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Liceo artistico di Anghiari: una colonna che si sbriciola

Tanti "brodini" ma di concreto assolutamente nulla

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Quale futuro per il liceo artistico di Anghiari? Una domanda che continua a rimbalzare con insistenza fra gli stretti vicoli della patria di Baldaccio. Liceo artistico ufficialmente, seppure per gli anghiaresi - ma anche per i cittadini della Valtiberina – rimanga sempre l'istituto statale d'arte. Un luogo che nel corso degli anni è stato in grado di sfornare tanti maestri artigiani: la scuola anghiarese era molto conosciuta soprattutto per le tecniche di lavorazione del legno, nonostante con il trascorrere del tempo siano stati inseriti altri indirizzi. L'istituto ha subito negli anni un lento declino fino ai giorni d'oggi, con le cause che possono essere le più variegate: sicuramente, sono mancati il rinnovamento e lo stare costantemente al passo con i tempi; oggi si lavora con macchine a controllo numerico e non più con quelle tradizionali presenti nella scuola, ma sicuramente ha inciso anche la "moda". Oggi le famiglie chiedono ai loro figli di andare tutti dietro una scrivania, andando a lavorare in giacca e cravatta e non ad imparare un mestiere, in particolare una professione artigianale. Quindi ci ritroviamo con i licei (quelli tradizionali) che abbondano di iscritti e con scuole come queste in profonda crisi. Chiudiamo la nostra introduzione con la domanda che avevamo posto all'inizio: quale futuro per questa scuola? Siamo di fronte a una scelta sicuramente forte da fare, ponderata e che ha bisogno delle giuste valutazioni. Si parla di un possibile convitto, quando poi gli studenti sono poco più di una manciata. Un fiore che rischia ora veramente di appassire e un lavoro certosino, svolto in oltre cinquant'anni, che ora rischia di essere mandato all'aria.

La nascita, la salvezza in calcio d'angolo e ora?

Da qualche anno, dopo alcuni problemi con Sansepolcro, il liceo artistico di Anghiari è annesso al polo liceale delle arti di Arezzo. Sarà anche un caso ma i problemi sono iniziati proprio in questo periodo, da quando la scuola è uscita dalla Valtiberina sono crollate le iscrizioni. La scuola di Anghiari è stata un punto di riferimento indiscusso per ciò che riguarda il mondo della lavorazione del legno, nato nel 1961 (nozze d'oro quindi già alle spalle) come istituto d'arte per il restauro del mobile antico e per la tecnica dell'intarsio, grazie anche all'impegno del senatore Giuseppe Bartolomei e del professor Giuseppe Nomi. Purtroppo, però, ci troviamo di fronte alla classica situazione all'italiana. Classico. La scuola soffre, c'è carenza d'iscrizioni e solamente dopo tre anni di vuoto è stato possibile – proprio nell'anno scolastico 2017/2018 – ricostituire la prima classe. Ciò significa che attualmente, nella sede che si affaccia su piazza Mameli da una parte e sull'intera Valtiberina dall'altra, sono presenti solamente due classi: una prima e la quinta, che la prossima estate terminerà il ciclo con l'esame di maturità. A questo punto, se per l'anno scolastico 2018/2019 non dovesse essere confermata una classe prima, nell'imponente struttura del centro anghiarese rimarrebbe ancora una volta solamente una classe e con pochi studenti: della serie, sarebbe presente più personale che studenti. Una classe prima che nel mese di settembre venne accolta con una grande festa e con parole di felicitazioni espresse sia dal sindaco Alessandro Polcri che dall'onorevole aretino Marco Donati del Partito Democratico. Vennero addirittura "battezzati" come i dodici studenti della speranza coloro che avrebbero avuto l'importante, ma allo stesso tempo fin troppo delicato, compito di rilanciare il liceo artistico di Anghiari. Tutti sappiamo, però, che si tratta di una deroga forzata, ottenuta anche attraverso dinamiche politiche ad hoc. Insomma, come lo chiamano in Valtiberina, un "brodino della politica" forse promesso in campagna elettorale. Nulla di strano: in Italia siamo abituati a ben altro - ci mancherebbe! – ma, da quello che risulta, della dozzina di studenti (in buona parte stranieri) che avevano effettuato la loro iscrizione fra la fine di agosto e l'inizio di settembre - poiché interessati all'offerta formativa - ne sarebbero rimasti poco più della metà. Si capisce chiaramente quindi che "per forza non si fa nemmeno l'aceto", se in due mesi dal suono della campanella sono rimasti solo sei o sette ragazzi. L'altra classe quinta è attualmente composta da 9 studenti che in giugno affronteranno gli esami di Stato, fra coloro che in terza si sono orientati per il design del legno (comprendente anche la liuteria) e gli altri che invece hanno optato per l'indirizzo multimediale e audiovisivo. Crediamo che sia giunto veramente il momento di prendere una decisione: rilancio vero con forti investimenti e non le solite "vetrine della politica" oppure, anche se a malincuore, la definitiva chiusura. Perché oltre agli aspetti affettivi, bisognerebbe, da buoni padri di famiglia guardare anche il lato economico, dal momento che la gestione di una struttura scolastica come questa comporta grosse spese di gestione. La politica si ricorda purtroppo di queste problematiche solo quando la frittata è oramai fatta e, nella speranza di ottenere consensi o voti (vedi le imminenti elezioni politiche), inizia a promettere mari e monti, impegnando anche investimenti inutili senza un vero progetto alle spalle. L'istituto statale d'arte di Anghiari era nel passato anche una fonte di reddito, per chi operava in particolare nel centro storico, poiché contava un numero importante di studenti che provenivano da ogni parte del centro Italia. Lo studente acquistava la colazione, si fermava qualche volta a pranzo e faceva anche shopping nei negozi. Il lento declino ha tolto pure questa fetta di torta (intesa come incasso) al paese di Anghiari. E se non bastasse la forzatura politica (fatta dal Pd in un'amministrazione di centrodestra, palese ancora una volta il grande inciucio della città di Baldaccio), è arrivata anche la notizia dell'apertura di un nuovo convitto. Una scelta giusta se la politica l'avesse fatta quando il liceo artistico era nel suo momento di massimo splendore, ma quasi scellerata – passateci questo termine – in una situazione del genere: non è proprio questa la strada da seguire per il rilancio della scuola dell'arte di Anghiari.

Uno, due, tre... convitti in un fazzoletto di carta?

Fu una sorta di vero e proprio fulmine a ciel sereno, almeno per quello che riguarda il passaggio ufficiale. Dopo oltre 20 anni si è tornati a parlare della possibilità di aprire un nuovo convitto ad Anghiari, con la proposta firmata dall'assessore Angela Cimbolini arrivata direttamente sul tavolo di Arezzo senza passare dalla conferenza zonale dell'istruzione, presieduta da Gabriele Marconcini. Ovviamente, tutto ciò ha fatto andare su tutte le furie gli altri comuni della Valtiberina: non rispettare le regole è un po' come non rispettare le leggi. Prima di fare un progetto di questo tipo, forse è bene ricordare che nella valle (parte Toscana) bagnata dal Tevere, sono già presenti altri due convitti, oltretutto con una rilevanza storica non sicuramente di secondo piano: ricordiamo il "Camaiti" di Pieve Santo Stefano e il "Regina Elena" di Sansepolcro. Nel progetto presentato dalla Cimbolini, (appoggiata dall'Onorevole Marco Donati del Pd) la location è stata individuata su Palazzo Testi (e questa non è certo una novità), che ha ospitato la sede comunale per diversi anni quando Palazzo Pretorio era interessato da una fase di restauro. Per giustificare il progetto (assurdo con una 15ina di alunni, dei quali praticamente nessuno è interessato a beneficiare di una simile struttura), il convitto dovrebbe ospitare anche persone anziane, (alcuni, vicino al Pd, parlano anche profughi, cosi entrerebbero soldi per il mantenimento della struttura) però un convitto non può essere una casa di riposo. Si capisce chiaramente che non esiste alcuna progettualità, ma solo il tentativo di ottenere un po' di visibilità e nel dire poi: "Noi ci avevamo provato". Se le iscrizioni al liceo artistico sono in forte calo, la classe prima per l'anno scolastico 2017/2018 è stata composta in deroga (e sappiamo tutti che le deroghe non sono eterne), il rischio concreto è quello che il portone di piazza Mameli ad Anghiari, da giugno in poi, resti chiuso. Ha quindi senso spendere soldi pubblici in un simile progetto? Una struttura di questo tipo correrebbe il serio rischio di impiegare più personale che persone effettive in grado di usufruirne, con dei costi gestionali pazzeschi. Più che ragionare in un'ottica di apertura del convitto e di creare una cattedrale nel deserto, si dovrebbe invece tentare di lavorare su come attrarre studenti con pacchetti formativi studiati ad hoc, con nuovi laboratori e con una campagna d'informazione in grado di far capire alla gente che le prospettive di lavoro, per i ragazzi che frequentano questa scuola, possono essere maggiori, rispetto ad altre scuole. E poi - diciamola tutta - non si può diventare tutti dottori! È una corsa contro il tempo, con la sabbia che all'interno della clessidra sta per esaurirsi: la scuola d'arte di Anghiari sta per chiudere e sappiamo benissimo che, una volta abbassate le saracinesche, sarà poi difficile ritrovare le chiavi per poterla riaprire. Gli studenti dell'intero istituto attualmente superano di un soffio la doppia cifra, quando le potenzialità sarebbero da doppia cifra. Se poi non vi sono le possibilità concrete di andare avanti, è necessario valutare anche l'aspetto di una definitiva chiusura, ragionando in un'ottica di riconversione degli immobili. A quel punto, però, che ognuno si assuma le proprie responsabilità: il vero marinaio non lascia mai la barca alla deriva.

Redazione
© Riproduzione riservata
03/01/2018 11:19:33


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