La grande domenica "inglese" dello sport italiano: Berrettini, poi la Nazionale
Tennis e calcio possono regalarci una storica giornata
Una domenica speciale per lo sport italiano, che cerca una doppia gloria in Inghilterra con la chiave costituita da due doppie “vu”: Wimbledon e Wembley. In mezzo alle imprese della Nazionale di calcio, si è inserita quella del tennista Matteo Berrettini, primo storico italiano a raggiungere una finale in quello che è considerato il campionato del mondo su erba. Calcio e tennis protagonisti, dunque: le due discipline che al momento incarnano meglio di altre un nuovo corso dello sport italiano. Così almeno speriamo. In ordine cronologico, si comincia con il tennis. Un bel ricordo ci lega a Wimbledon, quando nel 1976 l’Italia di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli (il tennista specialista sull’erba) e del capitano-non giocatore Nicola Pietrangeli superò un turno decisivo per andare a prendersi la sua prima e unica Coppa Davis. Oggi pomeriggio, la soddisfazione potrebbe essere… individuale: Berrettini ha già fatto una grande impresa, ma ha la possibilità di entrare nella leggenda, anche se battere il numero uno del mondo, Novak Djokovic, non è certo un gioco da ragazzi. E comunque, il tennis italiano ha compiuto un enorme salto di qualità che ci fa sperare in un ciclo come quello dei sopra ricordati campioni degli anni ’70, che vinsero e sfiorarono più volte la conquista della Coppa Davis. Sempre più spesso, i nostri tennisti (Lorenzo Sonego, Fabio Fognini e Jannik Sinner, tanto per citarne alcuni) fanno strada nei tornei che contano, superando turni che in passato erano un miraggio e guadagnando posizioni nel ranking mondiale; rimane soltanto da alzare al cielo qualche trofeo, ma crediamo che la strada intrapresa sia quella buona. Dal tennis al calcio. Nel 2018 eravamo a casa ad assistere ai mondiali di Russia: c’erano tutte le grandi, mancavamo solo noi perché la Svezia ci aveva eliminato e per giunta ci ritrovammo a dover rosicare per il titolo conquistato dalla Francia. A distanza di tre anni, grazie al lavoro di un Roberto Mancini che di meriti ne ha davvero tanti (se non altro, quello di aver fatto di nuovo innamorare gli italiani della loro Nazionale), siamo a disputare la finale di un Europeo per Nazioni che, dopo il trionfo del 1968, ci è rimasto sempre indigesto: qualche mancata qualificazione e due finali perse contro la Francia (ricordate cosa successe nel 2000) e contro la Spagna, ma contro gli iberici nulla da eccepire. Insomma, la storia dice che per l’Italia è più facile vincere un mondiale che un europeo. Nemmeno a farlo apposta, oggi è l’anniversario numero 39 del trionfo in Spagna ottenuto dalla squadra di Enzo Bearzot: che sia un segno del destino? Ci riproviamo in una edizione che ha segnato la caduta degli dei, sperando di rompere il digiuno dopo 53 anni nel tempio del calcio, dove gli amici inglesi potrebbero risponderci: “E allora noi, che da quel luglio del ’66 non abbiamo più vinto niente, né abbiamo più disputato una finale?”. Abbiamo il timore che tifoseria e condizioni ambientali favoriscano l’Inghilterra; proviamo semmai a pensare che la Nazionale dei “tre leoni” potrebbe metterci in difficoltà con le proprie forze, ma abbiamo fiducia nella “chimica” che si è creata all’interno dello staff azzurro: nulla è impossibile con questi giocatori che vogliono salire l’ultimo gradino di un’ascesa eccezionale, nata sulle ceneri della eliminazione mondiale. Forza Matteo e forza azzurri, perchè questa domenica “inglese” rimanga nella nostra storia di italiani!
C.R.
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