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Amatrice, confermate in appello le condanne per il sisma

Gli avvocati: “Una pagina di verità”

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Regge anche in appello l'impianto accusatorio nel procedimento legato al crollo di due palazzine di edilizia popolare ad Amatrice che provocò la morte di 19 persone a seguito del terremoto del 24 agosto del 2016. La Corte d'Assise d'Appello di Roma ha confermato le condanne per due imputati. Ribaditi nove anni di carcere per Ottaviano Boni, all'epoca direttore tecnico dell'impresa costruttrice Sogeap e a 5 anni Maurizio Scacchi, geometra della Regione Lazio - Genio Civile. Nel processo erano inizialmente imputate altre tre persone: per Luigi Serafini è stato dichiarato il non luogo a procedere per gravi motivi di salute. Gli altri due imputati sono, invece, deceduti nel corso degli anni: si tratta dell'ex assessore Corrado Tilesi e dell'ex presidente dell'Iacp Franco Aleandri. Dopo la lettura della sentenza i parenti delle vittime che erano presenti in aula si sono abbracciate in silenzio. In primo grado il giudice monocratico del tribunale di Rieti, l'8 settembre del 2020, aveva stabilito che quelle morti non furono solo colpa del sisma ma anche dell'uomo. Le palazzine gemelle venute giù erano in piazza Augusto Sagnotti e il crollo fu dovuto all'incuria. Nelle motivazioni il magistrato affermò che la causa del collasso strutturale non andava ricercata nel terremoto, che non fu un evento "eccezionale" nè ebbe "effetti eccezionali", ma nelle concause umane. La scossa delle 3.36, aggiunse il giudice del tribunale di Rieti, "certamente non può definirsi eccezionale in base ai precedenti storici dell'area, né "eccezionale per energia liberata, per sua durata e per entità della sua fase più distruttiva, per profondità dell'epicentro". Quelle palazzine, dunque, erano stato costruite male, come avevano già svelato le indagini e le perizie e, quindi, come ha sostenuto l'accusa. Nelle 500 pagine della sentenza di primo grado si afferma inoltre che la causa dei crolli è da imputare anche "a difetti di esecuzione", che riguardavano la carente piegatura dei ferri, necessaria secondo le buone tecniche costruttive, la mancanza di uno dei ferri posizionati sul lato trasversale, l'utilizzo di un cemento scadente, o comunque di qualità inferiore a quello di progetto". Per l'avvocato di parte civile Wania Della Vigna, che ha rappresentato in giudizio una quarantina di familiari delle vittime, "oggi è stata scritta una pagina di giustizia e di verità da parte della Corte di Appello di Roma per tutti i familiari delle vittime che hanno compreso che la morte dei loro cari non è derivata da un terremoto eccezionale, il terremoto non è stata espressione di una natura matrigna, ma ci sono precise concause umane".

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
15/03/2023 05:55:10


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