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Intervista a Ferrer Vannetti imprenditore di successo e uomo di punta di Confartigianato

“L’artigianato è qualità: un valore che nel mondo è sempre più richiesto”

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·        Lei è presidente regionale toscano di Confartigianato: ci può fare una rapida analisi dei vari settori tra quelli che stanno soffrendo e quelli che invece sono in crescita?

“In questo periodo è difficile dare una risposta ad una domanda del genere, in quanto anche le situazioni internazionali stanno influenzando tantissimo quella che poi è la nostra realtà regionale. La Toscana è una delle Regioni più importanti per quello che riguarda la manifattura, soprattutto quella di pregio che è un settore molto particolare: noi abbiamo tante aziende di eccellenza sia nel comparto della pelletteria, dell’abbigliamento, delle calzature e abbiamo un indotto importante per quello che riguarda l’arredamento, il metalmeccanico e il farmaceutico. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione di confusione generalizzata che non permette di fare delle previsioni precise su questi settori, anche perché – ripeto – l’incidenza internazionale si è fatta sentire con tutta la guerra attuale dei dazi e tutto quello che sta comportando, non tanto come dati effettivi ma in quanto come paura che si riscontra nel mercato che influisce pesantemente anche negli scambi e negli ordini in previsione. Diciamo che abbiamo, però, al tempo stesso una certezza unica: quella di avere un settore che esprime l’eccellenza, in tutti i comparti, e l’eccellenza è qualcosa che nel mondo ha sempre un suo ruolo e una sua via di uscita importante. Questo è quello che ci deve portare poi a valorizzare ulteriormente questo aspetto, che però ci viene riconosciuto a livello internazionale”.

·        In questa analisi da Lei fatta, ci sono differenze per le aziende della provincia di Arezzo e la Valtiberina?

“Diciamo che non ci sono differenze eclatanti. La Valtiberina è sempre stata una zona con una grandissima imprenditorialità e lo si è visto anche nel passato con la nascita nella nostra zona di aziende che sono poi diventate di rilievo internazionale. Le abbiamo tutt’oggi, anche se ovviamente subiscono quella che è poi una flessione generale dei vari settori; diciamo che da noi una cosa importante è quella legata più alle infrastrutture. Essere una espressione aretina oggi ed essere Valtiberina, magari risente più di questo aspetto legato ai collegamenti: è più facile farla dove sono più immediati e dove c’è una situazione più di attenzione rispetto proprio alla possibilità di comunicare con il resto del mondo. Sansepolcro per certi versi ha delle grandissime possibilità che però ancora oggi sono abbastanza inespresse: vediamo le vie di comunicazioni stesse che comunque negli anni continuano ad essere abbastanza minate delle difficoltà, sia per quello che riguarda le strade tanto più la ferroviaria che ad oggi se ne sta parlando ma non esiste”.

·        Negli ultimi dieci anni l’artigianato si sono perse circa 500mila imprese, quali sono secondo lei le cause principali?

“Per prima cosa non enfatizzerei questa caduta dell’artigianato, io parlerei più di una trasformazione dell’artigianato. Anche perché l’impresa artigiana non è più quella che identificavamo una volta, nell’attività tutto sommato raccolta che era legata ad un lavoro di zona; oggi ci sono imprese artigiane strutturate che hanno cambiato pelle e si sono trasformate in aziende industriali, anche di importanza notevole. Poi bisogna vedere cosa intendiamo quando parliamo di artigianato, perché oggi confluiscono tante aziende che alle volte sono più indicate per altri comparti; c’è una distanza molto labile tra quello che consideriamo artigianato e quello che consideriamo commercio o attività agricola. Diciamo che i confini vanno ridefiniti perché probabilmente se noi avessimo una consapevolezza più moderna di quello che oggi l’artigianato comporta, forse i numeri non sarebbero quelli che vengono rappresentanti in questo momento bensì molto superiori”.

·        Quali sono i mestieri che stanno scomparendo?

“Anche in questo senso bisogna fare molta attenzione. Noi stiamo andando verso una consapevolezza diversa che è quella del riuso, se vogliamo un po’ in controtendenza a quello che la mia generazione – per esempio – ha vissuto negli ultimi periodi; ovvero, un consumismo sfrenato che mirava più alla quantità delle merci rispetto alla sua qualità. Forse il ritorno ad una maggiore consapevolezza, che diventa consapevolezza ambientale o del risparmio energetico: questo non vuol dire una decrescita felice, ma anche una maggiore consapevolezza di tutti quelli che sono i prodotti che ognuno di noi poi è portato ad acquistare e utilizzare. In questo il mondo dell’artigianato, che ha sempre fatto un prodotto non di mercificazione quantitativa ma ha sempre contato su un prodotto tendente a rappresentare l’alta qualità del materiale, forse ne esce anche rafforzato. La tendenza al consumismo è qualcosa che è stato fortemente spinto dalla grande distribuzione, che non ha niente a che vedere con l’artigianato: l’artigianato è qualità e la qualità è un valore che ad oggi nel mondo è sempre più richiesto”.

·        Perché i giovani non sono disposti a intraprendere carriere artigianali?

“Diciamo che questo è vero fino a un certo punto. Ci sono degli studi in cui si vede oggi che una grande quantità di giovani – si sta parlando di una percentuale di oltre il 30% - è estremamente interessato all’attività artigianale, anche perché la consapevolezza di una sostenibilità ambientale porta molti giovani a interrogarsi sui percorsi da svolgere. Essere artigiano oggi significa anche fare una scelta oculata, se vogliamo anche di libertà; non essere un numero, ma essere un primo attore nella propria vita. Cercare di poter incentrare nelle proprie capacità e creatività ma anche iniziativa, un progetto di vita che poi diventerà un progetto familiare. La vita di un artigiano non è solo economia, si integra con quella familiare e sociale. Fare l’artigiano oggi diventa davvero essere attore di un territorio e soprattutto rappresentare quell’attaccamento che molte altre attività non hanno. Forse andrebbe fatto conoscere meglio come in Confartigianato è in corso una campagna mediatica davvero importante”.

·        Cosa si sente di dire a quegli imprenditori che decidono di chiudere la Partita Iva e rimanere nel mercato del lavoro come dipendenti?

“Scelte di questo genere molto spesso possono essere condizionate da tanti fattori, non dimentichiamoci quella che è stata la pandemia di recente, che hanno fiaccato tanti imprenditori perché un conto era avere il cosiddetto posto fisso come viene evocato anche in tanti racconti televisivi, un conto è essere effettivamente in balia di una situazione in cui tu fai il trapezista senza rete di sicurezza. Di fatto poi è questo. L’imprenditore che sceglie questa strada di libertà ha dalla sua la libertà di non avere un limite in quello che vuole realizzare, ma ha anche la responsabilità di addossarsi i periodi delle vacche magre. Quelli periodicamente possono susseguirsi. Diciamo che una situazione storica come quella che abbiamo vissuto recentemente, qualche animo lo fiacca sicuramente. Ma c’è anche un aspetto importante, il fatto di aver compiuto un passo in avanti importante in chiave di digitalizzazione: essere riusciti a far conoscere l’artigiano e il suo prodotto ad una platea ben più ampia”.

·        Ad Anghiari e Sansepolcro avevamo delle scuole che hanno forgiato tantissimi artigiani, in particolare nel comparto orafo e del legno. Oggi la scuola di Anghiari è andata in chiusura e quella di Sansepolcro sta soffrendo. Esiste secondo lei un modo per rigenerare queste strutture?

“Nel comparto artigiano si stanno facendo tante iniziative, dalla scuola artigiana ai maestri artigiani, che tendono a riportare l’insegnamento nelle botteghe come succedeva oltre mille anni fa. Il ragazzo andava nelle botteghe, imparava un mestiere ed evolveva creando per impollinazione un indotto tutto attorno. Questo se lo lasciamo alla casualità della libera iniziativa è un conto, una scuola come esisteva ad Anghiari e a Sansepolcro era invece un esempio virtuoso di come anche una condotta pubblica, un’amministrazione pubblica in questo caso quella scolastica e statale, potesse dare un input davvero importante. Noi abbiamo perso nel tempo questi aspetti, o li abbiamo forse in un certo periodo minimizzati inseguendo forse un sogno diverso che molti stanno spacciando ancora oggi in maniera secondo me poco sensata, del fatto che piccolo è brutto e che grande è bello. C’è stato questo modello che per tanti anni è stato portato avanti e che oggi si torna a mettere in discussione. Per troppi anni ci siamo ispirati ad un modello che non era il nostro bensì quello americano o della grande impresa quando invece non abbiamo capito che ogni paese ha le sue peculiarità e la nostra è proprio quella di una diversità assoluta che non si ripete altrove; è un valore da difendere, da custodire e da esaltare. Ben venga, se sarà questa la scelta del Governo, di credere in questo assetto”.

·        Lei è presidente di Arezzo Fiere e Congressi, ci può dire cosa ha trovato quando si è insediato e quello che è cambiato in questi anni?

“Premetto che per me Arezzo Fiere è stata una grande sfida. Sono stato nominato presidente ed è una cosa che all’epoca mi ha fatto molto piacere e che mi ha indotto ad accettare quel ruolo: prima di tutto ho trovato la convergenza di tutto il mondo associativo aretino, che mi ha votato all’unanimità e indicato come persona preposta a ricoprire quel ruolo. Era un ruolo difficile, lo è ancora oggi per certi aspetti. Però ho trovato una situazione che subiva diverse criticità, ma ho avuto l’enorme fortuna di avere un ottimo rapporto con la dottoressa Sandra Bianchi che era stata preposta dalla Regione Toscana già in forma di commissario prima del mio intervento, e che aveva già iniziato un lavoro di forte risanamento della struttura. Poi ho avuto la fortuna di avere insediato un cda dove ho la Ginetta Menchetti per quanto riguarda la nomina della Regione, mentre l’avvocato Alessandra Giosef per la nomina che arriva dal Comune e Provincia di Arezzo. Abbiamo un sindaco revisore che è Gino Faralli e con questa squadra abbiamo lavorato in completa armonia e non è una cosa scontata; negli anni c’erano stati molti attriti tra le varie partecipazioni e espressioni. Noi abbiamo ritrovato un equilibrio e un accordo che ha portato a mettere in campo una politica uniforme che era basata sia sul risanamento, ma anche sul rilancio dell’attività. Sono quindi stati implementati gli appuntamenti fieristici e non solo, porteranno a brevissimi appuntamenti sia musicali che sportivi all’interno dello stabile. Per fare questo è stato necessario un grande lavoro di riqualificazione dell’intero immobile, lavoro che seppur contando su risorse limitate, siamo riusciti a portare avanti e mettere in campo. Siamo alla vigilia di un accordo parasociale, che verrà firmato tra pochi giorni, che trasformerà Arezzo Fiere e Congressi da società partecipata a società controllata con una interazione più decisa da parte dei soci”.

·        Quali sono i progetti o le mostre in cantiere per il Polo Fieristico aretino?

“OroArezzo è alle porte, seppure non sia più un’attività diretta di Arezzo Fiere e Congressi perché è stata ceduta a IEG seppure stia lavorando in perfetto equilibrio con noi e abbiamo tutto l’interesse che resti poiché, quello aretino, è forse il comparto orafo più importante d’Italia. Stiamo facendo un grande lavoro di rilancio per Agri e Tour, la quale va avanti da alcune decine di anni seppure per un periodo si era leggermente appannata come ritorno e immagine: nell’ultimo biennio è stato iniziato un cammino che gradualmente la sta riportando all’importanza che merita, come prima fiera italiana del settore. Abbiamo intorno a 46 eventi annuali: ricordo di recente anche l’evento legato al mondo dell’arte, per la prima volta le gallerie d’arte hanno esposto opere all’interno di Arezzo Fiere e Congressi; posso anticipare che sarà un evento che si ripeterà”.

·        Quanto è importante per l’economia aretina avere in città un centro fiere?

“L’obiettivo è quello di riportare la struttura di Arezzo Fiere e Congressi a un’assoluta centralità rispetto alla città e al territorio. Se in alcuni anni poteva essere individuato come un costo per la comunità, o uno scatolone che spesso e volentieri rimaneva vuoto, di fatto non è quello che deve rappresentare bensì una opportunità per l’intero territorio per quello che riusciamo a far circolare al suo interno. Ed è un moltiplicatore da applicare al territorio perché tutte le attività che vengono proposte al suo interno, le centinaia di migliaia di persone che ruotano in anno in quella struttura, rappresentano comunque risorse che poi vengono spese nel territorio ma soprattutto un biglietto da visita di un territorio e di una città bellissima com’è Arezzo. È una forma di promozione e di spirale virtuoso il rimettere in funzione un’attività del genere che non può far altro che esaltare le potenzialità che ha e deve dimostrare di avere”.

·        Domanda finale: cosa risponde a chi dice che le categorie economiche negli ultimi anni hanno diminuito la parte sindacale e si sono concentrati sui servizi?

“Non è che è stata diminuita l’attività sindacale, io direi che le associazioni economiche hanno mantenuto e rafforzato l’attività sindacale e hanno rafforzato in maniera forse più diretta anche quelli che sono i servizi. C’è un motivo però, perché strutture comunque che operano con centinaia di persone tra specialisti e addetti non possono mantenersi solo con l’attività sindacale. Quindi devono avere un’attività legata ai servizi dove viene dato qualcosa di immediatamente tangibile alla propria utenza, facendolo pagare con un importo molto spesso calmierato, ma che al tempo stesso va a finanziare tutta quella parte dell’azione sindacale che molta gente considera poco oppure non si rende conto si quello che è la sua consistenza effettiva. Soprattutto negli ultimi anni l’attività sindacale della Confartigianato è diventata estremamente importante poiché ha la possibilità di interagire nei tavoli dove si prendono le decisioni: è stata ed è presente in maniera puntuale e decisa in tutti gli importanti snodi che ci sono stati a livello decisionale nei vari comparti che poi hanno interessato la vita quotidiana delle imprese; ha interagito con Governo e amministrazioni, lo ha fatto ai massimi livelli riportando risultati tangibili molto più di altre associazioni o strutture”.

Redazione
© Riproduzione riservata
28/05/2025 08:31:16


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