Il consigliere Roberto Severi di Fratelli d’Italia scrive a Patrizio Bertelli

La questione è quella della riconversione dell'area ex Lebole appena acquistata
“Con questo mio contributo voglio condividere quello che giorni fa fu l’appello delle ex dipendenti della Lebole, le famose ‘Leboline’, vale a dire quelle donne che tanto hanno contribuito alla trasformazione di questa città e di questo territorio dando il loro contributo manifatturiero nel processo di industrializzazione. Circa seimila dipendenti negli anni Sessanta lavoravano nel complesso industriale dei fratelli Lebole, a cui questa città deve essere eternamente riconoscente. I fratelli Lebole hanno consentito a tante famiglie di Arezzo e provincia di elevare la qualità della vita, consentendo di poter far studiare i figli, creando aspettative e progetti di futuro, attivando un motore economico che si è trasformato in benessere diffuso.
Dico tutto questo perché sono felicissimo che Bertelli abbia riscattato questo patrimonio, che per noi aretini rappresenta l’origine dello sviluppo industriale di questa città e di questo territorio, scongiurando la possibilità che anche questo luogo fosse catturato da un’economia predatoria. Sarei estremamente gratificato se la lettura progettuale, sia come progetto edilizio che urbanistico, non si soffermasse alla mera valutazione delle potenzialità edificatorie: vorrei che questo luogo mantenesse nella sua struttura una sua memoria, un tratto che riesca a coniugare le origini del nostro processo industriale con uno spazio dedicato alla ‘LeboIe’ quasi come fosse un monumento dinamico a cui le generazioni future debbano guardare. Un’area, cioè, in cui associare progetti industriali e ambienti formativi, un fiore all’occhiello per chi guarda ad Arezzo come città dello sviluppo. Il tutto, rappresentato anche con architetture di avanguardia che si integrino con le vecchie strutture, dove le nuove generazioni andranno a contribuire per lo sviluppo di questo territorio. Si creerà una cerniera culturale dove passato e futuro si coniugano per esaltare l’operosità, la manualità e la professionalità di queste persone che, seppur definite da Dante ‘botoli ringhiosi’, tanto estro e genio serbano nel loro Dna: viene spontanea, a proposito, la frase ‘Bertelli docet’.
Quindi un grazie a questo imprenditore che comunque non ha mai dimenticato, che ha sistematicamente salvato dalle trasformazioni o dall’abbandono luoghi che per lui, come per molti della mia generazione, rimangono come diceva Fellini i luoghi della memoria, un ‘Amarcord’ che non è semplicemente un insieme di ricordi di fatti e persone ma un vero e proprio contenitore di emozioni”.
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