“Salari più alti, lavoro stabile ed equilibrio vita-lavoro per eliminare gender gap femminile”

Cgil Umbria: "Secondo i dati forniti le distanze tra i generi permangono in ogni campo"
“Gli anni passano, ma le distanze fra i generi permangono. L’emancipazione femminile è un percorso a ostacoli, il gender gap è più vivo che mai e la violenza di genere continua a rappresentare una problematica sociale grave e diffusa. Alla luce di questo inquietante scenario, aumentare i salari, garantire un lavoro stabile e sicuro, attuare politiche di conciliazione vita-lavoro strutturali, e non basate sui bonus, rappresentano delle priorità per il futuro e la coesione sociale del Paese e dell’Umbria”. In occasione della ricorrenza dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, la segretaria generale della Cgil Umbria, Maria Rita Paggio, e la segretaria regionale Stefania Cardinali, con delega alle politiche di genere, sono intervenute sul tema della condizione femminile in Italia e in Umbria dando un quadro tutt’altro che confortante della situazione e chiedendo riforme in grado di invertire la rotta. A partire dal tema della violenza di genere. “Contrastare la violenza di genere – spiegano Paggio e Cardinali – richiede azioni complesse ed è necessario non solo potenziare i centri antiviolenza e i consultori, o introdurre l’educazione sessuale ed affettiva a partire dalle scuole, ma anche che le donne raggiungano una reale indipendenza economica, lavorativa e abitativa. L’aumento della partecipazione al mercato del lavoro delle donne sarebbe fondamentale per il sistema economico nazionale, ma a oggi (dati Istat maggio 2024), invece, il tasso di occupazione per gli uomini è del 70,9% mentre per le donne è fermo al 53,5%, con un differenziale del 17%”. “Uno studio della Cgil sul gender pay gap – fanno sapere inoltre le segretarie Cgil – indica che quasi la metà delle nuove assunzioni di donne negli ultimi due anni è a tempo parziale. Istat certifica poi che il reddito da lavoro è per le donne più basso, anche a parità di ore lavorate, aggirandosi intorno al 25% nel privato e al 17% nel pubblico. Tutto ciò si riversa sulla donne anziane che vanno in pensione più tardi e più povere, con un gap di genere del 36%. Al contrario, per quanto riguarda il livello di istruzione, nel 2023 le donne hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) che tra i laureati (59,9%), ma questo non si traduce in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro. Se poi pensiamo al tema dei bassi salari umbri, problema grave e noto per tutta la forza lavoro regionale, questo diventa drammatico per le donne umbre (-6,3% rispetto alla media nazionale e -10.9% rispetto al Centro Nord) confinandole in una condizione di grave penalizzazione”. Ma non solo: “Mentre cresce l’allarme per la crisi demografica – evidenziano Paggio e Cardinali – non si affrontano i nodi strutturali che lo determinano tra i quali la condizione economica delle donne e delle coppie in età fertile: oggi la spesa media per sostenere un figlio da 0 a 18 anni è intorno ai 140mila euro, ma la retribuzione dei cittadini italiani tra i 25 e i 44 anni di età non raggiunge in media i 30mila euro annui lordi. Le donne continuano a farsi carico della maggior parte del lavoro di cura, tema che riguarda non solo la condizione di maternità, ma anche quello della disabilità e della non autosufficienza delle persone anziane delle quali sono quasi esclusivamente le donne a farsi carico”. “Questi temi – concludono Paggio e Cardinali – saranno in parte affrontati dai cinque Referendum 2025 previsti a primavera e perciò, di fronte a questa drammatica situazione, andando a votare avremo una grande occasione per far fare un importante passo in avanti al nostro Paese, in tema di diritti, emancipazione e giustizia sociale”.
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