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Telemedicina in Pneumologia, importante ricerca clinica della Fondazione Andrea Cesalpino

Ridotti ad un terzo i ricoveri dei pazienti critici che vivono a casa con il supporto di ventilatori

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Non solo Covid. Ed anzi, anche durante questi tre mesi di emergenza in cui tutte le strutture sanitarie sono state sotto stress a causa della pandemia, azioni programmate che riguardano soggetti particolarmente fragili, sono proseguite con la necessaria professionalità, organizzazione, strumentazione e soprattutto ricerca. La Fondazione Cesalpino ha proprio nella ricerca clinica e scientifica la propria principale missione, attuando all’interno delle strutture ospedaliere della nostra provincia una serie di progetti che mirano a introdurre nuovi modelli organizzativi, attenti al miglioramento delle condizioni di pazienti con varie patologie anche gravi. Alla fondazione, quando necessario come nel caso del progetto “ Il ruolo della Teleassistenza per la prevenzione della re-ospedalizzazione dei pazienti cronicamente critici dimessi dalla Pneumologia” si affianca il Calcit di Arezzo in una sinergia sempre più prolifica. Dopo tre anni di intenso lavoro, è possibile oggi tirare le somme.

Un contesto molto complesso

La Toscana è una regione in cui si vive molto a lungo e la popolazione sopra i 65 anni si incrementa di anno in anno. Le malattie respiratorie croniche sono in aumento, delle quali solo la BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) rappresenta il 12,7%. L’aumento dell’indice di anzianità insieme all’aumento delle malattie croniche hanno reso necessaria l’introduzione di un nuovo modello assistenziale, in cui un professionista sanitario di riferimento ha la responsabilità di pianificare e facilitare il coordinamento delle cure del paziente. Nel modello assistenziale, appare fondamentale il ruolo dell’infermiere “case manager”.

 

Come e quando nasce il progetto aretino

Il progetto di ricerca clinica promosso dalla Fondazione Andrea Cesalpino inizia nel 2017, concordato con la Asl Toscana Sud Est.

Per i soggetti affetti da malattie respiratorie croniche la fase post-dimissione è la più delicata, con un alto rischio di re-ospedalizzazioni e mortalità. La ricerca ha l’obiettivo di ridurre l’incidenza di rientri nella Unità Operativa di Pneumologia e U.T.I.P. dell’Ospedale San Donato di Arezzo, uno dei reparti adesso maggiormente coinvolti nella cura dei pazienti Covid e destinato nei prossimi mesi (se non anni) a gestire gli effetti della pandemia.

Per il progetto di ricerca, ai metodi assistenziali convenzionali domiciliari, si è affiancata la telemedicina, coordinata da un infermiere Case Manager, figura di riferimento per coordinare gli specialisti con i familiari quando il paziente dipende da supporto ventilatorio artificiale. Un infermiere specializzato che prende in carico e accoglie il paziente all’interno della unità operativa, valuta la famiglia e individua un caregiver (soggetto professionale o familiare che seguirà il paziente a casa) a cui fare riferimento in prospettiva di una dimissione a domicilio e lo forma alle azioni più elementari e necessarie; assicura la valutazione precoce in reparto, da parte dei componenti dell’equipe assistenziale, dei bisogni assistenziali della persona e della famiglia per garantire una dimissione protetta; valuta la soluzione più idonea per la collocazione della persona in base alle condizioni cliniche che obbligano ad una dimissione in una struttura adeguata o in caso di non possibile rientro al proprio domicilio per problemi sociali; addestra il caregiver in caso di rientro a domicilio, alla gestione dei presidi necessari di supporto ventilatorio, di tipo invasivo o non invasivo; fornisce i contatti necessari per avere assistenza a domicilio, in modo che ci sia la possibilità di attivare, in caso di necessità, il Pneumologo, l’UTIP, il Medico di famiglia, l’infermiere stesso o le ditte eroganti servizio di tipo tecnico alla persona.

 

Impegnate nel progetto finora tre borsiste

L’attività dal 2017 ad oggi è stata svolta da 3 infermiere borsiste (Sabrina Torchia, Kety Mori, Elisabetta Tinti, sotto la responsabilità del direttore della Pneumologia Raffele Scala) e verrà portata avanti anche negli anni a venire. I pazienti inclusi nello studio sono affetti da una patologia respiratoria cronica o una malattia muscolare neurodegenerativa, devono essere ricoverati in Pneumologia UTIP e devono avere la necessità a domicilio di un supporto ventilatorio di tipo invasivo o non invasivo.

Ad oggi i pazienti che corrispondono ai criteri di inclusione nello studio di ricerca sono 50, di cui 33 telemonitorati; hanno in media 70 anni e sono affetti in maggioranza da BPCO, Sclerosi multipla, SLA e OSAS (Sindrome da Apnee Ostruttive del Sonno). Il carico assistenziale che producono è abbastanza elevato e hanno una bassa autonomia funzionale residua: 9 pazienti su 50 hanno problemi sociali e vengono seguiti da un amministratore di sostegno o assistenti sociali, oppure vivono soli. Dei 50 totali 42 sono stati dimessi con prescrizione di supporto ventilatorio di tipo non invasivo, 8 con supporto ventilatorio di tipo invasivo (termini oggi divenuti di comune comprensione proprio per le cure somministrate ai soggetti più gravi contagiati da Covd-19).

 

Con la telemedicina nuovi ricoveri ridotti al lumicino

Nella prima parte della ricerca sono stati raccolti dati di due gruppi differenti di pazienti, tutti affetti da malattie neurodegenerative muscolari e polmonari croniche ricoverati più volte l’anno in reparto per riacutizzazione della malattia cronica o necessità di supporto ventilatorio per peggioramento della situazione clinica.

La ricerca ha individuato due step di valutazione: la re-ospedalizzazione dopo un mese e dopo tre mesi dalla dimissione con o senza telemonitoraggio.

I risultati sono molto positivi: ad un mese dalla dimissione dall’ospedale prima della telemedicina tornavano in corsia il 45% dei pazienti. Con la telemedicina la re-ospedalizzazione si è ridotta al 13%. Un vantaggio incredibile per la qualità di vita dei pazienti, ma anche per strutture ospedaliere. 

Dopo tre mesi il risultato è di un nuovo ricovero nel 30% dei casi (senza telemedicina era più del doppio). La metà dei 50 pazienti inclusi nello studio hanno avuto almeno una riacutizzazione a domicilio, il 40% delle stesse sono state gestite telefonicamente da infermiere e Pneumologo di reparto in collaborazione con il medico di famiglia dei pazienti stessi.

 

Ambulatorio infermieristico per CPAP

Dall’inizio del progetto ad oggi è stata svolta un’attività supplementare alla gestione dei pazienti in ventilazione dedicata ai pazienti affetti da OSAS. Nel periodo da Luglio 2019 a Marzo 2020 sono stati adattati a Cpap (Continuous Positive Airway Pressure) 61 pazienti affetti da OSAS tutti inclusi nel telemonitoraggio. Quasi tutti i pazienti sono stati adattati in ambulatorio infermieristico evitando di farlo durante il ricovero ospedaliero in degenza.

Redazione
© Riproduzione riservata
22/05/2020 14:37:40


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