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Una poesia sul "Coronavirus" nasce dalla penna di un 68enne di Piosina

Il commento del parroco Don Giorgio Mariotti: "Grazie a tutti per quello che state facendo"

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“Cari amici, in questi tempi veramente speciali anche se difficili, vediamo che tanto bene, che forse non era conosciuto, ora viene alla luce. Come parroco di cinque parrocchie in cui sono presente non solo virtualmente con i nuovi mezzi di comunicazione, ma anche fisicamente, in quanto è mio impegno portare la mia presenza, noto una forte “esplosione di bontà”. Bontà che si rivela nei messaggi dei vari gruppi di Pro Loco, circoli, associazioni e tanto altro. Di cui faccio parte. Come ad esempio: raccolta fondi per operatori sanitari, donazioni agli ospedali, servizi a persone sole. Tutto questo bene ci da fiducia e speranza. C’è’ chi, come franco Riccardini, pensionato Enel, 68 anni, parrocchiano di Piosina ha preso carta e penna e scritto una poesia sul “coronavirus” e sul momento che stiamo vivendo. Eccola”.

Don Giorgio Mariotti parroco di Celle-Astucci-Lerchi-Piosina.

 

“Era prima di natale, tutti con ansia ad aspettare il Bambino, ma via etere ci fan sapere che arriva anche un insettino.  Tutti ci guardammo e così si pensava,

 

è tanto piccolo che sicuramente non ci ammala. Passano le feste e di tutt’altro si parlava, ma lui era ancora lì, studiava come muoversi e intanto dormiva.

 

Il capodanno, anche per lui fu una grande festa, trova la strada giusta per uscire dalla finestra. Per l’Epifania già pronto per la strada si trovava il ceppo con tanti figli per la via si inoltrava.  Passata la sbornia delle feste, i media di virus ancor parlavano fu in quel momento, che il popolo tutti si guardarono.

 

Ma questo insetto, non è solo piccolo ma è anche fetente se continua cosi, farà soffrire tanta gente.  La confusione inizia a dilagare, tutti si inventano dottori bisogna fare questo, quello, lo dicono tutti anche i muratori.  La scienza fin da subito ha ben capito, si parla di virus finora mai conosciuto. I governi soprattutto quelli imperidi cercano di nascondere, e licenziano persino i ricercatori. Intanto a quell'insetto, si dà un primo nome, si parla di coronavirus, e comincia ad essere isolato dalla sua stazione.  La scienza continua  a correre, ma lui corre ancor di più di questa, ha preso il volo e ce lo ritroviamo alla finestra.  In Italia al nord per primo lo ritroviamo, volano di più, e per questo li giustifichiamo.

 

Ci accusano di essere noi i portatori, poi si scopre il paziente 0 e non siamo noi gli untori. Ai primi di marzo la chiusura delle scuole vien decretata ognuno vuole dir la sua, e non sanno neanche chi l’ha autorizzata. I problemi sembrano tanto grossi, a chi lascio i figli, ancor peggio cosa gli faccio fare, ma son figli tuoi o dei conigli?  Una cosa sola di positivo si intravede, i rapporti con i nonni sin oggi trascurati, ci fan dormire tranquilli sonni. L’insetto si sta facendo adulto, ma non è pronto a morire, gli hanno cambiato di nuovo nome, COVID 19 ma non è pronto a rinunciare.  Io spero di non continuare questa specie di poesia, ne andrebbe della vita vostra e della vita mia.  Impariamo a rispettare quello che ci richiedono non moriamo per riposare, ma si muore perché ci contaminiamo.  Affidiamoci al buon Dio che illumini la scienza, è solo lei che ci può salvare, perché sempre pensa”.

 

Franco Riccardini, inventore e poeta

Redazione
© Riproduzione riservata
29/03/2020 12:22:41


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