Quando dici Romagna pensi subito alla piadina e ai cascioni
Due golosissime varietà del cosiddetto "pane da passeggio"
Tra le specialità della cucina romagnola vi sono soprattutto la piadina e il cascione. Si tratta di due golosissime varietà del cosiddetto "pane da passeggio", una ghiottoneria che per la sua manegevolezza può essere consumata comodamente in piedi o camminando.
La piadina
Se il cioccolato è "il cibo degli dei", la piadina lo è per i comuni mortali. Regina incotrastata dello street food da Riviera, la piada - piè, pieda o pida, a seconda del luogo - è originaria della provincia di Forlì-Cesena e del Ravennate.
La ricetta tradizionale prevede un impasto base con acqua, sale, bicarbonato e strutto. Tuttavia, le varianti faentina e imolese includono anche il latte e il lievito di birra. Quanto alla circonferenza del disco di pasta, invece, bisogna fare un netto distinguo tra la piadina Romagnola e quella Riminese (sono entrambe a marchio registrato). La prima, spessa e friabile, può avere un diametro variabile tra i 15 e i 23 cm; la seconda - dalla consistenza più morbida - è larga più o meno 30 centimetri.
Per la cottura si utilizza il "testo", una teglia piatta (in ghisa o terracotta) arroventata sul fuoco per qualche minuto. La piada sarà pronta quando sulla superficie di ambo i lati si formeranno delle piccole chiazze difformi di colore bruno.
La farcitura classica prevede una cucchiaiata abbondante di squacquerone (un formaggio a pasta molle simile allo stracchino) e del prosciutto crudo locale ma nulla vieta di sperimentare altre combo di sapori. Insomma, c'è solo da sbizzarrirsi.
Il crescione
Un'altra specialità romagnola degna di nota è il "crescione" o "cassone". L'impasto base è quello della piadina e anche le modalità di preparazione sono le stesse. La differenza sta nella forma "a mezzaluna": Il crescione è ripiegato a metà, sigillato sui bordi (prima della cottura) con i rebbi della forchetta o con una piccola speronella.
Si tratta dunque di un scrigno di "pasta matta" (è così che la definisce il gastronomo Pellegrino Artusi) che racchiude all'interno un ripieno dal cuore morbido e goloso. Generalmente la farcia è composta da formaggio fresco ed erbe spontanee anche se la ricetta classica prevede l'utilizzo delle foglie di papavero (rosolacci). Anche in questo caso, però, non esiste un disciplinare. Anzi, la regola (non scritta) vuole che col ripieno sia bene abbondare: più ce n'è e meglio è.
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