto queste cose? Ma all'Intelligenza Artificiale ovviamente (il virgolettato). Rimaniamo pure attaccati alla storia, alla cultura e alla bellezza, nessuno ci ruberà i sentimenti personali ma la robotica e l'IA ci impongono sin da ora una visione diversa e profonda: non è un problema di SE, ma di QUANDO. 

Redazione
© Riproduzione riservata
27/07/2025 08:28:33

Marco Cestelli

MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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