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Schwazer, un’altra batosta. Il Tribunale di Losanna conferma la squalifica per doping

I giudici elvetici hanno respinto il ricorso che chiedeva una sospensione

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Il rinvio delle Olimpiadi a causa del coronavirus aveva alimentato le speranze di Alex Schwazer di poter tornare a gareggiare proprio in occasione Giochi giapponesi del 2021. Ma la speranza ora deve fare i conti con la realtà giudiziaria. E qui ricominciano i guai. Come riporta il quotidiano ticinese “La Regione” il tribunale federale di Losanna ha consegnato le motivazioni con cui spiega la bocciatura del ricorso presentato dal marciatore altoatesino. In sintesi: non ci sono fatti nuovi e per questo ogni rivalsa non può essere accolta. Un pronunciamento netto, senza possibilità di interpretazione. L’obiettivo di Schwazer e dei suoi avvocati era ottenere la sospensione della squalifica per doping di 8 anni, squalifica che resta quindi confermata fino al 2024, quando Alex avrà 40 anni. Sportivamente parlando una condanna a vita.

La sentenza, datata 17 marzo, è diventata pubblica solo adesso e rappresenta l’ennesima batosta nella lunga e travagliata carriera dell’ex olimpionico azzurro. Il ricorso alla giustizia svizzera era nato sulla scia degli sviluppi giudiziari avvenuti nel tribunale di Bolzano, dove Schwazer è ancora indagato per frode sportiva, nel filone penale della positività riscontrata nel 2016 (e costata l’esclusione dai Giochi di Rio). I riscontri emersi durante le indagini preliminari avevano messo nero su bianco alcune anomalie nel prelievo e nella gestione delle provette che portarono alla squalifica. Era stato prima il comandante dei Ris di Parma, Giampietro Lago, ad evidenziare alterazioni nelle provette con valori di Dna «non compatibili fisiologicamente» con le caratteristiche dell’atleta e poi lo stesso gip Walter Pelino ad avanzare l’ipotesi della «manipolazione» come l’unica «al momento suffragata da indizi».

Sulla base di questi riscontri l’avvocato Gerhard Brandstaetter aveva scelto di rivolgersi al tribunale federale di Losanna, l’unico organo in grado di rimettere in discussione una sentenza del Tas (Tribunale di arbitrato sportivo). La storia dice che i ricorsi accolti sono pochissimi e il caso di Schwazer non fa eccezione. Ricorso presentato il 5 dicembre e bocciato dai giudici federali il 10 dello stesso mese. Ora la motivazione dice qualcosa in più sul perché di quella bocciatura. Secondo il tribunale federale quelle che gli avvocati di Schwazer considerano prove che scagionerebbero l’atleta, in realtà non costituiscono un «fatto nuovo» mentre in questo caso la documentazione emersa nel processo a Bolzano «viene semplicemente utilizzata come elemento a fondamento della tesi secondo cui il campione di urina che ha condotto alla squalifica sarebbe stato manipolato». Allo stesso modo «la pretesa manipolazione, di cui l’atleta si era invano avvalso più volte innanzi al Tribunale arbitrale, non costituisce una novità». E infine: «Anche la giurisprudenza più recente esclude la possibilità di avvalersi di referti allestiti dopo l’emanazione della sentenza di cui è chiesta la revisione».

Parole pesantissime che rischierebbero di stroncare le ambizioni sportive di chiunque. Interpellato nel merito, però, Schwazer non si dice preoccupato e rilancia: «Per me non cambia nulla. Io mi batto per la verità e quindi per dimostrare la mia innocenza nel processo di Bolzano. Se emergeranno delle prove apriremo un nuovo procedimento in Svizzera. Adesso che le Olimpiadi sono state spostate abbiamo più tempo e possiamo aspettare la fine del processo».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
05/05/2020 20:09:18


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