Le carrozze di Luigi Papini: quasi 170 anni di tradizione familiare

Una storia iniziata a metà del XIX secolo con l’antenato falegname
Cinque generazioni di famiglia impegnate nel tenere in piedi la nobile tradizione dei carradori, poi divenuti carrozzai. In Valtiberina il cognome è uno soltanto: Papini. L’esposizione di carrozze e calessi lungo via Luca Pacioli a Sansepolcro è un eccezionale compendio di quasi 170 anni di storia: l’ha allestita Luigi Papini, omonimo del bisnonno nato 101 anni prima di lui. Ed è proprio con il Luigi Papini classe 1834 che prende il via il nostro racconto: a Castelnuovo di Pieve Santo Stefano c’è un’antica casa, chiamata “La Palazza”; qui Luigi venne alla luce, iniziando fin da giovanissimo a lavorare come falegname-carradore per la nobile famiglia Collacchioni, che aveva la villa proprio a Castelnuovo ma che era proprietaria di terreni anche a Capalbio, in Maremma e coltivava la passione per i cavalli. Luigi frequenta spesso la Maremma in occasione delle transumanze e diventa in breve un affermato artigiano: è il 1855 quando inizia a costruire mezzi da trasporto e da lavoro, poi trasmette il mestiere acquisito ai figli Giovanni e Giocondo, con quest’ultimo che si trasferirà poi a Canino, in provincia di Viterbo. Giovanni, invece, rimane a Capalbio e insegna a sua volta il mestiere ai figli Primo, Gino e Angiolo; siamo in pieno periodo fascista: Primo seguirà il conte Mappelli a Milano, mentre Gino e Angiolo andranno militari. Giovanni rimane solo e nel 1925 lascia la Maremma per tornare alla Madonnuccia e abitare nella casa della Consuma, i cui resti sono oggi sommersi dalla diga di Montedoglio. Negli anni successivi, Giovanni cambierà abitazione e andrà a stabilirsi in una nuova casa nella quale aprirà anche la bottega di falegname-carradore con licenza di costruire carri, barocci e carrozze. Ed ecco la ditta Papini. Gino avrà due figli: Luigi, nato nel 1935 - che tuttora assieme alla moglie Norma prende parte ai concorsi di attacchi con eccellenti risultati - e poi Luciano (1939). Giovacchino, Giovanni e Fabrizio sono invece i tre figli di Angiolo. Tutti porteranno avanti il mestiere dei padri e del nonno e oggi il testimone è passato nelle mani di Marco (classe 1976), figlio di Luciano. L’avvento delle auto e dei motori più in generale non fa desistere la ditta Papini dal continuare a costruire i carri per gli agricoltori e a lavorare il legno; l’unica esigenza che si pone è quella di trasferirsi a Sansepolcro, perché nel frattempo iniziano i lavori di costruzione della diga di Montedoglio e la vecchia Madonnuccia è destinata a essere coperta dalle acque. L’azienda è sempre più rinomata per la qualità dei suoi lavori e viene premiata dalla Camera di Commercio per la fedeltà al lavoro artigiano; proprio Luigi Papini riceve nel 1992 dal Comune di Sansepolcro il premio “Torre di Berta” per la realizzazione del “Carro della Vittoria”, meglio conosciuto come “Carro dei Trionfi”, che ha sfilato a suo tempo in occasione del Palio della Balestra. Gli attacchi, i calessi e le carrozze tappezzati in cuoio sono stati la grande passione e Luigi Papini, assieme alla moglie, ricorda degnamente il mestiere dei nonni con la stupenda collezione di carrozze antiche e restaurate. Non solo: lui ancora costruisce e restaura, poi assieme alla consorte partecipa a concorsi, sfilate storiche ed eventi che tengono viva la tradizione, a cominciare da quello più prestigioso, che si tiene a Venaria Reale, in provincia di Torino, ma in Toscana c’è per esempio quello di Punta Ala, sempre nel Grossetano. Esiste il Gruppo Italiano Attacchi, che funge in pratica da federazione della situazione. Oltre alle prestigiose vittorie, anche tante segnalazioni per Luigi e Norma. E per toccare con mano questa bella realtà, è sufficiente recarsi nel già ricordato spazio di via Luca Pacioli (un museo di fatto) per ammirare la collezione di carrozze e calessi. Qui troviamo il “Kalex”, veicolo con motore elettrico carrozzato dallo stesso Papini. È una carrozza che circolava nei primi del Novecento in Valtiberina, adoperata dal conte Marco Collacchioni. Vi sono poi il “Brum Coupè”, antesignano del taxi con interni e tappezzeria rifatti da Papini; una elegante “Milord” della famiglia Orseniga Ferrari di Milano e il “Phaeton”, carrozza molto elegante, aperta e a quattro ruote, risalente al 1800. Il suo nome prende origine da Fetonte, personaggio della mitologia greca, che rubò il carro del Sole. Particolare è poi il carro “Vis-a-Vis”, restaurato nel 160esimo anniversario della collezione Papini. È un carro in legno dotato di portiere, tettuccio e tendine di coloro tipico del clero e ciò fa pensare che fosse il mezzo di trasporto per i vescovi in visita nelle diocesi. Anche le famiglie benestanti avevano un tipo di carrozza similare, con colori diversi. La “Giardiniera” è invece una carrozza da campagna con la quale si portavano anche fiori e frutta al mercato; quando il clima era caldo, si coprivano i sedili posteriori con una tenda leggera su un telaio di ferro, mentre il “Break” – detto anche “Cacciatora” o “Pollaiola” – è una vettura aperta a quattro ruote, costruita per addestrare al tiro i cavalli. Nel corso del tempo è andata incontro a varie evoluzioni funzionali agli impieghi: trasporto di persone con bagagli, trasporto di scolaresche e militari e veicolo per la caccia (ampi vani sotto i sedili per mettervi i cani), con posti per quattro o sei persone. La “Pistoiese”, che ovviamente così si chiama perché prende origine dalla città di Pistoia, risale ai primi del ‘900 ed è l’ultima carrozza prima dell’avvento delle auto, con attacco per un cavallo e fanali rotondi. La adoperavano medici, veterinari, commessi viaggiatori e uomini d’affari, ma anche le famiglie borghesi per le gite in campagna. Dalle quattro alle due ruote con il calesse, chiamato “Gig”. Tanti i modelli costruiti anche in Italia a fine ‘800, usati da notabili e uomini d’affari, ma anche nello sport e nelle passeggiate. Assieme a questi eccezionale esemplari, sulle pareti troviamo i ferri del mestiere, cioè gli attrezzi e i banconi da lavoro di famiglia che ancora lui usa. E sempre attaccati, anche quadretti e foto delle manifestazioni alle quali ha partecipato, più i riconoscimenti ottenuti. Arriviamo così al “Carro dei Trionfi”, il capolavoro di Luigi Papini, che però – date le sue dimensioni – non è esposto in via Luca Pacioli, ma nella struttura del Foro Boario. Una riproduzione in legno di frassino e olmo che è fedele al 100% al modello dipinto da Piero della Francesca. Dietro i ritratti di Federico da Montefeltro e della moglie Battista Sforza, sono riprodotti due carri, uno dei quali rappresenta il Duca di Urbino troneggiante su un carro trainato da due cavalli. Piero aveva creato questa allegoria di Federico per l’aiuto che il duca egli aveva concesso a sostegno della sua attività artistica.
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