Cambogia: l’industria del mattone causa inquinamento e schiavitù minorile

Marchi internazionali alimenterebbero con i propri rifiuti le fabbriche del mattone cambogiane
Il rapporto pubblicato dal gruppo per i diritti umani Licadho denuncia lo sfruttamento minorile nelle fabbriche di mattoni cambogiane alimentate attraverso i rifiuti di 19 marchi internazionali, tra cui Adidas, Lidl e Primark, che starebbero provocando la diffusione di malattie tra i dipendenti.
Secondo Pilorge Naly, direttore della Lega cambogiana per la promozione e la difesa dei diritti umani, nel Paese le città e gli sviluppi urbanistici si sono basati per decenni sullo sfruttamento dei lavoratori all’interno delle fabbriche. Ancora oggi, «Il Governo cambogiano permette che la schiavitù per debiti e il lavoro minorile continuino in bella vista», ha detto.
Attraverso i sopralluoghi in 21 fabbriche di mattoni nella capitale Phnom Penh, Licadho afferma di aver visto bambini tagliare e inserire l’argilla all’interno di macchine manuali per la produzione di mattoni particolarmente pericolose, dopo aver affettato l’argilla utilizzando utensili metallici. I bambini sfruttati venivano anche impiegati per spostare i mattoni dai nastri trasportatori, spingere carriole e caricare i mattoni sui camion.
Licadho, che indaga la schiavitù nelle fabbriche da anni, ha fatto sapere di non aver riscontrato miglioramenti rispetto al suo rapporto del 2016. Altre inchieste e ricerche accademiche hanno inoltre documentato come la schiavitù per ripagare i debiti e il lavoro minorile siano sistematici nelle fabbriche della Cambogia.
La portavoce del ministero del Lavoro Kata Orn ha però dichiarato a Camboja News che gli ispettori del lavoro del Governo hanno pattugliato le fabbriche per un totale di 353 volte dal 2021 e hanno scoperto che «non vi è alcun utilizzo del lavoro minorile e della schiavitù per debiti».
Oltre al problema della schiavitù, le violazioni dei diritti umani riscontrate riguardano anche le modalità illegali di smaltimento dei rifiuti tessili di proprietà di note multinazionali, utilizzati per alimentare le fornaci delle fabbriche. Nelle interviste raccolte, gli operai ma anche ex lavoratori (tra cui ci sono anche alcune donne incinte) raccontano di soffrire regolarmente di problemi respiratori, emicrania e perdite di sangue dal naso. Gli scarti di abbigliamento bruciato, infatti, rilasciano spesso sostanze chimiche tossiche utilizzate nei processi di tintura e stampa. Queste sono anche altamente inquinanti.
Contattata da Reuters per un commento sulla denuncia, Adidas ha detto che le sue policy ambientali stabiliscono che tutti i materiali di scarto provenienti dai suoi 16 fornitori cambogiani devono essere smaltiti in un impianto di termovalorizzazione approvato per legge dal Governo del Paese. Come Lidl e Primark, anche il brand sportivo ha comunicato a Reuters di aver avviato un’indagine per verificare se i rifiuti vengono deviati dalle vie di smaltimento autorizzate alle fornaci di mattoni.
Camboja News ha chiesto spiegazioni anche ad altri marchi che secondo Licadho sono coinvolti in questa violazione delle norme cambogiane.
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