Opinionisti Chiara Verdini

Alimentazione: Romani vs Barbari

La civiltà del pane , vino e olio contro la civiltà della carne, latte e burro

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Il primo scontro tra modelli alimentari diversi lo abbiamo con l’arrivo dei barbari nell’Impero Romano. A scontrarsi sono il modello tendenzialmente vegetariano dei popoli civilizzati del Mediterraneo a base di olio, vino e grano con il sistema alimentare delle popolazioni definite dai romani stessi «barbari», ossia le tribù germaniche che si cibano principalmente di carne e prodotti animali come latte e formaggi. Schematismi, certo: anche i «barbari» coltivavano e consumavano cereali (da cui traevano anche la cervogia, culturalmente contrapposta al vino); anche i romani, come è noto, allevavano animali e mangiavano carne. Eppure i miti alimentari della civiltà mediterranea - la classica triade grano-vino-olio - continuano a nutrire nel profondo la cultura romana.

A queste abitudini alimentari, prettamente vegetariane, si contrappone la mitologia nordica che narra di un grande cinghiale o maiale, lo “Sæhrímnir”, delle cui carni inesauribili si nutrono guerrieri nel mondo ultraterreno, nel Valhalla. Nella mitolologia narrata dallo storico islandese Snorri Sturluson, nell'”Edda in prosa” si racconta infatti di come il maiale “Sæhrímnir” venga cucinato ogni giorno dal cuoco Andhrímnir nel calderone Eldhrimnir, e che la sera successiva sia magicamente di nuovo intero pronto per essere ancora cucinato a mangiato.

Come afferma Massimo Montanari, ordinario di storia medioevale e docente presso l’Università di Bologna al Master europeo su "Storia e cultura dell'alimentazione", questa contrapposizione tra diverse civiltà e modelli alimentari si fa sempre più particolarmente cruda e spigolosa fino a quando i rapporti di forza tra «barbari» e impero a poco a poco si invertono, rendendo difficile il processo di assimilazione e mettendo in crisi l'identità stessa della cultura e della tradizione romana, che sembra crollare di fronte all'irrompere di un «diverso» non più addomesticabile.

Al sistema di alimentazione romano si affianca un sistema nordico in qui prevale la carne, in particolare quella di maiale. Polente di frumento lasciano il posto a pappe di avena e focacce d’orzo, l’olio al lardo e al burro. Come bevande si scelgono latte di giumenta, sidro derivato dalla fermentazione di frutti selvatici e la cervogia (specie di birra fatta con orzo o avena fermentati).

La tensione drammatica di vicende politiche e sociali trova riscontro e si rispecchia perfettamente nella contrapposizione di modelli alimentari che le fonti romane dell'epoca mettono in luce: soprattutto le biografie degli imperatori del III e IV secolo, raccolte nella cosiddetta “Historia Augusta”. I «veri» romani vi appaiono orgogliosamente affezionati al consumo dei prodotti della terra: cereali, legumi, verdure, frutta. I «barbari» si manifestano come divoratori di carne che disprezzano gli alimenti vegetali.

Massimo “il Trace”, primo imperatore romano di origini barbare, per esempio, è presentato come un uomo dall’aspetto gigantesco, grande mangiatore di carne che si vantava di non aver mai assaggiato ortaggi. Dalle fonti storiche si ricava che l'aspetto dell'imperatore fosse spaventoso, dotato di una forza sovrumana, e di un'altezza fuori del comune. Egli è uno dei tanti modelli ideologici rappresentativi dello scontro delle due civiltà. I valori dei nuovi conquistatori son legati ad una visione del potere rappresentato dalla forza fisica, dal vigore e dalla capacità di combattere che si rispecchia nel consumo di carne, fonte di potenza ed energia.

La carne diventa così il valore alimentare per eccellenza: nell’Epistola “De observatione ciborum” scritta da Antimo (medico greco di origine ma vissuto alla Corte di Teodorico, Re dei Goti), il capitolo più lungo è dedicato al lardo.

Antimo dedica anche una considerazione alle carni crude e consiglia di evitare il più possibile il consumo, poiché i cibi ben cotti sono più facilmente digeribili. La carne, come abbiamo visto, era un simbolo di grandezza, lo strumento per avere forza fisica, vigore, capacità di combattere; non consumare carne era segno di umiliazione e di emarginazione dalla società dei “forti”.

Lo scontro, però, nei secoli successivi, pare in qualche modo ricomporsi, attraverso un complesso fenomeno di integrazione che costituisce una delle più efficaci chiavi di lettura per comprendere il passaggio dall'età antica alla medievale quando si afferma una nuova cultura che vede nella compresenza di pane e carne (dei prodotti vegetali e dei prodotti animali) il modello perfetto di regime alimentare.

Chiara Verdini
© Riproduzione riservata
16/11/2020 09:03:44

Chiara Verdini

Chiara Verdini - La passione per la cucina mi è stata trasmessa dalla mia nonna e dalla mia mamma, abilissime cuoche, ma, per la mia idea di cucina, talvolta troppo rispettose della tradizione. Dai loro insegnamenti, dai consigli delle amiche, dalla lettura di libri di cucina e di quelli che trattano dei rapporti tra alimentazione e salute è un continuo apprendere nozioni che mi aiutano ad elaborare e sperimentare ricette. Ricette semplici. La semplicità e la protagonista di tanti aspetti della mia vita. Una laurea triennale in “Tecnica di Laboratorio” prima, e una specialistica in “Scienze delle professioni sanitarie tecniche diagnostiche” poi, mi hanno permesso di svolgere la professione da tanto tempo e, da qualche anno, dopo esperienze in più regioni d’Italia, nell’azienda Usl Toscana Sud Est. Nel lavoro e in cucina con la stessa passione, curiosità ed attenzione. In fondo in cucina è tutta una questione di alchimia che nasce dalla consapevolezza dell’importanza di utilizzare ingredienti sani e dalla improvvisa ispirazione.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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