Opinionisti Giulia Gambacci

Rock innovativo e hard rock: l’era dei Led Zeppelin, band di successo artistico e commerciale

Trecento milioni di dischi venduti

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La loro esperienza è durata soltanto 12 anni, dal 1968 al 1980: pochi, ma sufficienti per lasciare il segno. I Led Zeppelin rimangono pur sempre fra i grandi innovatori del rock e allo stesso tempo fra i pionieri dell’hard rock. La loro musica ha attinto dal blues, dal rockabilly e dal folk, diventando un qualcosa di inedito per l’epoca, che ha finito con l’influenzare tutti i gruppi rock del loro tempo e del futuro. Un complesso, anch’esso di matrice britannica, che ha conosciuto momenti di splendore, ma del quale la prematura morte del batterista John Bonham ha sentenziato lo scioglimento. Gli altri hanno proseguito la propria attività musicale come solisti, incidendo insieme alcuni album e ritrovandosi in forma occasionale per esibirsi dal vivo nel corso di cerimonie celebrative o commemorative. I Led Zeppelin sono fra i gruppi di maggior successo commerciale nella storia della musica moderna, con 300 milioni di dischi venduti dal 1968 a oggi; nel 2007, a seguito di una incredibile richiesta di biglietti per la loro esibizione all’The O2 Arena di Londra (pensate, oltre 20 milioni in circa 24 ore), il gruppo è entrato nel Guinness dei Primati per la “maggior richiesta di biglietti per una singola esibizione dal vivo”. Nel gennaio del 1995, i Led Zeppelin sono stati introdotti nella Rock and Roll Hall of Fame e, in base alla classifica stilata nel 2003 dalla rivista “Rolling Stone”, risultano al 14esimo posto fra i 100 migliori artisti di sempre. La stessa rivista li ha anche definiti come il gruppo più “heavy” di tutti i tempi e più importante degli anni ’70; anche l’emittente VH1 ha definito i Led Zeppelin come “il più importante gruppo hard rock della storia”. La discografia comprende nove album in studio pubblicati dal 1969 al 1982, seguiti negli anni ’90 da diverse raccolte di brani (alcuni anche inediti) e da incisioni di spettacoli dal vivo risalenti al periodo di attività.

La storia dei Led Zeppelin parte dal chitarrista Jimmy Page, che nel 1966 si unisce agli Yardbirds, un gruppo blues rock del Regno Unito. Da iniziale bassista, sostituto di Paul Samwell-Smith, Page diviene il secondo chitarrista solista, al fianco di Jeff Beck, che però abbandona nell’ottobre dello stesso anno. Page propone allora a Beck la creazione di un nuovo gruppo nel quale, oltre a loro due, vi siano anche Keith Moon e John Entwistle, rispettivamente batterista e bassista dei “The Who”. Pur non essendo ancora stato fondato a tutti gli effetti, il gruppo si ritrova a dover incidere il brano “Beck’s Bolero”; alla registrazione prende parte anche John Paul Jones, bassista e tastierista, dichiarandosi interessato a voler collaborare con Page. E arriviamo al 1968, anno nel quale gli Yardbirds tengono il loro ultimo concerto, anche se hanno già l’impegno della tournee in Scandinavia: il batterista Jim McCarty e il cantante Keith Relf autorizzano Page e il bassista Chris Dreja all’uso del nome Yardbirds per portare a termine gli impegni. Page cerca il cantante: si rivolge a Terry Reid, che però gli declina l’offerta, indicando Robert Plant, giovane di Birmingham, che accetta la proposta e a sua volta consiglia il batterista John Bonham. Intanto, Dreja si chiama fuori per dedicarsi alla sua passione, la fotografia e John Paul Jones, su consiglio della moglie, contatta Page per proporsi come sostituto; il chitarrista lo accetta all’interno del gruppo, che parte per la tournee in Scandinavia con la denominazione di “The New Yardbirds”. Dopo i concerti, la decisione di cambiare nome e di diventare appunto “Led Zeppelin”. Per quale motivo questa scelta? Sarebbero più di una le spiegazioni; in base a quella più accreditata, Keith Moon e John Entwistle riferiscono che un supergruppo composto da loro, da Jimmy Page e da Jeff Beck, sarebbe volato in alto come un “lead zeppelin”, con quest’ultimo che è un tipo di dirigibile. Il manager degli Yardbirds, Richard Cole, riferisce il tutto a Page, che mesi dopo – nell’assegnare il nome che avrebbe dovuto sostituire “The New Yardbirds” per il gruppo formato – ripensa a “Lead Zeppelin”. Peraltro, l’espressione era riferibile al nome di un altro complesso rock, gli “Iron Butterfly”, che in quel periodo andava per la maggiore. Tutti d’accordo per il nome, seppure con una piccola correzione da “Lead” a “Led”, introdotta soltanto per evitare equivoci nella pronuncia, dal momento che in lingua inglese esistono due termini “lead”, con due etimologie e due suoni distinti: oltre alla pronuncia “led”, che sta per “piombo”, c’è anche “liid”, ovvero guida. La scritta “led” avrebbe ricondotto in maniera più diretta alla parola “piombo”. Il produttore discografico Peter Grant, che in passato aveva già collaborato con “The Yardbirds”, procura ai Led Zeppelin un contratto con Atlantic Records del valore di circa 200mila dollari, cifra fra le più alte dell’epoca per un complesso musicale agli esordi. Subito dopo il primo breve tour negli Stati Uniti, la pubblicazione del primo disco, intitolato anch’esso “Led Zeppelin” e registrato agli Olympic Studios di Londra a fine ’68. L’album inizia con il piede giusto e nel giro di due mesi raggiunge la “top ten” della classifica “Billboard 200”, ricevendo il disco d’oro nel luglio del 1969. Nei brani c’è un po’ di  tutto: blues, folk e rock che, combinati con uno stile “heavy”, fanno di questa incisione una fra le più importanti dell’evoluzione in chiave dura del rock, imponendo il gruppo a livello internazionale. Elemento innovativo è il suono che Page, attraverso la sua esperienza come turnista di studio, conferisce alle registrazioni per riprodurre il “sound” che il gruppo aveva consolidato nelle sue prime esibizioni dal vivo. Si decide quindi di lavorare in maniera rapida per dare al tutto la continuità di un “live”, concentrando le registrazioni e riducendo le sovraincisioni; il disco viene così messo su un nastro e mixato nello spazio di trenta ore. Page aggiunge poi gli artifici tecnici, a cominciare dalla sonorità ambientale; era provato che i produttori piazzassero all’epoca un microfono davanti a ogni amplificatore: Page ha invece l’intuizione di aggiungerne un secondo, a distanza e in prospettiva frontale con l’amplificatore, registrando la media tra i due e catturando il “feeling” di una esibizione dal vivo anche in una stanza. Robert Plant definirà positivamente con termini fin troppo forti (vedi sessuale e osceno) il suono che sentiva uscire dalle casse mentre cantava, anche se ha sempre scoraggiato la critica nel giudicare il gruppo “affine al solo genere metal”, viste le numerose componenti alla base della sua musica, non ultima quella folk e acustica. Composto mentre era in corso il tour del primo album, esce sempre nel 1969 il secondo disco, dal titolo “Led Zeppelin II”, espressione piena dell’hard rock; ad aprire la compilation è “Whole Lotta Love”, caratterizzato da un riff (breve frase musicale che può essere ripetuta più o meno volte) di chitarra aggressivo con il supporto del basso e da voce e della batteria. È un pezzo che per molti rispecchia lo stile musicale del gruppo e che i sostenitori hanno ribattezzato “il bombardiere marrone”, a causa del colore che domina la copertina e dell’immagine dello zeppelin sullo sfondo. Un album che raggiunge il primo posto delle classifiche, rimanendovi per circa sette settimane di fila; dopo la sua uscita, il complesso dà il via a una nuova tournee, con concerti che spesso hanno la durata di oltre quattro ore. Sul palco, i “Led Zeppelin” eseguivano le versioni delle loro canzoni più lunghe e piene di improvvisazioni rispetto a quella eseguita in studio, aggiungendo spesso anche rielaborazioni di brani di soul music, in particolare di James Brown, di cui Jones e Bonham erano estimatori. Diverso, invece, è il contesto nel quale nasce il loro terzo disco, “Led Zeppelin III”: Brown e Bonham si concedono un periodo di riposo con le rispettive famiglie fra i monti del Galles e in una località alquanto defilata. La sera, davanti al fuoco bevendo birra e suonando la chitarra acustica, mentre i “roadie” (i tecnici che viaggiano con il gruppo) pensano alla cucina e alla casa: ciò potrebbe spiegare le caratteristiche acustiche di alcuni brani, con particolare riferimento a “Gallows Pole” e “Bron-Y-Aur Stomp”, dove gli echi del folk britannico evidenziano un lato finora poco conosciuto della bravura di Page. Anche questo disco, come il secondo, ottiene un elevato riscontro di vendite e, nonostante le aspre critiche mosse dalla stampa, non tarda nel raggiungere le vette delle classifiche di Stati Uniti e Regno Unito, mentre i Led Zeppelin volevano dimostrare con questo album di avere una sensibilità e un gusto che andavano anche oltre le "bombardate a tappeto" tipiche del secondo album. La stampa dà invece una lettura diversa: lo ritiene infatti un infiacchimento e si abbandona a commenti così offensivi da toccare profondamente i componenti del gruppo, che iniziano subito le sessioni di registrazione del quarto album senza intraprendere alcuna tournée. Il quarto disco è probabilmente il più importante per la storia della band: contiene canzoni che spaziano fra diversi generi e che contribuiscono alla creazione del mito attorno ai Led Zeppelin. Un album nel quale si fondono le influenze folk-celtiche presenti in “Led Zeppelin III” e gli elementi hard rock del “bombardiere marrone”. Ufficialmente senza un titolo, la Atlantic Records ottenne che almeno i musicisti scelgano un simbolo ciascuno che li rappresenti e che compaia in copertina: fu così che Page sceglie un simbolo che ricorda vagamente la scritta ZoSo, Robert Plant una piuma racchiusa in un cerchio, John Paul Jones un cerchio con tre punte e John Bonham tre cerchi intrecciati. L’album viene erroneamente indicato come “Led Zeppelin IV”, “Runes Album” o “ZoSo”: esce nel novembre del 1971, non raggiunge mai la prima posizione della Billboard 2000, ma rimane il più venduto con 37 milioni di copie. Fra i brani, i più famosi sono “Black dog” (hard rock); “The Battle of Evermore”, che rievoca una battaglia vichinga e “Stairway to heaven”, la canzone più famosa. Nel tour legato a questo album è prevista anche una tappa italiana, il 5 luglio 1971 a Milano; ospiti del Cantagiro al velodromo Vigorelli, i “Led Zeppelin” debbono interrompere il concerto dopo appena 26 minuti, a causa di scontri fra pubblico e forze dell’ordine. Seguono tournee in Australia e in India, poi a fine ’72 la band si ritira dai palcoscenici per dedicarsi al quinto album, scegliendo una tenuta di campagna appartenente a Mick Jagger, dove vi era uno studio di registrazione mobile. Il 21 giugno 1972 prende il via l’ottavo tour negli Stati Uniti, con un eccezionale riscontro di pubblico, ma non a livello di stampa, dal momento che è in concomitanza con quello dei Rolling Stones. Nel marzo del 1973, esce “Houses of the holy”, che però non finirà nell’omonimo album, bensì nel successivo: “Physical Graffiti”. Importante il contributo di Jones nell’utilizzo del mellotron e pezzi quali “The song remains the same”, “No quarter” e “The rain song” si impongono come classici del rock. Successo negli Stati Uniti (56800 spettatori al Tampa Stadium, in Florida) e nel ’74 il complesso fonda un’etichetta discografica, la “Swan Song Records”, utilizzandola anche per lanciare vecchi artisti. L’anno seguente esce “Graffiti”, il primo album doppio, con brani non inclusi nelle ultime tre raccolte e nuove incisioni. E stavolta il successo è enorme, da conferire prestigio al gruppo: anche i precedenti dischi dei “Led Zeppelin” finiscono con il rientrare nella classifica dei 200 album più venduti, cosa mai verificata prima nella storia del rock. La loro popolarità è divenuta tale da farli considerare il complesso più grande del mondo, ribattezzato dalla stampa la “Biggest Band of the seventies”. La celebrità ha però anche le altre facce della medaglia: eccessi quali il jet privato, occupazione di interi piani degli alberghi e scene di dissolutezza come la distruzione di intere camere d’albergo. L’imprevisto dell’agosto 1975 (incidente stradale per Robert Plant e la moglie Maureen a Rodi, usciti malconci ma con i figli illesi) fa annullare il tour negli Stati Uniti, in Sudamerica, in Australia e in Giappone. Non potendo esibirsi dal vivo, il gruppo si reca a Malibù e torna in studio per registrare il suo settimo disco, dal titolo “Presence”, ottimo come riscontro di consensi anche se ritenuto un prodotto non all’altezza dei precedenti. È un anno difficile, il 1976, nel quale peraltro l’attività musicale si interrompe per la produzione del film concerto “Fantasy”, ancora inedito; i quattro componenti del gruppo decidono di andare in esilio per sfuggire alla elevata pressione fiscale inglese. “Presence” non si avvale del tour e in quell’anno nei cinema esce il film concerto “The song remains the same”, basato su registrazioni effettuate ai concerti del ’73 al Madison Square Garden di New York. È l’unico documento filmato rimasto delle loro esibizioni sul palco per oltre vent’anni. I tour ripartono nel ’77 e negli Stati Uniti: tutto procede bene fino al Festival di Oakland, quando arriva la notizia della morte di Karac, figlio di Robert Plant, a causa (così pare) di una infezione allo stomaco. Tournee subito interrotta; e allora, riprendono a circolare le voci sulla maledizione gravante sui componenti del complesso, attribuita all’interesse di Page per il mondo dell’occulto. E Plant, letteralmente scioccato dalla morte del figlio, è tentato di lasciare, ma poi – anche su invito degli altri tre – decide di continuare. “All my love” è il titolo della ballata dedicata al figlio di Plant e inserita all’interno di “In through the out door”, disco registrato nel ’78. Le prime copie in vinile di “In through the out door” vengono pubblicate in una confezione di cartone completamente anonima. Nell’aprirla, ci si trovava di fronte alla copertina dell'album, la quale era però totalmente a righe bianche e nere: la vera copertina sarebbe apparsa detergendo con acqua la superficie coperta di righe. A ciò si aggiunge la volontà del gruppo di utilizzare sei copertine diverse per la commercializzazione del disco, rendendo così un'incognita l'aspetto grafico di ogni copia dell'album in circolazione. Proprio in questo periodo, i Led Zeppelin subiscono l’ascesa della disco music e del punk rock, per cui c’è chi li considera superati, nonostante rimanga una folta schiera di fan. Nell'estate del 1979, dopo due spettacoli preparatori a Copenaghen, i Led Zeppelin partecipano in qualità di attrazione principale al Knebworth Festival in Inghilterra.  Quasi 400mila fan assistono al ritorno sul palco della band che, dopo l'uscita in novembre del loro ultimo disco, è pronta a riprendere le esibizioni dal vivo per una breve tournée in Europa seguita da un tour negli Stati Uniti. Nel giugno del 1980, i Led Zeppelin intraprendono un minitour europeo che si conclude il 7 luglio. Il concerto del 27 giugno viene interrotto alla terza canzone, quando John Bonham è colto da malore e crolla sul palco; salta poi il successivo tour statunitense, in quanto il 25 settembre 1980, poco prima di partire per gli Stati Uniti, Bonham si presenta alle prove completamente ubriaco; continua a bere per tutta la sera in una festa a casa di Page e messo a dormire. La mattina dopo viene trovato morto soffocato dal proprio vomito: la stampa parlò di 40 dosi di vodka ingerite. Dopo la morte di Bonham, gli altri tre componenti decidono di porre fine all'attività artistica con il nome di Led Zeppelin. Il laconico comunicato stampa diventa pubblico il 4 dicembre 1980: “Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere – in piena armonia tra noi ed il nostro manager – che non possiamo più continuare come eravamo”.  

Giulia Gambacci
© Riproduzione riservata
06/09/2021 10:50:43

Giulia Gambacci

Giulia Gambacci - Laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Ama i bambini e stare insieme a loro, contribuendo alla loro formazione ed educazione. Persona curiosa e determinata crede che “se si vuole fare una cosa la si fa, non ci sono persone meno intelligenti di altre, basta trovare ognuno la propria strada”. Nel tempo libero, oltre a viaggiare e fare lunghe camminate in contatto con la natura, ama la musica e cucinare.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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