Opinionisti Giacomo Moretti

Un Paese nemico delle donne

Per le donne italiane vivere in Italia è più pericoloso che andare in guerra

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Il 25 novembre scorso, come tutti gli anni si è celebrata la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne”.

Una giornata importante, però forse, come dimostrato in tutti questi anni non basta.

In merito all’insopportabile fenomeno del femminicidio nel nostro Paese, i dati sono davvero impietosi.

Dall’anno 2000 ad oggi, le donne vittime di tale orribile atto sono più di 3000, 142 solo nell’anno 2018, una in più rispetto al 2017.

Al 24 novembre 2019 sono 95 gli omicidi che vedono come vittima una donna.

Una vera e propria vergogna nazionale.

Per le donne italiane vivere in Italia è più pericoloso che andare in missione internazionale in paesi dove c’è la guerra.

Una vera e propria barbarie.

Una strage vergognosa rispetto alla quale ancora purtroppo non si è trovata una soluzione.

Non credo che l’inasprimento delle pene, che evidentemente è necessario e doveroso, sia sufficiente.

Fosse per me, in deroga ad ogni mio principio volto al garantismo, vista la situazione, penso che la famosa chiave da buttare sia il minimo.

Ma oltre alle tante vittime di femminicidio, a questi dati impietosi, andrebbero aggiunte anche tutte quelle donne che ogni giorno subiscono violenze e prevaricazioni di ogni genere.

Non vi è tempo di approfondire in questa sede anche i dati relativi a questa ulteriore vergogna ma siamo nell’ordine di milioni di donne.

La cosa che più colpisce è che, secondo i dati statistici, il 50% delle donne viene uccisa dal partner o da ex, il 77% da un familiare e nel 44,60% dei casi la vittima aveva precedentemente denunziato il soggetto che successivamente si rivelerà come il proprio assassino.

L’ultimo femminicidio riportato dai media ha colpito tutti per la brutalità dell’esecuzione.

In un fotogramma ripreso dalla telecamera di una villa privata si vede un…essere (chiamarlo uomo è davvero troppo), che rincorre la sua vittima ancora in mutande e con i pantaloni calati, la accoltella uccidendo insieme a lei anche il proprio figlio.

Una cosa agghiacciante.

Una cosa davvero ripugnante.

Continuiamo ad illuderci che il cattivo viene da lontano, o solo da lontano, che abbia culture diverse dalla nostra, che sia cresciuto in paesi che noi consideriamo sottosviluppati, non solo economicamente ma soprattutto moralmente ed eticamente.

In realtà il nemico per tante donne non è alla porta di casa ma dentro casa.

Non è lo sconosciuto di turno, ma è l’essere più vigliacco di tutti, ovvero l’essere che dice di “amarla”, che talvolta si era impegnato a “proteggerla” e che invece si rivelerà per il penoso essere che è.

Questi esseri infami, sono un sottoprodotto della nostra cultura, della nostra educazione, del nostro modo di vivere.

Asserire il contrario distanzia da noi l’orrore, ma non è corrispondente al vero.

Dunque certamente vengano pene più severe, o meglio definitive, questi non devono più uscire dal carcere, possibilmente duro, possibilmente esaltando quell’aspetto della pena che la nostra Costituzione richiama, ovvero la retribuzione per quanto fatto.

Oggi si è più portati a far primeggiare l’aspetto rieducativo, un aspetto importante, infatti è bene che certi soggetti vengano rieducati per tutta la vita dietro ad una finestra con le sbarre di ferro.

Non è accettabile che, per le donne, l’Italia sia da decenni più pericolosa che camminare in un campo minato.

Ed a proposito di rieducazione, forse è meglio prendere atto che c’è qualcosa di malato nell’educazione che viene resa e data.

Forse invece di pensare a rieducare, sarebbe bene concentrarsi sull’educare.

Una educazione, una formazione che deve essere continua, non basta una giornata celebrativa, qui serve una vera e propria svolta educativa che coinvolga tutti i soggetti istituzionali e non solo.

Quello che avviene nel nostro Paese è inaccettabile.

Redazione
© Riproduzione riservata
11/12/2019 16:39:28

Giacomo Moretti

Nato ad Arezzo – Dopo aver assolto agli obblighi di leva comincia subito a lavorare, dalla raccolta stagionale del tabacco passa ad esperienze lavorative alla Buitoni e all’UnoaErre. Si iscrive “tardivamente” all’età di 21 anni alla Facoltà di Giurisprudenza di Urbino dove conseguirà la laurea in corso. Successivamente conseguirà il Diploma presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali. Assolta la pratica forense, nel 2012 si abilita all’esercizio della professione forense superando l’esame di stato presso la Corte d’Appello di Firenze. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Arezzo esercita la professione forense fino al dicembre 2016. Attualmente si è sospeso volontariamente dall’esercizio della professione di avvocato per accettazione di incarico presso un ente pubblico a seguito della vincita di un concorso. Molto legato al proprio territorio, Consigliere comunale ad Anghiari per due consiliature consecutive. Pur di non lasciare la “sua” Anghiari vive attualmente da pendolare. Attento alla politica ed all’attualità locale e non solo, con il difetto di “dire”, scrivere, sempre quello che pensa. Nel tempo libero, poco, ama camminare e passeggiare per la Valtiberina e fotografarne i paesaggi unici.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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