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Interventi sull'Arno tra Arezzo e Capolona, prima la salvaguardia della fauna ittica

Stimata dal Consorzio di Bonifica una presenza nel tratto di 10 quintali di pesci

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I pesci liberati a quattro mani sono il simbolo della grande attenzione che si deve porre agli ecosistemi fluviali quando si lavora in alveo.

Siamo al Ponte di Castelluccio, sull’Arno che in questo punto scorre tra i comuni di Arezzo e Capolona: qui il Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno è pronto per iniziare un importante  intervento di manutenzione straordinaria.

Il tratto di fiume, che necessita di essere rimesso “in forma”,  è uno storico punto di riferimento, di incontro e socialità per le comunità locali ed è caratterizzato da un ambiente molto ricco dal punto di vista biologico e ambientale.

Particolarmente variegato è   il mondo che popola le sue acque, dove, a breve, dovranno entrare in funzione macchine operatrici.

Per mettere i pesci al riparo da eventuali pericoli, prima di dare il via all’operazione della messa in sicurezza idraulica, è partita la messa in sicurezza della fauna ittica.

“Il Consorzio ha creato una temporanea deviazione del corso d’acqua per poter effettuare le lavorazioni in alveo asciutto. Prima di procedere con l’intervento, con le associazioni dei pescatori, abbiamo organizzato la cattura e il trasferimento del pesce in “acque sicure”. Peraltro in  Toscana, la precauzione, è obbligatoria in caso di cantieri interni ai corsi d’acqua, dove insistono popolazioni ittiche”, spiega il direttore del Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno Francesco Lisi, che ha seguito personalmente l’avvio delle operazioni.

“Il Consorzio – aggiunge - si attiva seguendo una precisa procedura definita con le associazioni di pescatori per ridurre al massimo o addirittura azzerare l’impatto sulla fauna ittica”.  

Queste acque sono densamente popolate. Secondo una prima sommaria valutazione in questo tratto è stimata la presenza di circa 10 quintali di pesci”, commenta Vittorio Magi, delegato regionale di Enal Pesca, impegnato in prima persona al “salvataggio” con Eugenio Contemori. “Ci sono tanti barbi, cavedani, cavedani etruschi, ghiozzi, qualche lasca. Abbiamo trovato purtroppo anche un piccolo cavedano spagnolo: speriamo che non si riproduca perché rappresenta un pericolo per le nostre specie locali. Altrettanto pericolosi e purtroppo ormai molto abbondanti nelle nostre acque sono i siluri, alcuni di dimensioni importanti: la rovina dei fiumi italiani”,  aggiunge.

Autoctoni o alloctoni tutti i pesci vengono posizionati in acque sicure. L’operazione, che in questo tratto di Arno si presenta lunga per il numero di esemplari da mettere in salvo, è semplice.

La riepiloga Magi: “Interveniamo con un apparecchio apposito: l’elettro-storditore. Il pesce stordito per qualche istante viene a galla. Noi lo catturiamo con i retini e lo sistemiamo nei contenitori con cui effettuiamo il trasferimento in una pozza dove viene liberato e può riprendere tranquillamente a vivere e a muoversi”.

“Il Consorzio – specifica il Direttore Lisi - si attiva, seguendo una precisa procedura, definita con le associazioni di pescatori per ridurre al massimo o addirittura azzerare l’impatto sulla fauna ittica. D’altronde il nostro ente agisce sull’ambiente nello svolgimento delle sue attività di difesa idrogeologica e di fornitura di acqua alle imprese agricole. Proprio per questo tiene sempre conto del contesto dove è chiamato ad operare. Si attiene infatti  a protocolli specifici, definiti allo scopo non solo di tutelare la fauna e la flora presenti nei corsi d’acqua, ma, dove possibile, anche di rinaturalizzare gli ambienti che, in seguito all’abbandono, sono stati colonizzati da situazioni di degrado in cui si sono sviluppate spesso specie animali e vegetali alloctone e invasive”.

Redazione
© Riproduzione riservata
24/09/2022 16:05:22


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