Michelangelo Buonarroti nato con certezza a Caprese? Un documento contro altre ipotesi

Caprese Michelangelo ha le sue certezze documentate, Chiusi della Verna non si arrende
Negli ultimi anni, Chiusi della Verna è tornata alla carica, ma finora ogni tentativo di perorare la sua causa non ha trovato alcun riscontro oggettivo. La testimonianza scritta del padre di Michelangelo, Ludovico, podestà di entrambi i luoghi e la chiesina in cui il genio è stato battezzato depongono in favore di Caprese, che dal 1913 ha abbinato il suo nome a quello del grande artista
La diatriba si è riaccesa qualche anno fa, su input degli storici e degli studiosi: il grande artista Michelangelo Buonarroti, fiorentino di origine, è realmente nato a Caprese oppure a Chiusi della Verna? Come dire che, all’improvviso, tutto fosse da rimettere in discussione. Caprese ha le sue certezze documentate, Chiusi non si arrende: due paesi divisi da poco più di 13 chilometri che fungono da “spartiacque” comprensoriale, perchè Caprese è l’ultimo Comune della Valtiberina Toscana in direzione nord-ovest, mentre Chiusi è l’avamposto del Casentino. Al proposito, sapete cosa sta scritto sulla lapide della facciata di Casa Buonarroti in via Ghibellina a Firenze? Ecco l’esatta dicitura: “Casa/dove Michelangelo Buonarroti/nato a Caprese nel Casentino/visse gli anni della sua giovinezza”. Da una parte, sembra quasi una soluzione di compromesso; dall’altra, quanto inciso sulla pietra non fa altro che gettare ulteriore benzina sul fuoco. Più di una persona della Valtiberina, nel notare la scritta, ha avuto da ridire sulla collocazione geografica di Caprese, né vi è una data che specifica quando la lapide sia stata apposta. Forse per chi sostiene la tesi diversa, il Casentino può rappresentare un appiglio, ma resta il fatto che comunque di Caprese pur sempre si tratta. Da 110 anni, al nome di Caprese è stato aggiunto quello di Michelangelo, per sottolineare che qui ebbe i natali l’artista figlio di Ludovico Buonarroti, podestà della Repubblica Fiorentina e di Francesca di Nieri del Miniato del Sera; è stato il regio decreto del 9 febbraio 1913 a ufficializzare la denominazione che tuttora conserva il paese. E allora, perché a distanza di poco più di cento anni salta fuori che Michelangelo potrebbe non essere nato a Caprese? Un errore forse anche banale dal punto di vista formale, ma che oggi cambierebbe radicalmente la direzione del vento in chiave culturale e turistica. Pensate soltanto ai siti internet e anche ai volumi cartacei: nella inevitabile biografia anche dei grandi artisti, dopo il nome e il cognome si apre una parentesi nella quale è subito scritto il luogo di nascita. E questo ha conferito indubbia visibilità a Caprese, con legittimazione avvenuta nel 2019, quando alla presenza della Regione Toscana, del Prefetto e dell’allora sindaco Claudio Baroni è stata definitivamente rinnovata l’attestazione di veridicità della nascita di Michelangelo nella casa di Caprese. Lo stesso Eugenio Giani, nelle vesti sia di presidente del consiglio regionale che ora di governatore della Toscana, ha più volte ribadito la tesi della nascita a Caprese.
La questione della patria natale è sollevata nel novembre del 2016, quando a sostenere che il sommo scultore, pittore e anche architetto rinascimentale potrebbe essere nato a Chiusi della Verna è il volume dal titolo “Sotto fatale e felice stella in Casentino”, con curatrice Nicoletta Baldini. Volume che verrà presentato proprio a Chiusi della Verna e poi a Firenze, con un’anteprima a Palazzo Alberti di Firenze. Nessun dubbio sulla data di nascita – il 6 marzo 1475 – ma, in base agli studi portati avanti dalla Baldini e da altri, la conclusione scaturita è che Michelangelo sarebbe nato a Chiusi della Verna. Una tesi supportata da successive e approfondite indagini documentarie che avrebbero fatto luce; le più antiche fonti biografiche, vedi Giorgio Vasari e Ascanio Condivi, sottolineano i natali casentinesi di Michelangelo. Già, ma se anche Caprese era considerata località casentinese come indicato nella lapide, verrebbe da dire? Il luogo di nascita del Buonarroti era già stato oggetto di dibattito anche in passato – questo dobbiamo ammetterlo – nonostante il regio decreto del 1913 abbia consacrato Caprese, ma nuove rivelazioni erano venute alla luce dagli studi condotti nell’archivio di Stato di Firenze, nell’archivio di Casa Buonarroti e nel Kunsthistorisches Institut, ancora a Firenze. Non tardò ad arrivare la replica sul versante capresano; anzi, il giorno seguente l’allora sindaco Paolo Fontana si fece sentire con una risposta a metà fra il risentito e l’ironico: "Dunque, Michelangelo Buonarroti è nato a Chiusi della Verna? Bene, vorrà dire che con Chiusi ci metteremo d'accordo: San Francesco ha allora ricevuto le stimmate alla Casella, nel nostro Comune", aveva dichiarato. Aggiungendo di seguito: "Ricordo che il nome di Michelangelo è abbinato da oltre cento anni a quello del nostro paese: c'è un Regio Decreto del 1913 che lo ufficializza”. Sempre il sindaco Fontana, morto nel 2017, precisò che un vero e proprio certificato di nascita non esiste, ma che c’è comunque quello di battesimo, il cui originale è conservato a Casa Buonarroti, mentre a Caprese è rimasta una copia. Siccome allora i bambini venivano solitamente battezzati il giorno stesso della loro venuta alla luce, per la paura che il sopraggiungere di malattie potesse causarne anche la morte, il possesso del certificato è un elemento forte che depone in favore di Caprese e in esso si legge che Michelangelo è stato battezzato in San Giovanni a Caprese, ossia nella chiesina dell’antico castello e alla presenza di giudici testimoni provenienti da frazioni di Caprese. Conclusione scontata di Fontana: “Non penso che Michelangelo sia nato a Chiusi per poi essere battezzato a Caprese”. C’è poi un’altra versione: quella che in cima al castello è nota come casa natale di Michelangelo, era il palazzo governativo sulla faccia del castello e nelle stanze riservate all’abitazione del podestà, Ludovico Buonarroti, nacque un bambino maschio il 6 marzo 1475, battezzato due giorni dopo con il nome di Michelangelo. Ludovico Buonarroti era appunto il podestà di Caprese e Chiusi, come conferma la lettera di “obbedienza” nella quale si assumeva l’incarico semestrale che dal 30 settembre 1474 sarebbe durato fino al 31 marzo 1475; si era portato appresso la famiglia e il figlio sarebbe nato negli ultimi giorni di permanenza a Caprese. Peraltro, anche il nome dato al bimbo aveva un significato particolare: la moglie Francesca, al terzo mese quando la coppia si trasferì a Caprese, era caduta da cavallo e pare che questo incidente sia avvenuto il 29 settembre, giorno dedicato agli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele: il nome Michelangelo sarebbe dunque stato scelto quale forma di gratitudine per il pericolo scampato. Fin qui la cronaca, poi subentrano le supposizioni e soprattutto le fonti francescane, delle quali per secoli non si è tenuto conto. Intanto, la caduta da cavallo avvenne nel territorio di Chiusi, anche se non risolve di certo il dubbio, perché dal 29 settembre al 6 marzo vi sono mesi di differenza. E la domanda si ripropone puntuale: cosa ha condotto a credere fino a questo momento che fosse Caprese la patria natale di Michelangelo? A inizio del ‘700, viene alla luce una annotazione del pronipote di Michelangelo, Filippo Buonarroti (morto nel 1737), che avrebbe fatto riferimento alle ricordanze di Ludovico, il podestà padre dell’artista, nel quale si precisa l’avvenuto battesimo nella chiesina di Caprese. E in occasione dei festeggiamenti per il quarto centenario della nascita di Michelangelo, ecco arrivare la prova che avrebbe dovuto chiarire ogni dubbio: “L’atto di natività mandato a Michelangelo in Roma, al 16 di aprile del 1548, dal suo nipote Leonardo… ”. Per quelli di Chiusi della Verna il documento non è attendibile, ma viene pur sempre ritenuto valido e a quel punto i pubblici amministratori di Caprese chiedono di potersi fregiare dell’aggiunta del nome dell’artista a quello del paese e quindi di potersi chiamare Caprese Michelangelo, come poi avvenuto con il regio decreto del 1913. Andrea Manetti è stato autore di un approfondito studio quinquennale poi riportato in un piccolo volume dal titolo “Michelangelo nasce in Casentino. Storia delle contese tra Chiusi e Caprese”, nel quale specifica che fino al XVII secolo tutti i biografi sostenevano come Michelangelo fosse nato in Casentino, nel castello di Chiusi Nuovo e vicino al Sasso della Verna. Manetti è stato protagonista di una lunga e onerosa ricerca volta al tentativo di ricostruire la verità storica; alla fine, si è trovato di fronte a un vero e proprio giallo. Per lui, sono stati cinque anni di lavoro e di indagine che lo hanno portato a esplorare gli ambiti di varie discipline, cercando in maniera persino ossessiva quell’indizio chiave che potesse far dichiarare con certezza quale fosse stato il luogo di nascita di Michelangelo. Tanto più che le testimonianze emerse dalle varie posizioni dei biografi finivano il più delle volte con il creare confusione. Manetti è pertanto giunto a una conclusione non supportata al 100% dalla conclusione delle indagini, ma non vi sarebbero dubbi – per lui - sul fatto che qualcuno, a inizio del XVIII secolo, avesse diffuso la notizia sulla nascita del genio a Caprese senza che vi fossero riscontri oggettivi in tal senso. Gli studiosi parlarono di “curiosa notizia”; semmai, furono alcune eminenti autorità dal punto di vista culturale a caldeggiarla dopo una cinquantina di anni, nonostante mancassero le indicazioni bibliografiche. La ricostruzione riportata nella ricerca dice che Michelangelo venne partorito dalla madre Francesca nella notte del 6 marzo 1475, durante il viaggio che da Firenze la portava al castello di Caprese assieme al marito Ludovico, podestà di Chiusi e appunto Caprese. E da Manetti passiamo a Gustavo Bertoli, altro ricercatore e studioso di storia rinascimentale, il quale fornisce un’altra interessante spiegazione: alla base della controversia fra Caprese e Chiusi vi sarebbe stata la realtà stessa di una circoscrizione che dal 1428 univa due podesterie autonome ma sotto un unico podestà, tant’è vero che era stata istituita una sorta di alternanza logistica; se un podestà avesse esercitato il suo mandato semestrale scegliendo uno dei due paesi nei quali risiedere, il successore avrebbe dovuto stabilirsi nell’altro e via di seguito. Mancando però una chiara documentazione sulla residenza del padre di Michelangelo, ognuno dei due paesi aveva il diritto di rivendicarne la nascita. Fino a quando nel 1875 non è venuto alla luce il “Ricordo” di Ludovico Buonarroti, nel quale stava scritto: “Ricordo come ogi questo dì 6 di marzo 1474 mi nacque un fanciulo/ mastio posigli nome Michelagnolo et nacque in lunedì matina inanzi/ di 4 o 5 ore ed nacquemi essendo io potestà di Caprese et a Caprese/ nacque, e’ compari furno questo di sotto nominati batezossi addì 8 detto/ nella chiesa di S.to Giovanni di Caprese… ”. Scopriremo più tardi perché l’anno indicato è il 1474 e non il 1475. Insomma, nel “Libro delle Ricordanze” si specifica Caprese quale luogo di nascita, mentre fino a quel momento le uniche informazioni erano quelle degli scrittori Vasari e Condivi, che citavano il Casentino e il Sacro Eremo della Verna (evidentemente più conosciuti e suggestivi di Caprese) e quindi sembrava persino scontato che Michelangelo fosse nato a Chiusi. Ecco perché il ritrovamento del “Ricordo” scatenò la reazione del versante di Chiusi, dal momento che erano state intaccate le sue certezze e scardinate le fonti storiche; in molti si chiesero come mai questo “magico” documento fosse spuntato fuori proprio alla vigilia delle celebrazioni del 400enario della nascita. La rivendicazione di Chiusi non ebbe successo e da quel momento Caprese ebbe via libera. Nel volume di Paola Benigni dal titolo “Sotto fatale e felice stella del Casentino” viene però smontata la prova sulla residenza del podestà a Caprese con un inedito che testimonia invece come lui avesse svolto il suo mandato vivendo a Chiusi, ma ecco la replica di un altro sindaco capresano del passato, il professor Antonio Acquisti, che dimostra la veridicità della copia e contesta la posizione di Chiusi. Che a sua volta si aggrappa a ogni appiglio: non è verificata l’autenticità del testo perché le carte d’archivio sono andate perdute e quindi della copia non si deve tener conto; Paola Benigni rileva che la data scritta nel documento – addì 6 marzo 1474 è alla fiorentina “ab Incarnatione” e alla romana “ab Nativitate” è 1475 – costituisce la conferma della falsità del documento, poiché né Ludovico né Leonardo Buonarroti avrebbero avuto un motivo valido per tradurre lo stile fiorentino in moderno, che faceva iniziare l’anno il 1° gennaio. La Benigni aveva poi rilevato discrepanze di vario genere, come il modo di scrivere lontano da quello di Ludovico Buonarroti. Un importante colpo contro le pretese di Chiusi riguarda però i nove testimoni del battesimo: non erano personaggi di fantasia o inventati, ma reali e attivi a Caprese in quel periodo. Non staremo a elencarli, ma risulta la piena rispondenza di questi signori al luogo e al periodo, anche se non tutti erano di Caprese. Non è tuttavia una prova considerata “granitica”, perché la veridicità di persone esistite non testimonia al 100% l’avvenuto evento (il battesimo), ma quantomeno restituisce credibilità al documento. Comunque, nove nomi non si possono inventare, né è da ritenere che siano stati presi a caso dagli archivi comunali, anche perché Acquisti ricorda come gli atti di Caprese antecedenti al 1483 erano andati perduti già prima del 1875. Non vi sono elementi oggettivi per sostenere o negare che chi ha trascritto la copia dell’Archivio Buonarroti abbia copiato direttamente dal “Libro” di Ludovico e che vi abbia inserito le due aggiunte. Il tracciato della scrittura è tipico di chi riproduce passivamente un modello e che le incomprensibili trascrizioni non possono essere mutuate da Ludovico o dal nipote Leonardo, perché nella scrittura dei due non vi sono le lettere equivocate (forse per disattenzione) dal copista, al punto da generare quei guasti che escludono l’ipotesi di una dettatura o di una falsificazione. Il professor Acquisti ritiene che soltanto Leonardo possa averla tratta dal “Libro” e che – avendo una calligrafia non bella e più volte criticata dallo zio – abbia alla fine deciso di far ricopiare il “Ricordo” da uno scrivano in due esemplari, l’uno per l’archivio e l’altro per Michelangelo. Alla resa dei conti, insomma, l’unico documento tangibile che possa certificare la nascita a Caprese di Michelangelo Buonarroti è il “Ricordo” di Ludovico, contenuto nella copia di un documento probante, dal momento che il contenuto può essere verificabile e trova riscontro nel contesto di allora. Non vi è invece un altro documento capace di smentirlo; i tentativi che avrebbero dovuto provare il contrario hanno evidenziato la loro inaffidabilità, ovvero non vagliati a sufficienza (per non dire manipolati) e non in grado di ridimensionare la posizione di Caprese, che rimane il luogo di residenza del podestà Ludovico Buonarroti e di nascita di Michelangelo per ammissione scritta dello stesso padre. Che allora occorra la classica “prova regina”, come succede nei casi investigativi? Probabilmente sì, anche se la rete di indizi in possesso non induce a pensare a un luogo diverso da Caprese, dove il neonato Michelangelo è stato battezzato. Se Chiusi della Verna ritiene di avere avuto il privilegio di avergli dato i natali, dovrà ora dimostrarlo con una prova verso la quale tutti dovranno alzare le mani in segno di resa.
Commenta per primo.