Il liquidatore di Bankitalia Santioni spiega il fallimento di Banca Etruria
Spese folli e tanti misteri
Nel fallimento di Banca Etruria, un ruolo chiave lo ha rivestito Giuseppe Santoni, il professore universitario che nel novembre 2015 Bankitalia volle come liquidatore della vecchia Bpel. Santoni ricostruisce il crac, partendo dal 2007, con la gestione Faralli, quando la banca persegue una politica di acquisizioni e di ingrandimento (Del Vecchio, Lecchese) che è però minata da una scarsa redditività. Il 2009 è un anno chiave: prima c'è il passaggio della direzione da Berni a Bronchi, poi la notte dei lunghi coltelli culminata nel defenestramento di Faralli a vantaggio di Fornasari con il voto a maggioranza del Cda (8-7). La prima ispezione avvenne del 2010 che si limitò a riscontrare solo alcune anomalie: e poco dopo prende il via l'escalation delle sofferenze e dei crediti deteriorati. Nel 2013, riferisce Santoni, le sofferenze ammontano al 18% e i deteriorati al 33%, fino a salire al 40 al momento della risoluzione. Centrale, nella ricostruzione del liquidatore, la lettera che Bankitalia invia a Etruria nel dicembre 2013, quella in cui si chiede la fusione con una banca di elevato standing. Fusione che non avviene con Vicenza , secondo Santoni, per scarsa volontà dei vertici dell'istituto, peraltro supportati dalle prese di posizione del territorio. Il cammino, spiega il liquidatore, è ormai in una china irreversibile e si arriva, nel corso del drammatico cda del febbraio 2015 che dovrebbe approvare un bilancio in perdita di 500 milione con sostanziale azzeramento del capitale, alla sospensione dello stesso da parte degli uomini di Bankitalia e al successivo commissariamento. La relazione di Santoni è quella che ha portato il procuratore Roberto Rossi a contestare la bancarotta, fraudolenta per i casi più gravi, colposa per gli altri. Un capo di imputazione che accomuna un ex presidente, Lorenzo Rosi, due ex vice, Giorgio Guerrini e Giovanni Inghirami, più un manipolo di consiglieri d’amministrazione, sindaci revisori e dirigenti. Tra i fatti contestati si ricorda il finanziamento allo Yacht Etruria, 25 milioni perduti per un panfilo che ancora arrugginisce nel porto di Civitavecchia. La storia della San Carlo Borromeo, il relais di lusso del guru Armando Verdiglione, per il quale Santioni evidenzia come la banca abbia erogato un’altra ventina di milioni in cambio di un’ipoteca di quarto grado? Praticamente carta straccia. Quanto alla Sacci, sono ancora una cinquantina di milioni, la più grossa perdita singola di Etruria, andati al gruppo guidato da un consigliere della banca come Augusto Federici. In tutto, Santoni stima operazioni fallimentari per circa duecento milioni, una voragine, anche se non basta da sola a spiegare il crac finale
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