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Il museo di archeologia industriale della Buitoni: una vicenda alla… biturgense!
Chi vuole e chi non vuole realmente il museo?
Se ne parla oramai da anni, nella città e nel luogo preciso in cui la fabbrica è nata. Vi è anche un preciso accordo fra Provincia di Arezzo, Comune di Sansepolcro e Cral Buitoni, ma ancora niente. Chi vuole e chi non vuole realmente il museo?
Per Sansepolcro è da sempre il grande desiderio: tutti ne parlano, tutti lo vogliono, tutti ne riconoscono la indubbia importanza e anche le campagne elettorali del passato lo hanno visto fra gli obiettivi di ogni schieramento. Stiamo parlando del museo di archeologia industriale della Buitoni, la grande azienda nata al Borgo nel 1827 e che si è costruita un nome a livello mondiale nel settore delle paste alimentari e dei prodotti da forno, diventando uno dei marchi italiani considerati strategici. Buitoni, per Sansepolcro, ha voluto dire lavoro, ricchezza e crescita anche dal punto di vista sociale di una intera comunità; in altre parole, Buitoni è un capitolo di storia della città, non soltanto di storia economica. Quello di dedicare uno spazio espositivo con i cimeli dello stabilimento Buitoni è allora un obbligo morale della comunità biturgense, tanto più che da tempo ci riempiamo la bocca con il progetto della “città museo” e della “via dei musei”. Più volte l’argomento è tornato di attualità, ma quando sembrava che la volta fosse quella buona vi sono stati repentini dietrofront anche davanti a protocolli, convenzioni e accordi nero su bianco tuttora in piedi. Non solo: il museo della Buitoni potrebbe ora non rientrare più nemmeno fra i punti programmatici della campagna elettorale; un qualcosa sembra essersi arenato, per non dire freddato e anche i promotori più convinti del progetto – ovvero quegli ex dipendenti che hanno lavorato nel vecchio stabilimento di via dei Montefeltro, dove oggi c’è il Centro Commerciale Valtiberino - cominciano progressivamente ad andare in su con l’età. Trattasi di persone che appartenevano alla vecchia generazione delle maestranze Buitoni, quelle che sentivano in maniera quasi viscerale lo spirito di appartenenza, che avevano l’orgoglio di indossare la tuta con il logo e che quando nel 1997 si verificò l’incendio nel nuovo stabilimento della zona industriale Alto Tevere-Santafiora, pur essendo in pensione, si precipitarono subito per dire: “Se serve un aiuto noi ci siamo!”. Operai e impiegati che vivevano in simbiosi con l’azienda, mentre oggi l’attaccamento non appare più forte e stretto come quello di un tempo. E allora, perché non si è finora arrivati alla realizzazione del museo, limitandosi solo a iniziative (pur sempre lodevolissime) quali mostre e volumi scritti? In questa inchiesta, cercheremo di ricostruire i vari passaggi della vicenda, facendo leva sugli elementi oggettivi in nostro possesso e non certo sulle supposizioni. Certa è però una cosa: se per un qualsiasi motivo la realizzazione dovesse ulteriormente slittare, il rischio concreto sarebbe quello di aver perso anche l’ultimo treno utile, senza sapere quando passerà il prossimo e se soprattutto un prossimo treno ci potrà essere. Per Sansepolcro sarebbe l’ennesima grande occasione mancata: immaginate solo l’attrattiva che costituirebbe un museo del genere dal punto di vista turistico.
È del Cral Buitoni l’idea di dedicare un museo alla Buitoni, quale forma di doveroso omaggio dei dipendenti nei confronti di un’azienda che ha garantito sicurezza a loro e alle rispettive famiglie. Un rapporto che però era anche di profonda umanità e generosità da parte della famiglia Buitoni. Una sorta di grande alleanza fra proprietà e maestranze per rendere grande questo nome nel mondo attraverso la qualità dei suoi prodotti, molto spesso frutto della creatività e dell’inventiva. Il Cral ha raccolto il testimone del Dopolavoro Aziendale nel quale si ritrovavano dirigenti, operai e impiegati; Dopolavoro che per anni ha svolto un’attività molto intensa a livello sportivo e ricreativo, se si pensa a squadre di calcio, pallacanestro, tennis e bocce, ma anche a sezioni di cacciatori, pescasportivi e motociclisti. Le gite turistiche di notevole interesse erano le grandi iniziative del Dopolavoro, fino a quando nel dicembre del 1973 viene appunto sostituito dal Cral nell’organizzazione delle varie attività, comprese quelle culturali e di elevata qualità. Si deve per esempio alla collaborazione fra biblioteca comunale e Cral Buitoni – durata poi per diversi anni - il ritorno a Sansepolcro delle stagioni teatrali, che mancavano da anni in città. E sempre grazie al Cral, gli appassionati della musica lirica hanno potuto assistere alla rappresentazione di un’opera all’Arena di Verona, non dimenticando cantanti e cantautori portati al Borgo, mostre d’arte e borse di studio per gli studenti figli dei dipendenti. Ma il capitolo più forte era costituito dallo spaccio aziendale (pioniere al Borgo del supermercato) , che il Cral aveva preso in gestione dall’azienda nel 1980: per 14 anni, fino al 1994, la sua attività fece registrare una costante crescita, grazie all’azione calmieratrice dei prezzi che permise a molte famiglie di risparmiare sulla spesa. La presenza del Cral era diventata così significativa da superare i confini della fabbrica e da essere parte integrante della vita cittadina, dei suoi costumi e delle sue abitudini. Era come se insomma con la Buitoni esistesse una sorta di legame quotidiano che andasse ben oltre le ore lavorative.
Palazzo Muglioni: l’immobile di via Niccolò Aggiunti (versante di Porta Fiorentina), che fino al 1978 è stato sede della caserma dei Carabinieri, diviene il punto di riferimento logistico, perché nella parte retrostante Giovanni Buitoni e la moglie Giulia Boninsegni dettero il via all’attività di produzione delle paste alimentari nel lontano 1827. La stessa strada è stata da poco rinominata, proprio con intitolazione a Giulia Boninsegni Buitoni. Per una questione di logicità storica – chiamiamola così – il posto più indicato e scontato è stato individuato in quello dove di fatto l’azienda era nata. Un prima convenzione fra il Comune di Sansepolcro e la Provincia di Arezzo per la ristrutturazione e cessione in comodato di Palazzo Muglioni, da destinare in parte a Centro per l’Impiego – Area Valtiberina, risale al marzo del 2002, quando si rendono necessari lavori di ristrutturazione e adeguamento alla normativa in vigore. L’accordo prevede che il Comune di Sansepolcro effettui “una completa ristrutturazione del palazzo per ottenere la cessione in comodato trentennale dell’immobile da destinare a fini di pubblica utilità”. Costo stimato dei lavori di ristrutturazione del piano terra: 933 milioni e 600mila lire, pari a 482.164,16 euro. Importante la precisazione contenuta all’articolo 4: “La cessione in comodato viene effettuata a condizione che l’edificio sia destinato a fini di pubblica utilità da concordare, di volta in volta, con l’amministrazione provinciale, la quale – e siamo all’articolo 5 – si riserva l’utilizzo integrale ed esclusivo del piano terra del suddetto edificio, esclusi i locali condominiali, una volta terminati i lavori. I locali condominiali saranno adibiti esclusivamente a sede comprensoriale del Centro per l’Impiego”. Il Comune di Sansepolcro, dal canto suo, deve provvedere a una “ristrutturazione completa dell’edificio, che comprenda anche l’adeguamento complessivo alla normativa vigente dell’impianto termico, elettrico e idrico-sanitario; la riverifica strutturale del tetto con interventi di manutenzione straordinaria di alcuni tratti del medesimo e della grondaia, il rifacimento della facciata e la riqualificazione dell’immobile dal punto di vista sismico”. All’amministrazione spetta anche il compito di assicurare l’immobile contro i rischi di incendio e contro quelli derivanti dalla sua utilizzazione. Fermo restando che sono trascorsi 19 dei 30 anni di comodato a disposizione, veniamo al passo successivo, ovvero il protocollo d’intesa – datato 19 settembre 2014 - fra Provincia di Arezzo, Comune di Sansepolcro e Cral per la realizzazione del museo di archeologia industriale Buitoni a Sansepolcro. Intanto, l’articolo 3 è molto chiaro: “Le parti individuano concordemente negli spazi dei sotterranei di Palazzo Muglioni (lato via della Firenzuola e dei giardini di via Luca Pacioli) il luogo ideale ove allocare il complesso museale, precisando poi che con il Cral Buitoni dovrà essere perfezionato un diverso contratto per la cessione gratuita a quest’ultimo dei sotterranei e dei giardini del palazzo. Un altro passaggio significativo è il seguente: “Il Comune di Sansepolcro si impegna altresì a sgomberare con estrema sollecitudine i sotterranei e i giardini di Palazzo Muglioni dal materiale depositato. Nel merito del museo sarebbe poi entrato il Cral con la messa a disposizione del suo ricco e prezioso materiale raccolto, da integrare eventualmente nel corso del tempo. Sempre il Cral viene individuato anche come soggetto gestore del museo e incaricato della relativa promozione. Infine, all’articolo 5 si precisa come le parti si debbano impegnare per la costituzione di un attivo comitato d’onore allo scopo di “assicurare il giusto lustro e il necessario sostegno anche mediante la concessione del patrocinio da parte degli stessi associati”. Pare tuttavia che l’intera somma stanziata non sia stata utilizzata per intero e che siano venuti a mancare i soldi proprio per i locali del futuro museo. E allora la domanda è consequenziale: se così stesse, che fine avrebbe fatto quella somma non spesa? Il contratto di comodato trentennale fra Provincia di Arezzo e Cral Buitoni viene perfezionato con la determinazione dirigenziale del 2 ottobre 2014 e con il successivo contratto del 30 ottobre, in base al quale il Cral è soggetto comodatario, purchè i locali vengano adibiti a museo di archeologia industriale della Buitoni. Quali gli oneri del Cral Buitoni? La custodia della porzione di immobile con l’ordinaria “diligenza del buon padre di famiglia” e le spese per la manutenzione ordinaria e per le utenze (acqua, gas, energia, telefono ecc.), mentre la manutenzione straordinaria rimane a carico della Provincia. Ovviamente, il Cral dovrà concordare con la Provincia l’effettuazione dei lavori di adeguamento delle porzioni di immobile per le quali dovrà essere rilasciata l’autorizzazione. Operazione preliminare: lo sgombero dei materiali, degli scarti e dei detriti accumulatisi nei locali in cui dovrebbe sorgere il museo. E qui, ecco un’altra sorpresa: non appena quelli del Cral vanno ad aprire il portone dei locali, si ritrovano l’ingresso murato con una parete di forati, che viene buttata giù. Non solo: i vani sono ancora puntellati, perché evidentemente vi sono problemi di sicurezza. Il Cral Buitoni non indugia e nel gennaio del 2016 invia al Comune, attraverso una raccomandata a mani dell’allora presidente Paolo Nocentini, la comunicazione di fine lavori con la fattura dell’azienda biturgense che li ha eseguiti, il cui importo imponibile è di 3585,75 euro, che diventano 4374,62 con il 22% di Iva. E il Comune regolarmente paga. Dal gennaio al maggio del 2016: il presidente Nocentini scrive un’altra raccomandata a mani avente per oggetto gli interventi di ripristino strutturale, la finitura delle porzioni di edificio in concessione e quelle che il Cral ha chiesto in estensione di uso funzionale alle aree museali. Quindi, una richiesta di maggiori spazi per il museo. Nello specifico, al Comune vengono inviate quattro tavole delle piante di Palazzo Muglioni ai quattro livelli utilizzabili (piano seminterrato con il terrapieno-giardino, piano terra rialzato, parte inutilizzata del primo piano e parte inutilizzata del secondo). Vi sono poi altre quattro tavole con l’individuazione di una utilizzazione effettuata dal consorzio Cresp per la riparazione dei danni provocati dal terremoto dell’ottobre 1997, con previsione di modifiche e inserimento di una scala esterna con ascensore da collocare a contatto con l’edificio sul versante ovest. Sull’onda lunga del 190esimo anniversario della fondazione, celebrato nel 2017 con una mostra fotografica (e di altro materiale) a Palazzo Inghirami, sembra essere finalmente arrivata la volta buona – persino quella decisiva – per dare corpo al grande obiettivo. Il geometra Alighiero Angioloni, responsabile della progettazione, elenca tuttavia la serie di operazioni preliminari da fare: reperibilità dei finanziamenti, consolidamento dell’edificio e creazione della parte nuova, quella dell’accesso, con il giardino destinato a fungere da appendice esterna e primo piano riservato a una sezione specifica, collegata con l’istituto alberghiero di Caprese Michelangelo per le preparazioni culinarie con i prodotti Buitoni. Un museo che dovrà nascere dal basso e non calato dall’alto, nel senso che dovrà far leva sull’aiuto e sull’orgoglio dei cittadini. Quell’orgoglio tipico dei dipendenti della vecchia generazione, che persino ostentavano il fatto di lavorare nella grande azienda di Sansepolcro; oggi probabilmente non è più così e quindi determinate “corde” appaiono meno sensibili, tanto che a portare avanti la battaglia – in una fase di stallo che francamente appare poco rassicurante per la riuscita del progetto – è rimasta la vecchia dirigenza del Cral, quella dei “viscerali”, che avevano chiesto anche un ripristino dell’evento legato alla pasta, magari arricchendo quello andato in scena a Sansepolcro soltanto un paio di volte una decina di anni fa. Già, il Cral Buitoni; ma se adesso il tutto è passato in mano a Newlat, quale posizione ufficiale occupa il circolo ricreativo e come deve essere configurato? Altra questione da chiarire.
Passano gli anni (sono quasi sette quelli trascorsi dalla stipula dell’accordo di comodato), ma il museo di archeologia industriale della Buitoni non decolla. Anzi, rischia semmai il contrario. È cronaca la recente la presa di posizione dell’ex presidente Paolo Nocentini, che lancia l’allarme perché nel frattempo sono per giunta crollati sette gradini in pietra arenaria della scalinata esterna. Il disinteresse sembra regnare sovrano nei confronti di un progetto che dovrebbe invece costituire il fiore all’occhiello della città ed è questo il risvolto che più di ogni altro preoccupa, in quanto sintomo di un orgoglio biturgense che stenta nel manifestarsi. Se andiamo a ben vedere la situazione attuale di Palazzo Muglioni, emerge che - oltre al Centro per l’Impiego – in quell’immobile opera anche l’associazione CasermArcheologica, impegnata in quella che viene definita “architettura di comunità”. Nei suoi programmi, c’è ora anche un lavoro, già iniziato, consistente in una raccolta di testimonianze di persone che hanno lavorato alla Buitoni, espressione della vita che si svolgeva dentro e fuori la fabbrica. È un modo di fare storia apprezzabile – peraltro in collaborazione con il Cral – così come lodevoli (lo ripetiamo) sono stati i volumi scritti in questi anni sulla Buitoni da storici e appassionati, che vi hanno profuso conoscenze, professionalità e cuore. Ma un museo è un qualcosa di particolare e forte: non a caso, le aziende italiane più prestigiose – di qualsiasi settore esse siano – nella città di origine possiedono tutte un luogo celebrativo, che immancabilmente finisce, spesse volte, con l’essere visitato anche più delle collezioni d’arte. La stessa cosa – di questo siamo certi – varrebbe anche per la Buitoni, se non altro perché ai tempi d’oro la sua pasta, i suoi biscotti Nipiol e i suoi omogeneizzati sono entrati in tutte le famiglie italiane. A Sansepolcro, tuttavia, riesce a diventare impossibile anche ciò che dovrebbe apparire non solo logico e scontato, ma addirittura doveroso, perché “carta canta” e gli accordi fra Provincia, Comune e Cral non danno adito a equivoci. I “borghesi”, che saranno pure apatici (come sostiene qualcuno), non dicono “no” al museo; il vecchio direttivo del Cral continua ovviamente a perorare la causa perché da esso è partita l’idea e quindi, per esclusione, occorre adesso capire in che modo vogliono regolarsi il Comune di Sansepolcro e gli attuali vertici del circolo, che – a quanto risulta – nutrirebbero qualche riserva sul museo. Per quale motivo? Viene in automatico da chiederselo, ma al di là di ciò – e anche perché i dieci rimanenti anni di comodato sono assai meno lunghi di quanto possa sembrare – è opportuno giocare a carte scoperte per capire chi vuole il museo e chi invece non lo vuole. Ci piacerebbe saperlo anche dalla stessa amministrazione comunale, impegnata nel restyling che dovrà trasformare via Niccolò Aggiunti nella “via dei musei”. Dopo anni di traccheggiamenti, una strada ben definita dovrà essere pure imboccata, per rispetto stesso verso i cittadini. Certamente, un “no” vorrebbe dire venir meno a patti sottoscritti “nero su bianco” e soprattutto al legittimo desiderio di una comunità che nella Buitoni ha trovato uno dei pochi elementi di identificazione. Un’occasione perduta – come già evidenziato – della quale non esisterebbe, a nostro parere, una giustificazione plausibile.
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