Il Teatro di Ionesco da Sansepolcro e Sestino

Domenica 26 agosto in debutto nazionale nel Teatro alla Misericordia
È tornata la surreale visione del mondo di Eugène Ionesco in Valtiberina. Gli amanti del Teatro dell'assurdo, particolare tipo di opera scritta da alcuni drammaturghi, soprattutto europei, sul finire degli anni '40, '50 e '60, anno trovato modo di dare sfogo al loro interesse anche nell’ambito dell’edizione 2018 del "Festival teatro musica estate" organizzato da Laboratori Permanenti di Sansepolcro che ha riservate, dal 3 al 30 Agosto, piacevoli sorprese e curiosità e, tra l’altro, Sabato 25 agosto la sorprendente e bravissima compagnia blucinQue di Torino, nell’Auditorium di Santa Chiara, con “Frames, il ritmo del silenzio”con la regia e coreografia di Caterina Mochi Sismondi. In questo spettacolo l’intreccio tra cinema muto, teatro/danza, mirabolanti numeri acrobatici in una atmosfera surreale tra luce e buio ed un silenzio assoluto rotto solo da frammenti di evocativo canto hanno regalato al pubblico la piacevolissima scoperta di atmosfere un po’ magica. Ma, sempre nell’ambito di questo Festival e parlando di teatro dell’assurdo, c’è uno spettacolo sul quale vale la pena di soffermarsi, degno di nota, per più motivi.
Domenica 26 agosto in debutto nazionale, nel Teatro alla Misericordia di Sansepolcro ed in replica il 30 agosto al Teatro Pilade Cavallini di Sestino, in scena “Le sedie”, spettacolo di Laboratori Permanenti, testo di Eugène Ionesco, con Caterina Casini e Fabio Mangolini, regia Giles Smith, scene di Maria Inferrera, collaborazione ai costumi Svetlana Mikova.
Commedia, a tratti divertenti, è nitida esplorazione di temi contemporanei ed epocali.
L'opera, in un atto, definita dallo stesso autore una "farsa tragica" era stata scritta e rappresentata per la prima volta nel 1952.
Due anziani, in un’isola, preparano freneticamente le sedie per una interminabile serie di ospiti invisibili che vedono solo loro e, soprattutto, con cui dialogano solo loro. I convenuti immaginari potranno, più tardi, ascoltare un oratore comunicare le scoperte del vecchio. Si tratta di rivelazioni epocali che potranno cambiare la storia, probabilmente spiegheranno addirittura il senso della vita. Si scopre che ad essere invitate sono tutte le persone del mondo; la loro invisibilità, il fatto che il vecchio parli della distruzione di Parigi, assieme ad altri elementi, fanno presupporre che si tratti di un mondo post-apocalittico.
“Ma sì, ti dico, tutti, tutti, tutti, giacché evidentemente, per un verso o per l'altro - dice il vecchio rispondendo alle domande insistenti della compagna che si preoccupa che non sia stato dimenticato nessuno - sono tutti degli studiosi o dei proprietari”.
Mentre si iniziano a scoprire, attraverso le parole dei due compagni, particolari degli ospiti e dopo l’arrivo di un fantomatico imperatore che sembra coronare il prestigio dell’uditorio fantasma, l'oratore, interpretato da un attore reale, arriva ad offrire il suo discorso alla folla riunita. La presenza fisica dell'oratore sembra contraddire l’andamento surreale della serata e sembra riportare la situazione ad una tragica realtà di solitudine dei due vecchi che, dopo aver affidata la fantomatica platea all’oratore, sostenendo che il mondo intero sta per ascoltare le rivelazioni, si gettano felici da una finestra sul buio del fondo scena. L’oratore infine deluderà ogni più ambiziosa aspettativa del pubblico teatrale, rimanendo in silenzio.
Se è vero che le caratteristiche peculiari del teatro dell'assurdo sono il deliberato abbandono del razionale e il rifiuto del linguaggio logico e consequenziale, sostituiti da una successione di eventi legati da una effimera traccia, è anche vero che Caterina Casini e Fabio Mangolini hanno dato corpo in maniera convincente alla labile vicenda legando il pubblico al raffinato quanto onirico castello che sono riusciti a costruire. Una Casini che ha speso anche la sua forza comica nel delineare la frizzante energia del personaggio e un Mangolini particolarmente ispirato e sacrale hanno permesso al pubblico se non di capire il più autentico significato di un messaggio, che di fatto alla fine dell’opera non viene dato, almeno di entrare nel grande inganno del Teatro di Ionesco tanto da rimanerne folgorati. Due attori perfetti nei ruoli perfetti ci hanno insomma regalato i serrati dialoghi senza senso dal sapore tragico con quell’ironia raffinata capace di suscitare a volte il sorriso .
“Se è assolutamente necessario che l'arte o il teatro servano a qualche cosa – ha scritto Ionesco - dirò che dovrebbero servire a insegnare alla gente che ci sono attività che non servono a niente, e che è indispensabile che ce ne siano”.
Lo spettacolo è stato poi, il 31 Agosto, replicato con successo anche a Roma nei Giardini della Filarmonica e sembra, ora, aver intrapreso un cammino che lo vedrà su importanti palcoscenici italiani.
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