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Quattro chiacchiere con Mario Cheli titolare del ristorante Il Rifugio a Caprese Michelangelo

"Il nostro comportamento è la migliore forma di prevenzione"

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È titolare del ristorante assieme alla moglie Mara e con il supporto del figlio Iacopo. Mario Cheli è l’anima de “Il Rifugio” a Lama di Caprese Michelangelo, che in Valtiberina (e anche fuori comprensorio) si è costruito fama e prestigio per l’eccezionale qualità di una cucina basata sulla tradizione locale dei prodotti del bosco (funghi, tartufi e castagne) e delle gustose carni, con assieme la creatività che chef Mario riesce a mettere nelle vesti di cuoco. Anche per “Il Rifugio” è il momento della tanto sospirata ripartenza dopo l’emergenza Covid-19. 

Cheli, rispetto a qualche ristorante presente in centri più grandi, il vostro è stato un lockdown totale?

“Sì, siamo stati chiusi dal 10 marzo al 22 maggio: quasi due mesi e mezzo nei quali non abbiamo fatto niente, anche perchè un conto sono l’asporto e la consegna a domicilio in una città come Sansepolcro (o anche Anghiari), un altro conto è la realtà di Caprese Michelangelo. Una volta che abbiamo riaperto, vi sono stati i primi quindici giorni un po’ “morti”, anche perché la gente doveva riacquistare un minimo di fiducia, poi pian piano il movimento è ripartito. Sono abbastanza contento, specie per il movimento del fine settimana. Fiducia e sorriso, quindi”.

Quale tipologia di clientela è tornata nel vostro locale?

“Intanto, è opportuno premettere che i turisti, intesi come tali, non si sono ancora rivisti, per cui a sedersi sui nostri tavoli sono stati gli amici affezionati del vicinato, quindi della Valtiberina e poi altri clienti che oramai ci conoscono e che provengono da Perugia, Firenze, San Giovanni Valdarno, Cesena, Forlì e Rimini. Gente disposta a fare la classica gita di un giorno, partendo da casa la mattina per tornare la sera. Si tratta quindi di gruppi di amici e familiari”.

Quanto incidono le nuove disposizioni sull’attività del suo ristorante?

“Abbiamo perso un centinaio di posti, da compensare parzialmente – qualora le condizioni atmosferiche fossero favorevoli – con gli spazi all’aperto e in veranda. Plexiglass solo alla cassa e sanificazione sistematica dei tavoli, con pulizia anche dei bagni e gel igienizzante all’ingresso. Circa il menu, non ho apportato variazioni; semmai, curiamo ancora di più la qualità delle nostre pietanze. I 5 nostri dipendenti sono andati in cassa integrazione nel periodo della chiusura; tre di essi sono rientrati, con l'obiettivo di riprenderli tutti perché la nostra è una famiglia”. 

In materia di turismo, voi ristoratori avete qualche proposta da suggerire all’amministrazione comunale per la promozione di luoghi al momento ricercati, come appunto Caprese?

“Abbiamo già parlato una volta con il sindaco Claudio Baroni, facendo con lui il punto della situazione. Ci siamo visti in maggio e ora ci riaggiorneremo prima di agosto, anche per capire se gli eventi di settembre e ottobre salteranno o meno, perché tutto dipenderà dall’evoluzione del Covid-19 e di conseguenza da un possibile cambiamento dei protocolli. Certamente, Caprese deve essere indicata come luogo al riparo dalla pandemia, con aria pulita, clima fresco e gastronomia di alto livello”.

Cosa la preoccupa nel breve periodo?

“Dico sempre: confido nella responsabilità degli italiani. Se tutti noi siamo intelligenti nel capire che il nostro comportamento è la migliore forma di prevenzione, le probabilità di un ritorno del virus saranno davvero ridotte al minimo. Poi, nessuno può dire se tornerà o meno: nel caso, dovremmo essere in questo caso più preparati: il senso di responsabilità conta più di qualsiasi altra ragione, per cui cerchiamo soprattutto di mantenere il distanziamento, più ancora che di adoperare le mascherine”.   

Redazione
© Riproduzione riservata
30/06/2020 10:01:03


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