A Scuola in Ospedale: il progetto taglia il traguardo degli 8 anni di attività
Il dottor Marco Martini: "Una attività importante per il benessere del bambino"
A Scuola in Ospedale. Un progetto diventato realtà 8 anni fa nel reparto di Pediatria dell’Ospedale San Donato di Arezzo grazie al dottor Marco Martini, Direttore della UOC Pediatria, che ha deciso di aderire all’iniziativa del Miur, oggi Ministero dell’istruzione e del merito.
Il progetto è destinato ai piccoli ricoverati in Pediatria per aiutarli a seguire il programma didattico permettendo loro, una volta tornati a scuola, di riprendere in modo regolare l’attività scolastica.
L’attività fa parte della convenzione sottoscritta dalla Asl Tse con l’Istituto Comprensivo IV Novembre di Arezzo e mette a disposizione della Pediatria tre insegnanti per la scuola media e una maestra prevalente per quanto riguarda la scuola primaria. Le docenti si dividono fra l’istituto scolastico e l’attività didattica in ospedale. Benedetta Piantini insegna italiano, storia e geografia a studentesse e studenti di scuola media ricoverati in Pediatria, per 9 ore la settimana. Altre 9 ore settimanali sono riservate alla matematica, docente Marzia Mearini, 3 ore alla lingua inglese sotto la guida di Laura Maurizi e 2 ore di religione con la docente Rossella Lisi, per 21 ore settimanali complessive.
Per seguire bambine e bambini delle elementari in ospedale c’è la maestra e coordinatrice Lidia Casa che è a disposizione dei piccoli per 24 ore settimanali, da lunedì al venerdì.
Per insegnare in ospedale servono doti e sensibilità particolari. «Occorre delicatezza verso il bambino e la sua famiglia – spiega la coordinatrice Lidia Casa – perché entriamo nel loro privato in un momento di fragilità causato dalla malattia. L’approccio prevede un primo step in cui facciamo accompagnamento al gioco e, una volta che il bimbo ha preso confidenza con l’insegnante, passiamo all’attività didattica, secondo modalità differenti modulate sull’età, che gli permette di entrare in una bolla di normalità all’interno di un ambiente che non è certo la scuola o la propria abitazione».
«Un altro aspetto cui dobbiamo prestare attenzione – aggiunge la prof. Benedetta Piantini - è quello di non confondere i ruoli di docente con quello dell’accogliere anche se per i bambini rappresentiamo un ponte che li avvicina alla normalità».
Un lavoro, quello delle insegnanti che prestano servizio in Pediatria, basato sulla stretta collaborazione con il personale infermieristico. «Infermieri e medici sono sempre molto disponibili nei nostri confronti e questo è molto importante – spiega la maestra Lidia Casa –. Per i bambini con una degenza più lunga prendiamo contatti con la scuola così da seguire lo stesso programma svolto in aula, permettendo loro di restare al passo con i compagni. Fondamentali per il nostro lavoro si sono rivelati i dispositivi, come pc e tablet, frutto di alcune donazioni, così come l’ambiente nel quale facciamo attività: la ludoteca è dotata di numerosi libri e materiale didattico oltre ad essere un ambiente di lavoro accogliente e rasserenante che mette a proprio agio i bambini».
«L’approccio delle insegnanti che punta sul gioco per arrivare all’attività didattica è importante – dice Laura Bartolommei Coordinatrice infermieristica Pediatria – e lo dimostra l’atteggiamento dei bambini che, dopo una prima resistenza, aspettano il momento di fare lezione. Le “nostre” docenti ogni giorno mostrano una grande sensibilità nel rapportarsi con i bambini e le loro famiglie, rispettando e assecondando le loro esigenze senza invadere la sfera privata».
«Per noi – aggiunge la prof. Benedetta – lavorare con i piccoli degenti è un arricchimento personale e professionale. Ogni giorno impariamo a relazionarci con la malattia e a trattare con le famiglie e i piccoli con la delicatezza che richiede la malattia e la necessità di rispettare il loro privato».
«È un progetto importante nel quale credo fortemente – conclude il dr. Marco Martini Direttore UOC Pediatria Arezzo – che è utilissimo non solo a fini didattici ma anche per il benessere del bambino che, grazie alla presenza delle insegnanti trova, nel luogo di degenza, una parentesi di normalità che lo aiuta a tornare alla vita di tutti i giorni dimenticando la malattia e che gli permette, una volta tornato a casa, di conservare un ricordo positivo del suo passaggio in reparto».
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