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Confagricoltura Arezzo: cereali, verso una semina piena di incertezze

Bartolini Baldelli: «Costi di produzione superano i prezzi remunerati agli agricoltori»

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«La pubblicazione dei costi di produzione da parte di Ismea certifica un dato che la nostra organizzazione denuncia ormai da troppo tempo: i costi per la produzione dei cereali sono ormai da anni, salvo rare eccezioni, superiori ai prezzi remunerati agli agricoltori. Come possono continuare le nostre aziende a lavorare in perdita? Come possono ancora una volta le nostre aziende avviarsi alla semina senza aver alcun tipo di garanzia sui prezzi?». Così il presidente di Confagricoltura Arezzo Carlo Bartolini Baldelli affronta un tema di stretta attualità che riguarda le imprese agricole.

«I nostri imprenditori - spiega Bartolini Baldelli - si assumono già un importante rischio d’impresa, intrinseco all’attività stessa, ovvero quello legato all’andamento climatico che può far variare fortemente le quantità prodotte a parità di costi sostenuti. La variabilità dei prezzi, spesso determinata da contrattazioni effettuate sui mercati finanziari e mai legate all’economia reale dei territori, da troppi anni penalizza gli agricoltori. Seminare senza aver firmato un contratto di ritiro che preveda un prezzo minimo garantito non inferiore ai costi di produzione ci espone a rischi di perdita troppo elevati, se non addirittura certi».

Per Confagricoltura Arezzo la soluzione resta quella di costruire filiere forti nelle quali sia il rischio che il valore aggiunto siano ripartiti in modo più equilibrato tra i vari attori. «Oggi lo squilibrio è fortissimo ed a pagarne il prezzo sono sempre gli anelli più deboli della catena ovvero agricoltori che guadagnano sempre meno ed i consumatori che spendono sempre di più - prosegue Bartolini Baldelli - È bene ribadire ancora una volta che, ad esempio, il pane acquistato a 4 euro al kg è fatto con il grano che alle imprese agricole viene remunerato non più di 20 centesimi al kg. Anche il dazio minacciato dall’Amministrazione americana sulla pasta italiana, pari al 107%, può contribuire a generare ripercussioni negative sulla filiera, a svantaggio di imprese, lavoratori e consumatori. Lo squilibrio della ripartizione di valore aggiunto sta portando allo stremo molte imprese agricole a vocazione cerealicola le quali, purtroppo, se dovesse continuare questo andamento, saranno costrette ad abbandonare i terreni o a chiudere definitivamente». 

Se fino ad alcuni anni fa le risorse provenienti dalla Politica Agricola Comune riuscivano in certa misura a colmare questo divario (proprio per questo era stata istituita la PAC in origine), i tagli a doppia cifra delle ultime programmazioni sommate all’importante aumento dei costi registrato in questi ultimi anni, non garantiscono più né sostenibilità economica né tantomeno un reddito equo per gli agricoltori.

«Il risultato - conclude il presidente di Confagricoltura Arezzo - è che senza interventi decisi si andrà verso un maggiore abbandono del territorio, si perderanno imprese, posti di lavoro e ci sarà una maggiore dipendenza dalle produzioni estere. Per questo motivo chiediamo a gran voce che le istituzioni, ad ogni livello, si adoperino per trovare soluzioni concrete e ribadiamo un fermo e deciso no alla proposta della Commissione Europea che prevede il taglio di un ulteriore 20% alle risorse PAC per la prossima programmazione».

Redazione
© Riproduzione riservata
06/10/2025 12:00:56


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