In Italia ci sono 1,4 milioni di giovani inattivi
Hanno tra i 15 e i 29 anni: no studiano, non lavorano e non si formano
In Italia ci sono 1,4 milioni di giovani che non fanno nulla. Un numero di inattivi come nessun altro, nell’Unione europea, e la cui situazione è stata peggiorata dalla pandemia di Covid. Si tratta di giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che hanno smesso di studiare, non lavorano, non si formano, e non hanno intenzione di farlo. È la generazione già perduta, che si rischia di perdere per sempre se non si corre ai ripari.
Il rapporto sull’occupazione che la Commissione europea pubblica in occasione dell’approvazione dei pareri sulle leggi di bilancio e le raccomandazione per la zona euro, dice che la situazione in Italia «è critica» quando si parla di coloro fuori da tutti, dall’istruzione, dalla formazione e dal mondo del lavoro («Neet», secondo l’acronimo di lingua inglese). Il tasso degli inattivi è il 15,7%, il più alto di tutta l’UE.
Una situazione deterioratasi con la crisi sanitaria. Un po’ ovunque, rileva la Commissione europea, lo shock Covid-19 ha invertito la tendenza di sei anni di calo del numero di giovani senza lavoro, istruzione o formazione. Ciò si deve «in parte a causa delle posizioni precarie dei giovani nel mercato del lavoro», e accende la luce dei riflettori sui contratti atipici. In Italia prima della pandemia il lavoro temporaneo era la regola per gli under 25, lo aveva il 63,3% di loro. Alla fine del 2020, anno di pandemia e lockdown, il tasso è sceso al 58,9% ma perché è crescita la disoccupazione. Servirà una seria riforma del lavoro, la situazione «richiede un'azione politica decisa per prevenire i rischi di effetti negativi a lungo termine».
Ma c’è di più di questo. Perché il sistema Italia sembra fare acqua da tutte le parti. L’Italia è nel gruppo dei sei Stati membri col più alto tasso di abbandono scolastico una volta terminato il ciclo di studi obbligatori. E’ il 13% degli italiani tra i 18 e 24 anni a lasciare libri e banchi, quasi 400mila giovani (384.265), tutti poco qualificati.
Si rende necessario un cambio di rotta. Serve una scuola di qualità e più a misure delle nuova domanda di lavoro. Tradotto, «sono necessari sforzi significativi per potenziare le competenze digitali degli alunni in tutta l'UE», Italia inclusa
«In tutta l’Unione europea abbiamo nove milioni di giovani che non hanno un'istruzione, un lavoro o una formazione», lamenta il commissario europeo per il Lavoro e gli affari sociali, Nicolas Schmit. Un fetta consistente di questo dato è italiana. «Dobbiamo essere molto attivi nel fornire ai giovani gli strumenti e l'esperienza di cui hanno bisogno per entrare nel mercato del lavoro e avere accesso a posti di lavoro stabili». Si rende necessario perché «abbiamo bisogno dell'innovazione e della produttività della prossima generazione per mantenere competitiva la nostra economia». Un appunto soprattutto per Mario Draghi.
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