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L’Hubris ci salverà: perché l’arroganza dell’uomo può impedire il collasso globale

Trump, il Nobel e la pace: una coperta di cinismo e vanità

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Nel teatro incandescente della storia umana, l’hubris — l’arroganza eccessiva, la superbia che sfida i limiti imposti dalla realtà o dagli dei — è stata spesso vista come una forza distruttiva. Ma cosa succede se, in un paradosso solo apparentemente assurdo, proprio l’hubris finisce per salvarci? Se proprio il desiderio di autocelebrazione, la voglia disperata di essere ricordati come “grandi”, diventasse il freno che evita la catastrofe?

Trump, il Nobel e la pace: una coperta di cinismo e vanità

Ieri, in un momento che potrebbe sembrare satira se non fosse cronaca, è stata fatta una “coperta” — termine affettuoso per un’intuizione improvvisa — che mette insieme geopolitica, psicologia del potere e aspirazioni personali. Donald Trump vuole il Nobel per la Pace. Come Obama. Forse anche più di Obama. E per ottenerlo ha capito che dovrà passare dalla porta stretta della diplomazia: dovrà fare la pace.

Ma non una pace qualunque: una che tenga dentro l’Europa, che salvi quanto più possibile dell’Ucraina, che possa essere venduta come trionfo personale e globale insieme. È un’ipotesi solo apparentemente ironica. Se la vanità di un uomo può portare alla fine di una guerra, ben venga. Se la sua necessità di entrare nei libri di storia in lettere d’oro può tradursi in cessate il fuoco e trattati, l’hubris, in questo caso, diventa uno strumento di salvezza.

L’hubris di Cameron e Johnson: quando l’arroganza genera tempeste

Per capire il doppio volto dell’hubris, guardiamo al passato recente: David Cameron, con il referendum sulla Brexit, pensava di mettere a tacere gli euroscettici interni al partito. Sottovalutò la portata del dissenso e sopravvalutò la propria influenza. Risultato: la Brexit passò, e lui fu costretto a dimettersi.

Ma l’hubris non si fermò lì: Boris Johnson, uomo di grande talento retorico e ambizione smisurata, cavalcò il caos. Non per convinzione ideologica, ma per opportunità personale. E vinse. Ma vinse anche una responsabilità ingestibile, che oggi pesa sulle spalle del Regno Unito con forza sempre maggiore.

Dalla Storia antica a quella moderna: il peso dell’hubris nei destini umani

L’hubris è protagonista fin dai tempi dell’Iliade. Achille, Ulisse, ma anche Alessandro Magno, Napoleone, Hitler: tutti uomini consumati dalla convinzione di essere al di sopra delle regole. Eppure, se osserviamo bene, non tutti gli episodi di hubris finiscono in tragedia. Roosevelt, ad esempio, aveva un’enorme fiducia nel proprio destino e nel ruolo dell’America nel mondo. E fu questa spinta personale, non sempre umile, a guidare la rinascita del mondo occidentale dopo la Seconda guerra mondiale.

Oggi ci troviamo su un crinale simile. Guerre in corso, crisi climatiche, collasso istituzionale in molte aree del pianeta. Eppure, se i grandi attori sulla scena globale decidessero di “fare la storia”, non per altruismo, ma per gloria personale, forse potremmo evitare il peggio.

Conclusione: Prendiamoci meno sul serio, ma prendiamo sul serio l’hubris

In fondo, l’ironia di tutto questo è che l’unico modo per sopravvivere come specie potrebbe essere accettare quanto siamo vanitosi. Non prenderci troppo sul serio ci salva dal fanatismo. Ma prendere sul serio la vanità dei potenti può essere la chiave per prevedere le mosse che cambieranno il mondo.

Quindi, mentre ridiamo dell’idea di Trump con il Nobel, forse è proprio lì che dovremmo guardare: non per giudicare, ma per capire. Perché a volte, quando la storia sembra una farsa, è il momento in cui inizia davvero a scriversi.

Maurizio Bragagni
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22/03/2025 08:33:49

Maurizio Bragagni

Maurizio Bragagni è laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Pisa, Master in Business Administration alla Cass Business School, City London University, specializzando a Cambridge in Sutainable Stategy ed Chartered Director of the Institute Director of London, Dottorato Honoris Causa in Economia Politica conferito dalla Bolton University. Il dottor Maurizio Bragagni è Visiting professor alla Bolton, Manchester University, in Leadership, ed è Honorary Senior Visiting Fellow of The Bayes Business School (formerly Cass), the City University of London in management. Maurizio Bragagni è sempre stato impegnato nel dialogo tra nazioni, e nel promuovere la Pace e l’uguaglianza tra le nazioni. Nel 2018 gli è stato conferito O.M.R.I., Cavaliere al Merito della Repubblica Italiano dal Presidente Mattarella, per aver aiutato il dialogo tra Italia e Regno Unito durante la Brexit. Nel 2021 è stato nominato Officer British Empire dalla Regina Elisabetta II (Elizabeth the Great), e nel 2022 la Repubblica di San Marino gli conferisce il Cavalierato col grado di Grand Ufficiale dell’Ordine di San Agata per aver aiutato la Repubblica durante la Pandemia del Covid (Awards). Il dottor Maurizio Bragagni è direttore della Tratos UK Ltd, Freeman della City, Fellow della Society of Leadership Fellows at St George’s House, Windsor Castle,e Fellow della The Royal Society for Arts, Manufactures and Commerce (RCA), presidente della Fondazione Esharelife con cui aiuta più di 3000 bambini, in maggioranza bambine e mussulmane ad uscire dalla povertà. Il dottor Maurizio Bragagni è autore di diversi libri From Roman Invasion to unshakable Bond: The Ango Italian Relationship: A Constant Renaissance, Brexit Business Better Britain, Insight to Hindsight.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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