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Israele, tonnellate di greggio sul litorale: danni all’ambiente per 180 chilometri

«L'inquinamento marino più grave degli ultimi decenni»

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Una marea nera, sospinta con forza da onde elevate, ha raggiunto negli ultimi giorni le coste mediterranee di Israele causando quello che secondo la stampa è il peggiore disastro ecologico degli ultimi decenni. Tracce di inquinamento sono state rilevate in tratti di spiaggia in tutto il litorale dal confine col Libano a quello con Gaza, per 180 chilometri complessivi. Dopo un sopralluogo del premier Benyamin Netanyahu, il governo ha proclamato la chiusura fino a nuovo ordine di tutta la costa di Israele. Vietato bagnarsi, e proibiti anche campeggi e sport. Migliaia di volontari si sono mobilitati per ripulire almeno le spiagge da quantità di catrame. Ma hanno affrontato solo una parte del problema.

Grande preoccupazione desta la sorte dei fondali marini, dei pesci e degli organismi che vi si trovano. Secondo una studiosa dell'Università di Haifa, Ilana Berman, l'esperienza del Messico insegna che dopo incidenti di tale portata anche molti anni di sforzi non bastano per riportare l'ambiente naturale alle condizioni originali. Inoltre Israele deve considerare le ripercussioni sulla qualità dell'acqua. Necessariamente la vicenda coinvolge infatti gli impianti di desalinizzazione in mare che garantiscono al Paese il 70 per cento delle sue necessità. Secondo il ministero dell'ambiente decine di tonnellate di greggio sono fuoriuscite circa una settimana fa da una nave che era oltre le acque territoriali di Israele.

Nell'area erano presenti almeno una decina di petroliere e la responsabile non è stata ancora identificata. La vicenda, come era inevitabile, ha riaperto un conflitto permanente fra ambientalisti e governo. I primi hanno denunciato l'anno scorso l'installazione vicino alla costa di una grande rampa per la estrazione di gas naturale (che pure rappresenta un pericolo per l'ambiente) ed il mese scorso hanno protestato contro la firma di un contratto con gli Emirati arabi uniti relativo al transito di quantità molto elevate di petrolio nella 'Europe-Asia Pipeline' ('Katza'a', in ebraico) fra Eilat, sul Mar Rosso, ed Ashkelon, sul Mediterraneo.

Si tratta di un progetto da 700 milioni di dollari in otto anni relativo al transito annuale del contenuto di decine di petroliere. «Anche un incidente minore - hanno avvertito 250 scienziati in una petizione rimasta inascoltata - rischia di provocare danni irreparabili alla barriera corallina di Eilat». Nel 2014 una fuga di greggio dalla pipeline di 'Katza'a' (allora sotto un'altra gestione) provocò in una riserva naturale del Neghev un disastro ambientale che ancora non è stato superato. Alla luce adesso della traumatica chiusura di tutte le coste mediterranee di Israele, affermano gli ambientalisti, occorre almeno annullare l'accordo con gli Emirati. 

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
21/02/2021 20:01:32


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