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Spegnere la "Piazza che bolle” nel cuore di Sansepolcro: una citta’ sempre piu’ ferma

Piazza Torre di Berta, ancora alla ricerca di una propria identità

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Da sempre, Sansepolcro è alla ricerca di una propria vocazione turistica. Certamente, se fino alla metà degli anni ’80 il turismo non era una questione prioritaria - perché le grandi e piccole aziende presenti in città erano in grado di garantire occupazione ai biturgensi e al resto della Valtiberina – da almeno una trentina di anni è divenuto argomento centrale e punto forte nelle varie campagne elettorali che si sono succedute. Le amministrazioni che si sono avvicendate a Palazzo delle Laudi (di centrosinistra, di centrodestra o variegate che fossero) hanno inserito il turismo fra i punti cardine dello sviluppo economico della città, partendo logicamente da Piero della Francesca e dal museo civico. Senza far polemiche, ci sembra tuttavia che i risultati finora ottenuti non siano stati eclatanti; anche le celebrazioni dei grandi anniversari e gli eventi particolari, legati sempre a Piero e a Luca Pacioli, hanno prodotto soltanto piccoli fuochi di paglia e niente altro. Il turismo in sé stesso non manca, ma il problema è che quello di Sansepolcro si basa su un “mordi e fuggi” con pochi ritorni economici per la città. Non siamo stati finora capaci di mettere in rete un territorio: anche in questo caso, visto che la parola “rete” va di moda nell’era di internet, ci siamo riempiti la bocca, adoperandola per fare alla fine effetto e per far pensare che siamo al passo con i tempi, ma all’atto pratico si sta rivelando la classica dichiarazione di principio. Le solite belle parole non supportate da riscontri operativi, per cui tutti dobbiamo fare rete. E poi? L’importante è dirlo, ma la Valtiberina Toscana stenta nel mettere insieme i sette Comuni e se si pensasse a una sorta di pacchetto unico con la parte umbra, ecco che il confine di regione diverrebbe il pretesto di ferro per dire che non si può fare. Non abbiamo forse capito ancora una cosa: se la vallata intera, quella cioè senza confini, non si mette insieme (appunto in rete), il turista stanziale non lo troveremo mai. Occorre lavorare per fare in modo che rimanga sia per ammirare le attrattive del comprensorio, sia per avere uno scalo dal quale poter effettuare le sue escursioni giornaliere, vista la posizione baricentrica dell’Alta Valle del Tevere nei confronti di Arezzo, Cortona, Perugia, Assisi, Gubbio e Urbino. E per il turismo a Sansepolcro? Torno a un mio vecchio pallino: nessuno – e questo mi duole tanto - ha mai preso seriamente in considerazione il grande progetto della “Via dei Musei”, sul quale ebbi modo di scrivere una ventina di anni fa, ma che purtroppo rischia di rimanere un sogno nel cassetto, anche se sembra che – grazie al lavoro di alcuni tecnici privati – qualcosa sia in procinto di muoversi. Ovviamente, questo progetto non parla solo di riqualificazione urbana, ma anche della creazione di contenitori da Palazzo Muglioni fino ad Aboca Museum, perché – nonostante il fascino esercitato dal capolavoro della Resurrezione – Piero della Francesca non è in grado da solo di trattenere turisti, se non soltanto per poche ore. Sansepolcro potrebbe inoltre avere un’altra forte attrazione turistica, quasi unica nel suo genere: la “Piazza che bolle”. Il riferimento è naturalmente a piazza Torre di Berta, quella che sta al centro della città, anch’essa rifatta – come il corso principale di via XX Settembre – alla fine degli anni ’80, quando nell’ambito del progetto “Sansepolcro, città d’autore” e in vista delle celebrazioni per il 500enario della morte di Piero della Francesca, i cantieri rimasero per diverso tempo all’interno del Borgo: il rifacimento di tutti i sottoservizi, l’interramento dei cavi elettrici, la scomparsa delle insegne a bandiera, la nuova pavimentazione e l’eliminazione dei marciapiedi erano stati gli interventi capaci di restituire un’immagine filologicamente degna dell’aspetto rinascimentale della città. La stessa che conserva esattamente oggi: quella di una città bella, che però sta perdendo pezzi su pezzi del suo “patrimonio” commerciale. La piazza, da subito, manifestò molte problematiche, dallo sfagliamento delle lastre ai continui rialzamenti: questo perché, in una superficie cosi grande, nessuno si “ricordò” di eseguire dei giunti di dilatazione, con il risultato che gli sbalzi termici fanno continuamente muovere le lastre, come se nel sottosuolo vi fosse un vulcano. Negli anni sono stati fatti continui rattoppi, spendendo cifre pazzesche per un risultato mediocre: affermare che la piazza è brutta, è infatti dire poco. Mi sono interessato con alcuni amici tecnici di Sansepolcro per capire quali ipotetiche cifre si potrebbero spendere per poter rifare la pavimentazione con le giuste metodologie. Ebbene, si parla di un importo che oscilla fra i 250 e i 300mila euro, anche perché i sottoservizi sembrano in buone condizioni. Una somma importante, ma poi nemmeno eccessiva, per un Comune come quello di Piero della Francesca: mancano semmai progettualità e volontà e per un lavoro di questa portata si possono intercettare finanziamenti europei. Piazza Torre di Berta deve trovare una precisa fisionomia, non di contentini e rattoppi. E per piazza intendo anche il pezzo di via Matteotti che versa in pessime condizioni, come mi sembra logico pensare a un arredo urbano che valorizzi al massimo il punto principale di una città che sta attraversando una crisi economica senza precedenti. L’attuale situazione non ci appartiene: fino a venti anni fa, Sansepolcro era la “perla” della Valtiberina, mentre ora è la “cenerentola” o quasi. Se vogliamo portare turismo in città dobbiamo costruire il “contenitore” con una multitudine di cose da vedere per chi viene a visitare la città e renderla gradevole e accogliente. Quando parlo della “Piazza che bolle”, come attrattiva turistica, è un voler estremizzare la situazione del luogo più importante di Sansepolcro che necessita di interventi urgenti. Turismo uguale economia: questo dovrebbe essere il binomio vincente come avviene in tanti borghi italiani; ovviamente, per far sì che questo avvenga, il turista “mordi e fuggi” non va bene. La crisi della città si nota in particolare nel commercio: passeggiare lungo via XX Settembre, con tantissime attività che sono andate in chiusura, fa veramente male a chi come me è nato è vissuto in questo paese. E non è il caso di prendere la scusa di ciò che è successo durante il periodo del Covid-19, perché la crisi era già in atto e le chiusure dei negozi c’erano state, molte delle quali negli anni precedenti. Ma torniamo alla nostra piazza, che oltre al rifacimento del lastricato necessita di un arredo urbano importante (anche se il miglior arredo sarebbe vederla tornare a pulsare economicamente: pensiamo a come sarebbe bella e viva con un paio di bar e ristoranti in più e con le pertinenze esterne!) e possibilmente poco soggetto a spostamenti. Fra le tante idee che ho captato, proposte a vario titolo dai cittadini biturgensi, due sono quelle che ritengo più praticabili e idonee. La prima è il ritrovamento delle fondamenta della torre, valorizzandole con un enorme lastrone di vetro e con una opportuna illuminazione, come accade in altre città nelle quali sono stati fatti con il tempo ritrovamenti di un certo peso; la seconda è la creazione di fontane a sfioro, perimetralmente a dove era posizionata la torre, assieme a un lastrone metallico con la storia della struttura abbattuta dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Entrambe le soluzioni sarebbero di grande effetto e non impedirebbero il regolare svolgimento di manifestazioni, poiché non vi sarebbe da spostare nulla. Per il resto, basterebbe mettere delle belle fioriere ai quattro angoli perimetrati della piazza, lasciando libere le vie di fuga, che dovrebbero essere rimosse soltanto in occasione del Palio della Balestra. Tutti gli altri eventi dovrebbero adattarsi a questo arredo. Con queste mie affermazioni, non voglio criticare l’arredo posizionato un anno fa dal Comune, ma è anche vero che quello originale di allora è rimasto insieme di fatto una quindicina di giorni; di lì a poco, infatti è stato spostato numerose volte e molti pezzi sono tuttora sparsi qua e la, con un risultato (come già avvenuto in passato con altre tipologie di arredo) che, di questi passi, fra tre o quattro anni non rimarrà nulla. La città tutta ha bisogno di una profonda riqualificazione: ci vorrebbero cifre importantissime, ma da qualche parte bisognerà pur sempre iniziare. I progetti si possono fare anche per step, avendo ben chiaro un programma e un obiettivo finale; in secondo luogo, bisogna essere bravi nel cercare i soldi. Inutile – tanto per citare esempi riferiti al Borgo – che si parli di riconversione dell’edificio della stazione ferroviaria inserendovi un paio di associazioni, se poi non si conosce il futuro della ex Ferrovia Centrale Umbra, ferma da oramai quasi tre anni senza sapere se i treni ripartiranno o meno e non fare un progetto che riqualifichi l’intera area. Inutile risistemare un pezzettino di Porta Fiorentina senza un progetto armonico alla base per quello che dovrebbe essere il “salotto buono” della città, che dovrebbe spaziare dai giardini dell’autostazione al piazzone, fino a tutto viale Vittorio Veneto.  Inutile affrontare il tema delle mura urbiche e pensare di risolverlo con la sola eliminazione delle erbacce, che va benissimo ma che non può essere il solo toccasana, anche perché poi senza un trattamento ben determinato l’erba fa subito a ricrescere e a imporre nuovi interventi; le mura (di quello che resta della cementificazione fatta dal dopoguerra fino agli ’70) necessitano di un profondo restauro, di una illuminazione adeguata e della creazione di percorsi; se non si riqualifica con giochi per bambini (mi riferisco in particolare al versante delle piscine, a Porta Romana), la bellezza di ciò che è rimasto della vecchia cinta non può essere esaltata in pieno. Non entro poi nel merito del degrado della nostra fortezza, perché qui ci sarebbe da scrivere un libro. Nessuno – mi rendo conto – possiede la bacchetta magica, però spesso mi domando come mai in altri centri si riesca prima o poi a diventare operativi e a dare un senso compiuto a progetti in chiave migliorativa; qui, invece, quando si tratta di realizzare un qualcosa di qualificante mancano sempre i soldi. Dobbiamo scrollarci di dosso l’etichetta di “città dell’impossibile”, che non riguarda soltanto il centro storico, perché questo è il vero problema che impedisce alla città di crescere.                               

Domenico Gambacci
© Riproduzione riservata
29/07/2020 15:01:44

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Imprenditore molto conosciuto, persona schietta e decisa, da sempre poco incline ai compromessi. Opera nel campo dell’arredamento, dell’immobiliare e della comunicazione. Ha rivestito importanti e prestigiosi incarichi all’interno di numerosi enti, consorzi e associazioni sia a livello locale che nazionale. Profondo conoscitore delle dinamiche politiche ed economiche, è abituato a mettere la faccia in tutto quello che lo coinvolge. Ama scrivere ed esprimere le sue idee in maniera trasparente. d.gambacci@saturnocomunicazione.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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