Opinionisti Giacomo Moretti

Questo splendido Paese che non ci meritiamo

La solidarietà tra noi, non può essere condizionata dalla classe politica inetta

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In questi giorni piovosi ci vengono proposte continuamente immagini della nostra bellissima Italia.

Un Paese che pare non riuscire a scrollarsi di dosso la sindrome da emergenza perenne.

Immagini di torrenti, se non veri e propri fiumi, che percorrono indisturbati le strade di città e paesi trascinando via tutto e arrecando danni enormi.

Città bellissime, come Matera, che quest’anno ha avuto l’onore di vivere le celebrazioni in qualità di “Capitale Europea per la Cultura 2019”.

Una città piena di storia e cultura, uno scrigno del nostro bellissimo sud, invasa da fango e acqua.

Contestualmente abbiamo visto Venezia ostaggio dell’ennesimo episodio di acqua alta.

Una marea di dannosissima acqua salata che ha invaso le bellezze veneziane, danneggiandole gravemente.

In successione un fiume, l’Arno, in piena, una piena che ha attraversato città che da sole vantano una concentrazione di arte che interi paesi al mondo non hanno.

L’Arno, quel fiume tranquillo che da Ponte Vecchio la sera è uno spettacolo, che diventa una concreta minaccia fangosa per Firenze.

Era il 1966 quando Firenze fu invasa dal fango con danni incalcolabili, ed è proprio nello stesso anno che a Venezia fu registrata la marea più alta e più dannosa della storia moderna.

Potrei continuare nell’elenco delle zone colpite in questi giorni ma credo che sia più che sufficiente quanto già detto.

Ebbene da quel disastroso 1966 sono passati 53 anni e mi chiedo cosa sia stato fatto per impedire che eventi così dannosi si ripetessero.

A Firenze il sistema di protezione, ancorchè non ultimato, sembra aver retto, anche se difficile dire se i danni siano stati evitati per un sano intervento umano o perché domenica sera, il 17 novembre, nel fiorentino abbia cessato di piovere, ma comunque a questo giro è andata bene.

E a Matera?

Evidentemente dall’ultima alluvione di pochi anni fa non è stato fatto nulla se non tante promesse e tanti soldi spesi, evidentemente malissimo.

Ma Venezia merita qualche riga in più.

Nei primi anni novanta cominciano i lavori per l’opera pubblica che, a dire dei promotori, avrebbe salvato la città.

Il famigerato “Mose” che, ad oggi, è costato ai contribuenti italiani qualcosa come più di 7 miliardi di Euro, circa 3 volte quanto speso per realizzare l’Autostrada del Sole più nota come A1.

Così a Venezia 53 anni dopo e con 7 miliardi spesi si realizza lo stesso danno del 1966.

Al fine di evitare di diventare volgare, peraltro atteggiamento che non mi appartiene, mi morderò un attimo la lingua, o meglio morderò le mie dita.

Ma davvero noi italiani possiamo sopportare tutto questo?

Una classe politica che ha speso una somma enorme e senza portare a casa nulla ed il bello, o meglio il tragico, è sentire i politici locali a tutti i livelli dire in Tv che loro “del Mose non sanno nulla”, e poi tutta la trafila delle classiche italiche scuse: è colpa di quello, di quell’altro e compagnia cantante.

Cioè fatemi capire, 7 miliardi spesi, un’opera gigantesca, ma nessuno sa nulla.

Meglio far finta di crederci, ovviamente sempre per non diventare volgare.

In tutto questo però mi hanno colpito due cose.

La prima è che sia i fiumi in piena che l’acqua alta a Venezia, sono problemi più che prevedibili e tanto non si fa nulla.

Quando subiamo un terremoto, di solito, la prima cosa che viene detta è che: “sono fenomeni imprevedibili”, come lo sono anche le eruzioni vulcaniche, dopo quest’estate gli abitanti dello Stromboli potrebbero dirci qualcosa in merito.

E va bene, perché se un terremoto fosse prevedibile che verrebbe fatto?

Qualcuno mi spieghi l’utilità della prevedibilità dei fenomeni se in 53 anni non si riesce a far fronte ad eventi non sono prevedibili ma che con certezza si verificheranno.

La seconda cosa riguarda la solidarietà.

Dopo che Venezia è stata sommersa e danneggiata, anche nelle varie attività private, è partito un “tam tam” dove venivano esposti scontrini emessi dai bar di Piazza San Marco dai quali si evinceva il costo di un caffè pari a 11,00 euro, in un caso persino 15,00 euro.

Tutto questo per giustificare il motto: “Io ai veneti non dono nemmeno un euro”.

Oppure frasi del tipo: “Con tutti i miliardi che si sono mangiati con il Mose non dobbiamo dare nulla”.

Premetto che sono stato più volte a Venezia ed ho visto anche io i prezzi scandalosi dei bar dai quali mi sono tenuto ben lontano e nessuno mi ha puntato contro la pistola obbligandomi a comprare alcun che.

Detto questo la solidarietà è tale proprio perché alla base vi è l’inesistenza delle condizioni.

La solidarietà tra noi, non può essere condizionata dalla classe politica più o meno inetta che ci governa.

All’Italia dobbiamo voler bene per quello che è e rappresenta, e non da chi, nel tempo e nello spazio, cerca di rappresentarla purtroppo per noi, sempre più indegnamente.

Redazione
© Riproduzione riservata
21/11/2019 18:07:50

Giacomo Moretti

Nato ad Arezzo – Dopo aver assolto agli obblighi di leva comincia subito a lavorare, dalla raccolta stagionale del tabacco passa ad esperienze lavorative alla Buitoni e all’UnoaErre. Si iscrive “tardivamente” all’età di 21 anni alla Facoltà di Giurisprudenza di Urbino dove conseguirà la laurea in corso. Successivamente conseguirà il Diploma presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali. Assolta la pratica forense, nel 2012 si abilita all’esercizio della professione forense superando l’esame di stato presso la Corte d’Appello di Firenze. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Arezzo esercita la professione forense fino al dicembre 2016. Attualmente si è sospeso volontariamente dall’esercizio della professione di avvocato per accettazione di incarico presso un ente pubblico a seguito della vincita di un concorso. Molto legato al proprio territorio, Consigliere comunale ad Anghiari per due consiliature consecutive. Pur di non lasciare la “sua” Anghiari vive attualmente da pendolare. Attento alla politica ed all’attualità locale e non solo, con il difetto di “dire”, scrivere, sempre quello che pensa. Nel tempo libero, poco, ama camminare e passeggiare per la Valtiberina e fotografarne i paesaggi unici.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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