Opinionisti Daniele Bistoni

Dove e’ finita la capacita’ di inventarsi tipica italiana?

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Gli italiani sono o quantomeno erano famosi in tutto il mondo per le loro capacità inventive e di adeguarsi ad ogni situazione economica-imprenditoriale. Mi vengono in mente i racconti degli anziani quando nel dopoguerra riuscirono a rimettere in piedi una nazione devastata rimboccandosi le maniche ed inventandosi i mestieri più disparati con la capacità di adattarsi ad ogni situazione. Immagino la bravura nel recuperare i reperti bellici (camion, carri armati, rotaie, ecc.) e con quelli riuscire a realizzare mezzi agricoli, attrezzi, camion per il trasporto merci e persone mettendo in piedi dal nulla aziende divenute storiche. L'Italia, è risaputo, non ha materie prime, e la grande forza economica dagli anni  '50 agli anni '80 è stata l'industria di trasformazione la quale ha impegnato una grande forza lavoro che ha permesso lo sviluppo economico e sociale dei cittadini, ciò ha creato benessere portando la fascia debole della popolazione ad una fascia medio-borghese. Gli italiani, con il lavoro in fabbrica, ma anche con il lavoro artigianale, hanno iniziato a soddisfare bisogni che prima risultavano essere privilegio dei soli benestanti. Era l'epoca del frigorifero, del televisore, della lavatrice e del sogno di tutti gli italiani, l'auto, con la quale si poteva andare al lavoro, ma anche a godersi le meritate vacanze. Andando avanti negli anni ci sarà sempre meno richiesta di manodopera "grazie" alla tecnologia, con l'ingresso nel mercato globale di nuovi paesi che offrono forza lavoro a costi bassissimi. L'imprenditoria trasferisce le catene di lavorazione all'estero cercando di abbassare il costo del lavoro, togliendo posti nazionali, e riportando il prodotto finito in Italia, magari come made in Italy, senza dazi con il bene placido dei governi che si sono susseguiti. Nonostante ciò, fatte le dovute eccezioni, gli industriali sono continuamente a chiedere soluzioni, contributi e detassazioni. Allora io mi domando: "Ma l'imprenditore, quello vero, non dovrebbe essere colui che ha capacità, superiori alla media, tali da saper mettere in campo iniziative che facciano impresa, appunto, e che sia in grado di produrre ricchezza per sé e per i propri dipendenti senza dover pietire aiuti di continuo? Aiuti che derivano, tra l'altro, da tutti i cittadini in modo particolare da coloro i quali le tasse non possono evaderle in quanto titolari della sola busta paga?". Qualche anno fa partecipai ad un convegno organizzato dal Comune di San Giustino con gli industriali del territorio. La stragrande maggioranza si lamentava del fatto che lo Stato non li aiutasse o agevolasse in quanto loro sarebbero stati "fucina" di posti di lavoro. Uno soltanto si alzò in piedi e disse che a lui non importavano contributi o quant'altro, ma chiedeva allo Stato e pubbliche istituzioni che facessero il dovere che gli competeva per ruolo: curare e migliorare di più le grandi infrastrutture come la viabilità e via dicendo; al resto ci avrebbe pensato da solo perché quello è il ruolo dell'imprenditore.

In conclusione mi domando: "In una realtà dove l'industria di trasformazione viene sempre meno, cosa ci può essere rimasto in Italia da poter incentivare che non sia clonabile dai paesi emergenti e che gli stessi non possiedono?" Se ne parla da anni: "Il petrolio italiano è l'immenso patrimonio culturale, artistico e paesaggistico che tutti ci invidiano e che noi non sfruttiamo minimamente o sfruttiamo nel modo sbagliato; questo grazie anche all'incapacità dei nostri politici, d'altronde quando ci sono dei Ministri, ma anche a livello locale, che affermano: "Con la cultura non si mangia!" Potremo sperare in una ripresa del nostro paese?" Avremmo la possibilità, a mio modesto parere, di recuperare tantissimi posti di lavoro a tutti i livelli creando un indotto a 360 gradi che grazie alla fantasia, all'intelligenza italiana darebbe un futuro ed una speranza ai nostri giovani. Altro che Jobs Act!

Redazione
© Riproduzione riservata
13/06/2016 16:23:39

Daniele Bistoni

Dipendente pubblico amministrativo. Esperienza nel campo della comunicazione pubblica, ha collaborato scrivendo articoli per una testa locale per circa tre anni. Una lunga collaborazione come responsabile del Museo Storico Scientifico del Tabacco di San Giustino, dalla nascita nel 2004 fino al 2014. Appassionato delle tradizioni della Valtiberina, di cucina locale e di sigari Toscani e nazionali. Molto legato alla storia della ex Repubblica di Cospaia tanto da ripristinare nel 2009, sotto l'indirizzo della Fondazione per il Museo Storico Scientifico del Tabacco ed il Comune di San Giustino, la tradizionale festa rievocativa che ad oggi prosegue grazie alla Proloco specifica.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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