Osteoartrosi: nuove tecniche mininvasive per il controllo del dolore del ginocchio
Il nuovo trattamento viene eseguito al San Donato di Arezzo dal dr. Pasquale Petruzzi
Controllare e ridurre il dolore da osteoartrosi attraverso l’impiego di tecniche innovative mininvasive. Sono quelle eseguite all’ospedale San Donato di Arezzo dall’equipe del dr. Pasquale Petruzzi, responsabile della UOSD di Radiologia Vascolare e Interventistica del presidio ospedaliero aretino.
«Si tratta di una tecnica basata sul trattamento embolizzante del circolo infiammatorio che è sicura ed efficace nel controllo della sintomatologia dolorosa da osteoartosi» spiega il dr. Pasquale Petruzzi.
L'osteoartrosi (OA) è una delle principali cause di disabilità e in Italia affligge oltre 4 milioni di persone, soprattutto donne di età superiore ai 60 anni ed è destinata a diventare predominante nei prossimi anni visto l’invecchiamento progressivo della popolazione.
Il dolore cronico da osteoartrosi del ginocchio è quello più diffuso e attualmente non esiste terapia curativa o trattamenti che possono ritardare la progressione della malattia. La protesica totale o parziale di ginocchio è l’intervento di scelta per pazienti con grave osteoartrosi del ginocchio e dolore refrattario alla terapia medica o conservativa.
«Prima di ricorrere alla chirurgia protesica – dice il dr. Pasquale Petruzzi - da pochi anni è disponibile un nuovo tipo di intervento mininvasivo per trattare il dolore cronico da osteoartrosi e che consiste nella chiusura parziale mediante la tecnica di embolizzazione selettiva del circolo infiammatorio a livello del ginocchio, che può essere impiegato anche in altri distretti articolari quali anca, caviglia, spalla. Per ridurre il dolore e l’infiammazione al ginocchio interveniamo con l'embolizzazione delle arterie genicolate (GAE), cioè quelle arterie che irrorano le strutture ossee, cartilaginee e tendine del ginocchio. Questo intervento rappresenta la nuova terapia in quei pazienti non ancora idonei alla chirurgia oppure che vogliono sottoporsi ad un intervento protesico, sicuramente più invasivo, più tardi possibile. Il sollievo dal dolore inizia in genere a manifestarsi due settimane dopo la procedura e i benefici sui sintomi sono visibili nei pazienti con osteoartrosi da lieve a moderata mentre si registra una minore efficacia nella forma grave».
«Gli studi – prosegue il dr. Petruzzi - hanno evidenziato la sicurezza e l'efficacia, a breve e medio termine, dell’embolizzazione dell’arteria genicolare (GAE) eseguita, in genere, in pazienti con dolore al ginocchio da osteoartrosi che non risponde alle terapie conservative come il controllo del peso, la terapia fisica, la cognitivo-comportamentale, l’agopuntura, l’utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) topici e/o orali, glucocorticoidi intra-articolari o iniezioni di gel o acido ialuronico, paracetamolo, tramadolo e/o ablazione nervosa a radiofrequenza».
La valutazione dei pazienti viene fatta grazie un esame RX eseguito sotto carico, cioè in piedi, che consente di valutare l’estensione di malattia. La risonanza magnetica (RM) del ginocchio può essere presa in considerazione per valutare lesioni strutturali come fratture, lesioni legamentose o meniscali ma non viene eseguita di routine nelle persone con osteoartrosi del ginocchio.
«Il trattamento viene eseguito in anestesia locale – prosegue il dr. Petruzzi – e consiste nella puntura arteriosa dell’arteria femorale comune: l’intervento viene effettuato con un ricovero breve (una notte in ospedale) o in regime di Day Hospital».
Ci sono pazienti per i quali non è consigliabile questo tipo di trattamento? «Non possono essere sottoposti a trattamento embolizzante – continua il dr. Petruzzi - i pazienti con grave malattia arteriosa periferica, infezione attiva o sospetta del ginocchio: l'embolizzazione non fornirebbe beneficio in caso di infezione e potrebbe esacerbare i sintomi infettivi. Inoltre tali interventi vanno eseguiti con una certa attenzione in caso di disfunzione renale e quelli con anamnesi di fibromialgia».
«Dopo qualche ora di osservazione, al massimo una notte in ospedale, il paziente viene dimesso – conclude Petruzzi –. Per il controllo successivo e la valutazione dell’efficacia del trattamento ci affidiamo alla telemedicina che, attraverso un contatto mail, permette ai pazienti di chiedere delucidazioni ed assistenza. In generale la sintomatologia dolorosa regredisce nel giro di due settimana e può durare oltre un anno. La procedura è ripetibile ma non è consigliabile eseguire un nuovo trattamento entro i 4 mesi dal primo».
Per info: teleradiologiainterventistica.ar@uslsudest.toscana.it
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