Fronda nel Pd sul referendum: "Un errore passare per centralisti"
Amministratori del Nord e riformisti scettici sul veto
Il referendum contro la riforma Calderoli? «Un errore strategico. Così passa l'idea che noi siamo contro l'Autonomia differenziata: al voto, la scelta sarà tra chi vuole il centralismo e chi l'autonomia. E io non ci sto a passare per centralista». Ad affermarlo non è un tifoso del governo Meloni, tutt'altro: è uno dei fondatori del Pd, Giorgio Tonini.
Parlamentare per molte legislature, ex presidente della commissione Bilancio, Tonini (romano di nascita, trentino di adozione) è uno dei dodici «saggi» che hanno scritto il manifesto fondativo del Pd, nel 2007. E oggi dà energicamente voce ai dubbi e al malessere di un pezzo del Pd sulla crociata referendaria anti-autonomia.
Un pezzo del Pd non trascurabile, perché raccoglie una larga parte degli amministratori del Nord, di area riformista e non solo, preoccupati che il manicheismo referendario finiscano per penalizzare anche elettoralmente il partito nelle regioni più sviluppate d'Italia: «Ci sono criticità serie, politiche e di messaggio, che abbiamo segnalato alla segretaria e che non vanno sottovalutate», dice un parlamentare settentrionale. Alla ripresa autunnale, il Pd del Nord intende farsi sentire, ma già ora inviti alla cautela nel «no» all'autonomia sono arrivati da personaggi del calibro di Giorgio Gori, di Emilio Del Bono e persino di uno schleiniano doc come Pierfrancesco Majorino. L'aspirante successore del sindaco di Milano Sala ha cercato in varie occasioni di annacquare il messaggio anti-Autonomia, spostandone il fulcro: «Io non sono per nulla chiuso al tema, ma bisogna discuterne concretamente: non è sufficiente accentrare poteri nelle regioni se poi si tolgono soldi ai Comuni per i servizi». Che è assai diverso dal dire «niet» e basta all'autonomia.
Il primo a parlar chiaro è comunque Giorgio Tonini, intervistato da Il Trentino. E del resto non è un caso se il Pd trentino (senza proclami) si è sottratto alla campagna referendaria: «Comprendo le critiche alla legge Calderoli. Ma è figlia di una riforma voluta da noi. Una riforma giusta». Agire per via referendaria è sbagliato, spiega: «C'era l'occasione per una riforma condivisa», ma «a sinistra c'è una componente giacobina che guarda allo Stato centrale come deus ex machina».
Serve una «battaglia, anche nel partito» per «far prevalere» anche a sinistra «la visione policentrica che fu di De Gasperi, contro il centralismo statalista: è un problema non solo qui, ma in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna».
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