I costi nascosti dell’e-commerce: entro il 2025 i negozi italiani perderanno quasi 4 miliardi
Lo studio di Alvarez&Marsal: costi in crescita, ma l’avanzata digitale non si ferma
Una mazzata che sfiora i quattro miliardi. La faccia nascosta del boom dell’e-commerce, dello spostamento rapidissimo dei consumi dal canale fisico a quello digitale, avrà un costo enorme per i negozianti italiani che non riusciranno a salire sul treno della rivoluzione. Nel giro di quattro anni, a causa della spinta impensabile di una pandemia che ha insegnato a muoversi su e giù per la rete anche a chi era convinto di «resistere» alle sirene del commercio 2.0, il comparto brucerà 3,7 miliardi di euro. I conti sono in uno studio del colosso della consulenza globale Alvarez&Marsal, realizzato in collaborazione con Retail Economics. L’indagine spiega che i rivenditori «digital only» in genere operano con margini notevolmente inferiori rispetto ai modelli di business multicanale e fisici: l’analisi mostra che in un comparto dove già da diversi anni è in corso un progressivo assottigliamento dei profitti, i margini per i retailer europei online puri si aggirano in media intorno all’1,4%, valore di 4 punti percentuale sotto a quello dei rivenditori misti che tocca il 5,2%. A questa premessa - meno marginalità per i business completamente online - si devono aggiungere gli investimenti necessari ai retailer tradizionali per compiere lo spostamento verso il mercato digitale. Bisogna investire su nuove competenze, sul potenziamento dell’infrastruttura tecnologica e degli aspetti logistici e a tutto ciò vanno sommate le «vere variabili capaci di influenzare maggiormente il futuro del settore: le spedizioni e soprattutto i resi». Questi ultimi rappresentano proprio la chiave di volta del settore. I nuovi consumatori digitali, e questo, dice lo studio, «è particolarmente valido per i giovani compratori, spesso nativi digitali», restituiscono la merce acquistata online con più facilità: basti pensare che quasi il 9% del totale delle spedizioni dell’ecommerce italiano torna indietro come reso, in UK questa percentuale sale all’11%.
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