Opinionisti Marco Cestelli

Europa e Italia, europei ed italiani

Prima parte...

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Ah dolce Europa, amara UE, croce e delizia del nostro presente, talvolta madre e spesso matrigna, invocata per difendere le nostre identità e infamata per le nostre miserie. Così come la NATO, l’ONU, ecc. Non ci abbiamo capito niente e pontifichiamo come se fossimo attori e protagonisti di un presente, e di un futuro prossimo, che potremmo o dovremmo guidare, plasmare, determinare ma “gratis”, senza pagare pegno o pedaggio, senza conseguenze per il nostro mondo che è ormai in scala a tutto il resto. Non ci arrendiamo all’idea di un declino iniziato da molto tempo e ad un presente che non sappiamo governare (ma di cui non possiamo fare a meno).

Per un po’ di secoli l’Europa ha dominato il mondo grazie a cultura e tecnologia, evoluzione del pensiero e della capacità di concepire architetture sociali; ma grazie anche, e soprattutto, a cupidigia, brama di potere ed economia, ferro e acciaio e malattie. Poi in un anno fatale, il 1917, i “nostri” primati iniziarono a scricchiolare: fu l’anno decisivo in cui avvennero due fatti che dettero inizio alla decadenza (ricca e dolce) del secolo successivo, ovvero l’intervento armato degli USA nella prima guerra mondiale e la rivoluzione comunista in Russia. Già questo meriterebbe un dibattito approfondito, che risparmierò al lettore e alla mia profonda cultura da Bignami. Fatto sta che il capolavoro del suicidio europeo si completò con la seconda guerra mondiale dove tutto il continente perse i suoi primati, in buona parte distrutto materialmente, diviso tra est e ovest, perdendo colonie e influenza nei vari angoli del mondo. Fu allora che a Yalta si divise il mondo e noi (italiani ed europei occidentali) finimmo fortunatamente sotto l’area di influenza USA la quale ci disse (esplicitamente o implicitamente) “cari ragazzi d’Europa, noi vi aiutiamo a ricostruire e ripartire, versiamo una valanga di dollari nei vostri conti, pensate a crescere e a diventare ricchi e benestanti, pensate al lavoro e alla spesa sociale, al progresso e al futuro, all’economia, ecc. alla politica internazionale e militare ci pensiamo noi. Voi rimanete con noi, lasciateci lavorare e nessuno si farà più male, avrete il frigorifero e la tv… poi in fondo, per mettere a posto i vostri casini, abbiamo avuto 400 mila morti, 600 mila feriti e 130 mila prigionieri di guerra. E senza di noi vi toccava lo Zio Adolfo o Stalin, Mussolini compreso.” E così è stato e negli anni molti si sono dichiarati contro la Nato e l’Europa: prima il PCI, poi un po’ Craxi, poi i partiti di oggi a turno, quando erano all’opposizione, per poi cambiare idea in un batter di ciglio appena arrivati alle soglie dell’agognato governo. Anzi direi che tutti hanno, o avrebbero, voluto una benedizione da Washington dopo aver baciato la pantofola al sacro soglio della Casa Bianca. E ora ci tocca anche assistere all’assurdo, la storia ci sta regalando l’ennesimo scherzo: senza Europa non si fa niente. Crisi pandemica? Ci pensa la UE. Crisi del gas e del petrolio? Dobbiamo risolvere tutti assieme. Crisi delle materie prime e dei chip? Se non ci pensa la UE come si fa da soli. Crisi militare a est? Ci dobbiamo coalizzare per produrre armamenti e pensare ad una difesa comune (che non ci sarà mai). Crisi dei debiti? Eurobond, ovviamente, ovvero debito comune con le garanzie tedesche (e quindi tassi bassi). Ogni volta che c’è un grosso problema ci rivolgiamo a Bruxelles, così come ogni volta che la UE ci impone qualcosa ci risentiamo per un evidente “attentato alla grande tradizione italica e a secoli di storia e di civiltà, in nome della misura standard delle zucchine, oppure sulle peculiarità della nostra smisurata capacità di sprecare denaro (pubblico)”.

In questa dolorosa sequenza di ridicolaggini che possono sconvolgere solo chi non sa o non vuol sapere, chi la storia la conosce solo tramite post e social, chi i conti in casa sa benissimo come farli tornare ma non usa lo stesso criterio per la “cosa pubblica” mi trattengo dall’andare oltre, rimandando alla prossima puntata. Anticipo solo che, da oggi, di Europe ne avremo due, che il prossimo paese leader sarà la Polonia, che saremo divisi tra progressisti e tradizionalisti, che la Francia pensa all’Europa parlando di se stessa, che la politica comune, una fiscalità unica, un esercito comune non c’è e non ci sarà (credo mai). Alla prossima. 

Marco Cestelli
© Riproduzione riservata
03/05/2023 15:34:58

Marco Cestelli

MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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