Mezzi aretini, oppure?
Chi non ha visto l’opera di Piero in San Francesco, non è ‘n italiano intero, ma mezzo al più
Secondo Sgarbi chi non ha visto l’opera di Piero in San Francesco è un mezzo italiano. Qui si dimostra che i mezzi aretini sono fitti come il panico.
Mezzi aretini, oppure?
Scrisse il Carducci che basterebbe Arezzo alla gloria d’Italia e Sgarbi, l’altro giorno, cià rinsoprellato affermando che, chi non ha visto l’opera di Piero in San Francesco, non è ‘n italiano intero, ma mezzo al più. Forse hanno esagerato tutti due ‘n briccichino e è bene non montarci ‘l capo, anche s’è un pericolo che, ‘n tutta ‘Rezzo, corron cinque o sei. L’aretini, su ‘ste facende, ci sono sempre andati coi piedi di piombo, quando ci sono andati, perché il più delle volte sono armasti tappati ‘n casa, come quando c’erano i tedeschi e ‘l coprifoco doc. Del resto fori casa, oramai, son tutti de’ loro e un’trovi più ‘na panchina libera, manco a pagalla oro. A proposito. L’altro giorno, a Telentruglia, ho sintito il Rossi, quello che fa ‘l governatore del Granduca e che pare ‘l prete Pero: ha ditto che la Regione regalerà cinque chili d’oro. per ogni novo assunto. Il giorno dopo, a’ la Camera di Commercio, la fila d’aspiranti ’mprenditori arivava al casello di Battifolle. Ma era tutta gente venuta dal Valdarno, ‘n do’ aboccon come lucci e han le gambe gialle. L’aretino, lo sanno anch’i sassi, pende verso la Val di Chiana e ci volle tutto ‘l genio del Fossombroni, per mandare l’acqua a’ linsù e bonificalla. In quella fertile vallata sono piantate le nostre radici, com’i rapi, i cocomeri e ‘l grande Olmo, abbattuto, per spregio, dai senesi a’ le Giostre del Toppo. D’altronde lì sotto ha dormito, per centomila anni, il primo aretino risvegliato dai lavori della Direttissima. De’ qua da ‘n do’ l’Arno ci torce il muso, semmai, s’esagera a l’incontrario: non ci si fida neanche de’ la mamma. Insomma si fa come a Gorgonzola ‘n formaggio coi bachi, ch’è squisito da quanto puzza e un se’dice a nissuno, sennò un ce’ tocca manco un bocone. Non si vol condividere manco ‘na mullica, a meno che unn’ arivi da Lampedusa. Ci piacion colorati e quelli fanno com’i pesci, nel lago di Tiberiade. D’altronde ‘n Europa un ce li vogliono. Cusì artornano tutti ‘ndo fanno come gli pare. A’Rezzo non c’è via di mezzo: o diventano stanziali, o fuggono a razzo. Perciò è nato il turismo mordi e fuggi, oramai più tipico della panzanella. Una volta, almeno, s’andava tutti a’la Fiera del Mestolo, o a quella dell’Annunziata. Ma oggi, che le stagioni sono sparite, ce se ‘ngolfa ai giardini del Porcinai, per fasse friggere dal Marinoni, ‘n quei calderoni mezzi teutonici e mezzi esotici, ‘n do’ cociono i Wurstel co’ l’olio del Perù e se mangia anche l’insetti gurmè, ritti e pigiati come le sardine. Caro Sgarbi, salvo cinque o sei, Piero della Francesca qui un se’sa manco chi è. Veniamo dalla coltura e siamo annergici alla cultura. ‘Nsomma, per noialtri, il Carducci potrebbe essere un ex di Forza Italia e lei ‘n poeta del Risorgimento. A ‘Rezzo, più di Piero della Francesca, se conosce Piero Mancini. Mezzi aretini? Comunque meglio che tutti scemi, come la gran parte de l’omini, che popolano l’Italia nostra e ‘l Mondo intero.
Giorgio Ciofini
Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
Commenta per primo.