Suicidio assistito: primo caso in Lombardia
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Cappato: "La Regione ha fatto il suo dovere". E Zaia lancia un appello
Pochi giorni fa è stata la Toscana a battere il primo colpo legislativo in applicazione della sentenza della Corte costituzionale che sollecitava il Parlamento a legiferare sul fine vita. Oggi viene dalla Lombardia la notizia della prima persona deceduta in Regione a seguito di questa pratica, seondo le linee dettate proprio dalla Consulta. Si tratta di una donna di 50 anni affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni che ha trovato la morte in casa sua, in una località della Lombardia, a seguito dell'auto-somministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale insieme alla strumentazione necessaria, come rivelato dal Corriere della sera. La richiesta era stata avanzata dalla donna 9 mesi fa, cui ha seguito un'istruttoria della Asl per verificare la presenza di tutti i requisiti e quindi la legale prescrizione del farmaco mortale. La 50enne è la quinta persona in Italia ad accedere alla "dolce morte".
La "Lombardia ha fornito l'aiuto medico per la morte volontaria perché era suo dovere farlo. Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell'irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia", hanno detto l'avvocata Filomena Gallo e Marco Cappato dell'Associazione "Luca Coscioni" che da sempre si batte per il libero accesso alla morte volontaria medicalmente assistita. Il 19 novembre del 2024, infatti, dopo che la proposta di legge "Liberi tutti" era stata ammessa dall'ufficio di presidenza della Regione, corredata da circa 8mila sottoscrizioni, il Consiglio lombardo aveva sollevato una questione pregiudiziale di incostituzionalità con la quale si dichiarava "incompetente" rifiutandosi quindi di legiferare. Cosa che invece non ha fatto la Toscana, già citata, che pochi giorni fa ha approvato una norma che legifera sulla materia, nelle more di un provvedimento nazionale.
La legge di iniziativa popolare intanto ha fatto il suo ingresso in molti consigli regionali anche se con poche fortune: quello della Toscana resta un assolo con intorno un'orchestra di strumenti afoni.
Il caso Veneto, Zaia: "Da noi 7 richieste, non si può più fingere"
Uno spiraglio sembra però arrivare dal Veneto di Luca Zaia. Il governatore leghista, che si era sempre dichiarato non contrario a priori, non si è opposto all'iter consiliare della legge presentata con 9mila firme all'inizio del 2024, che però non era passata in Consiglio per un voto. Oggi l'esponente leghista, giunto quasi alla fine del suo mandato, annuncia una circolare con le regole da seguire per garantire l’accesso al suicidio assistito per i malati in possesso dei requisiti.
Quello a cui sta lavorando la Regione Veneto, spiega Zaia in un'intervista a Repubblica, "non è un regolamento. E’ una circolare, che dovrebbe fissare delle regole, in quanto il fine vita esiste già. C’è la sentenza della Consulta del 2019. Stabilisce che un malato terminale può fare domanda se sono rispettati questi quattro requisiti - ricorda il governatore -: diagnosi infausta, mantenimento in vita da supporti, grave sofferenza fisica e psichica, libertà di scelta". E rivela che in Veneto sono state presentate 7 domande: una richiesta d'aiuto che non si può ignorare. La domanda bisogna farla "alle aziende sanitarie. Poi a decidere è un comitato etico", spiega. Zaia sostiene anche che la legge della Toscana potrebbe venire impugnata dal governo. "Ma il punto è che non possiamo fare venti leggi regionali diverse, tutte a rischio". Il governatore insiste: "Serve una legge nazionale".
Foto Ansa
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