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Sansepolcro piange l'artista Mario Argenti: il suo sguardo rivolto alla luce

Aveva 92 anni, ma era sempre presente nelle varie mostre e collettive

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Alle prime luci dell'alba di sabato 28 giugno ci ha lasciato, all'età di 92 anni, l'artista e amico Mario Argenti. Ricoverato in ospedale solo da 24 ore a causa di un ictus, fino al giorno precedente era tranquillo a godersi la sua passeggiata in piazza Torre di Berta e nel centro storico di Sansepolcro. Lunedì 30 Giugno prossimo, alle 10 nella Chiesa di San Paolo, Don Simone celebrerà la funzione religiosa. Non è un caso che Michele Foni ha dedicato qualche tempo fa due pagine su L'Eco del Tevere a lui denominandole "Lo sguardo rivolto alla luce di Mario Argenti". Qui le riporto integralmente essendo ancora attualissime.

"Mario Argenti è nato a Città di Castello ed è il decano dei pittori residenti a Sansepolcro. La vita ritirata degli ultimi anni è ancora densa di lavoro nella sua abitazione al numero 13 di Via Martin Luther King, continuando ad indagare tecniche nuove o differenziando i suoi metodi ai poteri di oggi. Non è difficile incontrarlo alle mostre degli altri artisti segno di grande attualità del suo pensiero, capace di prendere in considerazione anche i giovanissimi. L'ambiente artistico lui lo ha sempre vissuto tutto, frequentando da giovane quello Umbro e da grande realizzando personali nel territorio toscano e partecipando a collettive anche all’estero, soprattutto negli anni ‘80. Mette in mostra le sue opere per la prima volta in una collettiva nel ‘57 al tempo in cui lavorava in tipografia, al fianco del padre litografo. Più tardi, alla fine degli anni ’60, si trasferisce a Sansepolcro con il passaggio lavorativo alla Buitoni dove era addetto al controllo delle qualità dei materiali e specializzato nei materiali per incartare, distinguendosi per le sue competenze nella stampa. A otto anni di età, sempre a Città di Castello, aveva frequentata la bottega dello scultore Bartolini e pure Alberto Burri che gli era vicino di casa. “L’arte di questo tipo è facile farla ma è difficile concepirla. Burri mi ha fatto capire la capacità di arrivare a certe astrazioni del pensiero con i materiali – racconta Argenti - avevo 16 anni, mi mostrò la balla intitolata Povertà. Non capii; se ne accorse e mi chiese se avevo sentito parlare di San Francesco e di quale tessuto fosse vestito. Risposi che era vestito di un saio. Lui mi chiese di cosa fosse fatto il saio. Una balla risposi”. In quegli anni l’ambiente culturale di Città di Castello era particolarmente vitale e Argenti ha avuto modo di incrociare importanti artisti come in occasione del Premio Venanzio Gabriotti del 1964 al quale lui si era classificato terzo e al quale c’erano, fuori concorso, tutti i grandi pittori dell’epoca. Le tecniche dell’acquaforte e della puntasecca, per esempio. gli sono state insegnate dall’artista Fernando Fusco. Argenti è interessato all’impressione della luce e a quello che questa crea sul paesaggio, sulle piante, sui monti e sull’acqua. Il gioco di luci ed ombre è protagonista e per questo motivo ha sempre amato dipingere dal vero; è, si potrebbe dire, un estremo tentativo di descrivere le emozioni e gli odori. La sua arte si compie nel descrivere un filo d’erba, un’onda e le condizioni climatiche che ruotano attorno a questi. Ci racconta, compiaciuto, di come venne gratificato da una visitatrice di una mostra che diceva di aver provata la sensazione del freddo nel guardare una sua nevicata. “È sempre stato l'ansioso desiderio di fissare la luce, i colori cangianti dell'arcobaleno, a sostenere l'urgenza di una ricerca veloce per realizzare il suo quadro - questo ha scritto Giulio Gambassi - Così, senza ripensamenti culturali e sul filo di un'irresistibile volontà di fare, Argenti vuol catturare l'attimo fuggente nella solitaria visione della natura”.

Redazione
© Riproduzione riservata
28/06/2025 22:55:26


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