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Riforma province: un esercito di "politici trombati" da collocare

Ovviamente quando si parl adi "poltrone" le colorazioni politiche non esistono

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Cari signori, contro la crisi economica, la politica risponde con l’apertura di “poltronifici” in tutta Italia. La legge Delrio, (ha prodotto un risparmio di soli 16 milioni di euro) promossa dal Governo di Matteo Renzi, voleva l’eliminazione delle province, (se era un discorso di ottimizzazione e di tagli era meglio chiudere le regioni) ma il referendum costituzionale si pronunciò per il “no”. La mancata approvazione della proposta ha lasciato quindi incompleta la riorganizzazione, con le competenze delle province depotenziate. Tante le difficoltà nella gestione di settori importanti rimasti di competenza delle province, come l’edilizia scolastica, l’ambiente, i trasporti, la manutenzione delle strade, e che ha creato confusione sulle varie responsabilità. Le conseguenze di quelle scelte, dicono politici e addetti ai lavori, sono molto evidenti ancora oggi e hanno effetti negativi anche sulla programmazione del Pnrr. Ora la classe politica, in modo trasversale, ha deciso di tornare al punto di partenza e pazienza se i costi della politica tenderanno fatalmente ad aumentare senza accrescere in nessun modo l’efficienza dell’ente. Quindi si torna al vecchio sistema con centinaia di nuovi eletti, le corpose indennità, uno stuolo di collaboratori e quant’altro, con una  stima dell’Ufficio affari legislativi del Ministero dell’Interno di costi aggiuntivi di 223 milioni di euro, corrispondenti solo ai costi per la celebrazione delle elezioni (schede, scrutatori, presidenti di seggio e tutto ciò che riguarda la complessa macchina elettorale). Si aggiungano a questi le indennità degli eletti, che si aggirano intorno ai 52 milioni e altri svariati milioni di euro per i vari staff che ogni gruppo consigliare o assessore o lo stesso presidente deciderà di ingaggiare. Ma al di là della facile obiezione sui costi della politica, la vera domanda da porsi è se basti cambiare il sistema elettorale delle province per farle tornare al loro antico splendore. La sensazione è che “si stia di nuovo affrontando il problema all’italiana”. Con il ritorno a ente di primo livello, la classe politica locale italiana avrà qualche centinaio di nuovi posti di “lavoro” da assegnare, ma non è ancora chiara quale sia la dotazione finanziaria e le competenze. In ogni caso, alla faccia della sbandierata democrazia, nelle bozze che stanno circolando l’elezione dei consiglieri provinciali non avverrà più tramite i collegi, com’era prima, e neanche con le preferenze: ogni candidato presidente avrà un listino bloccato a lui collegato e quindi saranno anche qui (come per il Parlamento) i partiti a scegliere chi dovrà sedere tra gli scranni delle nuove province. Un elenco più o meno lungo di “trombati” da collocare dai vari coordinatori locali di questa o quella forza politica.

Domenico Gambacci
© Riproduzione riservata
10/04/2023 13:33:53

Punti di Vista

Imprenditore molto conosciuto, persona schietta e decisa, da sempre poco incline ai compromessi. Opera nel campo dell’arredamento, dell’immobiliare e della comunicazione. Ha rivestito importanti e prestigiosi incarichi all’interno di numerosi enti, consorzi e associazioni sia a livello locale che nazionale. Profondo conoscitore delle dinamiche politiche ed economiche, è abituato a mettere la faccia in tutto quello che lo coinvolge. Ama scrivere ed esprimere le sue idee in maniera trasparente. d.gambacci@saturnocomunicazione.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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