Opinionisti Giorgio Ciofini

Mezzi aretini, oppure?

Sono fitti come il panico.

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Secondo Sgarbi chi non ha visto l’opera di Piero in San Francesco è un mezzo italiano. Qui si dimostra che i mezzi aretini sono fitti come il panico. 

Mezzi aretini, oppure?

         Scrisse il Carducci che basterebbe Arezzo alla gloria d’Italia e Sgarbi, l’altro giorno, cià rinsoprellato affermando che, chi non ha visto l’opera di Piero, in San Francesco, non è ‘n italiano intero, ma mezzo al più. Forse hanno esagerato tutti due ‘n briccichino e è bene non montarci ‘l capo, anche s’è un pericolo che, ‘n tutta ‘Rezzo, corron cinque o sei. L’aretini, su ‘ste facende, ci sono sempre andati coi piedi di piombo, quando ci sono andati, perché il più delle volte sono armasti tappati ‘n casa, come quando c’era i tedeschi e ‘l coprifoco doc. Del resto fori de casa, oramai, son tutti de loro e non trovi più ‘na panchina libera, manco a pagalla oro. A proposito. L’altro giorno, a Telentruglia, ho sintito il Rossi, quello che fa il governatore, che pare ‘l prete Pero: ha detto che la Regione regalerà cinque chili d’oro per ogni novo assunto. Il giorno dopo, a’la Camera di Commercio, la fila d’aspiranti ’mprenditori arivava da via Giotto al casello di Battifolle. Ma era tutta gente venuta dal Valdarno, ‘n do’ aboccon come lucci e han le gambe gialle. L’aretino, lo sanno anch’i sassi, pende verso la Val di Chiana e ci volle tutto ‘l genio del Fossombroni, per mandare l’acqua a’linsù e bonificalla. In quella fertile vallata sono piantate le nostre radici, com’i rapi, i cocomeri e ‘l grande Olmo, abbattuto per spregio dai senesi alle Giostre del Toppo. D’altronde lì sotto ha dormito, per centomila anni, il primo aretino che fu risvegliato dai lavori per la Direttissima. Di qua da ‘n do’ l’Arno ci torce il muso, semmai, s’esagera a’ l’incontrario: non ci si fida neanche della mamma. ‘Nsomma si fa come a Gorgonzola ‘n formaggio coi bachi, ch’è squisito da quanto puzza e un se dice a nessuno, sennò un ce tocca. Non si vol condividere manco ‘na mullica, a meno che non arivi da Lampedusa. Ci piacion colorati e quelli si moltiplicano com’i pesci, que’la volta, nel lago di Tiberiade. D’altronde ‘n Europa un li vogliono e così artornano tutti ‘ndo fan come gli pare. A’Rezzo non c’è via di mezzo: o sono colorati e diventano stanzziali, o fuggono a razzo. Perciò è nato il turismo mordi e fuggi, oramai più tipico della panzanella. Una volta, almeno, s’andava tutti a’la Fiera del Mestolo, o a quella dell’Annunziata. Ma oggi che le stagioni sono sparite, ce se ‘ngolfa ai giardini del Porcinai, per fasse friggere dal Marinoni, ‘n quei calderoni mezzi teutonici e mezzi esotici, ‘n do’ cociono i Wurstel co’ l’olio del Perù e si mangia anche l’insetti, ritti e pigiati come le sardine. Caro Sgarbi, salvo cinque o sei, Piero della Francesca qui un si sa manco chi è. Veniamo dalla coltura e siamo annergici ai pollini della cultura. ‘Nsomma, per noialtri, il Carducci potrebbe essere un ex di Forza Italia e lei ‘n poeta del Risorgimento. A ‘Rezzo più Piero della Francesca, si conosce Piero Mancini. Mezzi aretini? Comunque meglio che tutti scemi come la gran parte de l’omini, che popolano l’Italia nostra e il Mondo intero.

Redazione
© Riproduzione riservata
03/07/2021 07:34:22

Giorgio Ciofini

Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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