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Ostia, la Cassazione conferma: “Il clan Fasciani è mafia”

Le 10 condanne a vario titolo diventano definitive

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A Ostia la mafia c’è e ad impersonarla è il clan Fasciani. Lo ha ribadito il collegio della seconda sezione penale della Cassazione, presieduta da Giovanni Diotallevi, che ieri ha respinto i ricorsi di 9 dei 12 imputati contro la sentenza della Corte di Appello di Roma del 4 febbraio scorso, confermando la sussistenza nel territorio di Ostia di una associazione di stampo mafioso. È una sentenza storica, che rende definitive le 10 condanne già emesse a vario titolo per associazione altri reati aggravati dall’uso del metodo mafioso: estorsioni, usura, traffico internazionale di droga, controllo delle concessioni balneari, taglieggiamento ai danni di bar, tabaccherie, ristoranti, esercizi commerciali vari. Una miscela di attività delittuose che valgono oltre 27 anni di reclusione per il “patriarca” Carmine Fasciani; 12 anni e 5 mesi per la moglie, Silvia Franca Bartoli, investita di un ruolo apicale nell’ambito dell’organizzazione mafiosa; 11 anni e 4 mesi alla figlia Sabrina, ritenuta la “luogotenente” del boss; 6 anni e dieci mesi alla figlia Azzurra. Oltre al sequestro di beni per oltre 18 milioni di euro inflitto al clan del litorale romano. Condannati anche Alessandro Fasciani, nipote di Carmine, a 10 anni e cinque mesi, Terenzio Fasciani (8 anni e mezzo), Riccardo Sibio (25 anni e mezzo), Luciano Bitti (13 anni e tre mesi), a John Gilberto Colabella 13 anni, Danilo Anselmi 7 anni.

Un nuovo processo determinerà invece la pena per Mirko Mazzoni ed Eugenio Ferramo. La sentenza della Suprema Corte chiude una vicenda processuale di anni, tormentata e complessa: in primo grado c’erano state condanne pesantissime; l’appello aveva invece fatto decadere l’accusa di associazione e l’aggravante della modalità mafiosa. Nel 2017 era intervenuta la Cassazione ordinando di ripetere il processo d’appello definendo l’attività mafiosa «processualmente acquisita». Di «sentenza che farà scuola» parla l’avvocato Giulio Vasaturo di Libera, parte civile nel processo: «E' la prima volta che la Cassazione riconosce la mafia a Roma, non era mai accaduto - ha commentato subito dopo la sentenza. – Questo segna un nuovo corso della giurisprudenza. Vengono riconosciute le mafie autoctone al centro e al nord». «Lo Stato c’è», è stato invece il commento a caldo della sindaca di Roma Virginia Raggi, presente alla lettura del dispositivo: «Per iniziare la cura bisogna riconoscere l'esistenza della malattia – ha detto. - Adesso Ostia può voltare pagina e alzare la testa».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
30/11/2019 06:10:00


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