Pescherecci fantasma, tre quarti sono invisibili al tracciamento pubblico
I dati sulle flotte oscure
Lo studio “Satellite mapping reveals extensive industrial activity at sea”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori statunitensi guidato da Fernando Paolo e David Kroodsma di Global Fishing Watch fornisce una visione senza precedenti dell’utilizzo industriale di mari e oceani precedentemente non mappati e di come sta cambiando. Lo studio è stato reso possibile grazie al generoso supporto di Bloomberg Philanthropies, National Geographic Pristine Seas e Oceankind e al partner tecnologico Google. Come vincitore del The Audacious Project, un’iniziativa di finanziamento collaborativo che sta catalizzando l’impatto sociale su larga scala, Global Fishing Watch è in grado di promuovere l’applicazione di questo lavoro innovativo che utilizza l’apprendimento automatico e le immagini satellitari per creare la prima mappa globale del traffico di grandi navi e delle infrastrutture offshore, rilevando “una notevole quantità di attività che in precedenza era ‘oscura’ per i sistemi di monitoraggio pubblici”.
Kroodsma, direttore ricerca e innovazione di Global Fishing Watch, sottolindea che “una nuova rivoluzione industriale, fino ad ora inosservata, sta emergendo nei nostri mari. Sulla Terra abbiamo mappe dettagliate di quasi tutte le strade e gli edifici del pianeta. Al contrario, la crescita nel nostro oceano è stata in gran parte nascosta alla vista dell’opinione pubblica. Questo studio aiuta a eliminare i punti ciechi e a far luce sull’ampiezza e sull’intensità dell’attività umana in mare”.
Nel periodo 2017 - 2021 i ricercatori di Global Fishing Watch, università del Wisconsin-Madison, Duke University, università della California - Santa Barbara e SkyTruth hanno analizzato 2 milioni di gigabyte di immagini satellitari per rilevare navi e infrastrutture offshore nelle acque costiere di 6 continenti dove si concentra più di tre quarti l’attività di pesca industriale e, sintetizzando i dati GPS con 5 anni di immagini radar e ottiche, sono stati in grado di identificare i pescherecci che non trasmettevano la loro posizione. Utilizzando l’apprendimento automatico, hanno quindi concluso quali di quei pescherecci fossero probabilmente impegnate in attività di pesca.
Paolo, ingegnere senior di machine learning al Global Fishing Watch, ricorda che “storicamente, l’attività dei pescherecci è stata scarsamente documentata, limitando la nostra comprensione di come viene utilizzata la più grande risorsa pubblica del mondo, l’oceano. Combinando la tecnologia spaziale con l’apprendimento automatico all’avanguardia, abbiamo mappato l’attività industriale nascosta in mare su una scala mai realizzata prima”.
Anche se non tutti i pescherecci sono obbligati per legge a trasmettere la propria posizione, quelli assenti dai sistemi di monitoraggio pubblico, spesso chiamati “dark fleets - flotte oscure”, pongono grandi sfide per la protezione e la gestione delle risorse naturali. I ricercatori hanno scoperto numerosi pescherecci fantasma all’interno di molte aree marine protette e un’alta concentrazione di pescherecci nelle acque di molti Paesi i cui sistemi di monitoraggio pubblici avevano finora mostrato un’attività navale minima.
Una delle autrici dello studio, Jennifer Raynor, che si occupa di economia delle risorse naturali all’università del Wisconsin-Madison, evidenzia che “i dati disponibili al pubblico suggeriscono erroneamente che Asia ed Europa hanno quantità simili di pesca all’interno dei loro confini, ma la nostra mappatura rivela che l’Asia domina: per ogni 10 pescherecci che abbiamo trovato in acqua, 7 erano in Asia mentre solo uno era in Europa, Rivelando i dark vessels, abbiamo creato il quadro pubblico più completo disponibile sulla pesca industriale globale".
Lo studio mostra anche come sta cambiando l’attività antropica nell’oceano: “In concomitanza con la pandemia di Covid-19, l’attività di pesca è diminuita a livello globale di circa il 12 per cento, con un calo dell’8 per cento in Cina e del 14 per cento altrove. Al contrario, l’attività delle navi da trasporto ed energetiche è rimasta stabile”.
Durante il periodo di studio, lo sviluppo dell’energia offshore ha registrato un’impennata: “Le strutture petrolifere sono aumentate del 16 per cento, mentre le turbine eoliche sono più che raddoppiate. Entro il 2021, le turbine supereranno le piattaforme petrolifere. L’energia eolica offshore cinese ha registrato la crescita più sorprendente, aumentando di 9 volte dal 2017 al 2021”.
Un altro autore dello studio, Patrick Halpin, professore di ecologia geospaziale marina alla Duke University, fa notare che “l’impronta dell’Antropocene non è più limitata alla terraferma. Avere una visione più completa dell’industrializzazione degli oceani ci permette di vedere una nuova crescita dell’energia eolica offshore, dell’acquacoltura e dell’estrazione mineraria che si sta rapidamente aggiungendo alle attività consolidate di pesca industriale, navigazione marittima e petrolio e gas. Il nostro lavoro rivela che l’oceano globale è uno spazio di lavoro industriale occupato, affollato e complesso della crescente blu economy”.
Lo studio evidenzia il potenziale di questa nuova tecnologia per affrontare il cambiamento climatico: “La mappatura di tutto il traffico navale migliorerà le stime delle emissioni di gas serra in mare, mentre le mappe delle infrastrutture possono fornire informazioni sullo sviluppo dell’energia eolica o aiutare a monitorare il degrado marino causato dall’esplorazione petrolifera”.
Un coautore dello studio, Christian Thomas, ingegnere geospaziale di SkyTruth, aggiunge che “l’identificazione delle infrastrutture offshore è fondamentale per comprendere gli impatti e le tendenze dello sviluppo dell’energia offshore, ed è un dato cruciale per il nostro lavoro volto a rilevare eventi di inquinamento marino e responsabilizzare le parti coinvolte”.
Gli open data e la tecnologia utilizzati nello studio possono aiutare i governi, i ricercatori e la società civile a identificare gli hotspot di attività potenzialmente illegali, determinare dove i pescherecci industriali potrebbero invadere le zone di pesca artigianale o semplicemente comprendere meglio il traffico navale nelle loro acque.
Kroodsma conclude: “Prima questo tipo di monitoraggio satellitare era disponibile solo per coloro che potevano pagarlo. Ora è liberamente disponibile per tutte le nazioni. Questo studio segna l’inizio di una nuova era nella gestione e nella trasparenza degli oceani”.
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