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Turk: il cap price funziona, per la transizione il 2022 è stato l’anno della svolta

Il vicesegretario dell’Energia americana: «L’Europa ha preso decisioni legate al business"

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La Cina sta pagando il conto della guerra in Ucraina, il cap price sta funzionando e la transizione energetica sta camminando ad ampie falcate. David Turk, vicesegretario dell’Energia americana, in un colloquio con alcuni media stranieri fra cui La Stampa, ha rilanciato la necessità della partnership con gli alleati europei per continuare ad affrontare le sfide energetiche – diversificazione delle fonti, supply chain, transizione green – che il contesto internazionale pone e che la guerra in Ucraina ha complicato. Già ai tempi del Covid, c’era stato un incremento dei prezzi a fronte di una difficoltà nella supply chain, ha evidenziato l’esponente dell’Amministrazione Biden. L’invasione russa ha acuito la situazione e ha avuto ripercussioni su tutto il mondo spingendo i prezzi in alto. Infine un terzo fattore di volatilità sono i cambiamenti climatici e le conseguenze con le quali la comunità internazionale deve interagire: siccità, inondazioni, eventi estremi che colpiscono le infrastrutture e non solo. Un esempio sottolineato da Turk, è quanto accaduto lo scorso anno in Pakistan, i cui due terzi di territorio sono rimasti sott’acqua per lungo tempo a causa degli effetti del cambiamento climatico. Sono eventi che hanno spinto gli Stati Uniti e gli alleati europei a seguire una doppia strategia: la prima è stata quella di diversificare le fonti di approvvigionamento e di mantenere aumentando la disponibilità di energia i prezzi di gas e greggio entro limiti accettabili. Lo scorso anno ad esempio, gli Stati Uniti hanno aumentato l’export di gas naturale liquefatto ai Paesi europei e – ha ricordato Turk – Biden ha ordinato l’utilizzo delle riserve strategiche per colmare il gap fra domanda e offerta globale di energia; un secondo livello che viene definito a lungo termine, è invece legato allo sviluppo delle fonti alternative e quindi il rafforzamento del transizione energetica. Turk ha evidenziato come la domanda ad esempio di pannelli solari e materiale per la produzione di energia verde sia aumentata.

L’Amministrazione Biden ha varato l’IRA (Inflation Reduction Act). Contiene investimenti dieci volte superiori a quelli mai stanziati per l’energia verde e rinnovabile tanto che gli incentivi fiscali stanziati, 369 miliardi di dollari come minimo, potrebbero persino essere più alti se più consumatori e il mondo industriale sfruttassero i vantaggi della legge. Solo il Dipartimento dell’Energia ha la disponibilità di indirizzare 100 miliardi di dollari per programmi come lo sviluppo di hub di idrogeno, la costruzione di stazioni geotermiche, accumulatori di energia eolica, che secondo Turk avranno un effetto volano non solo negli Stati Uniti ma anche in Asia e in Europa.

Il 2022, è l’opinione di Turk, “sarà un anno pivot”, chiave, di svolta. “Così penso lo guarderemo fra qualche decennio”, l’anno che ha impresso una convinta virata verso l’energia pulita. Non sono solo i numeri degli investimenti a dirlo, ma anche la volontà politica manifestata dai Paesi: “Molti di questi – ha detto Turk – vedono nella sicurezza economica e nei benefici economici di affidarsi all’energia pulita un vantaggio. L’Europa ha preso decisioni politiche e legate al business i cui effetti positivi si avranno nel 2024, o anche più avanti”. E questo è il segnale, secondo l’alto funzionario dell’Amministrazione, di un cambio di prospettiva e di mentalità.

Se l’Europa, pur in ritardo, si sottolinea a Washington, è riuscita a staccarsi dalla dipendenza dell’energia russa, il cammino non è tuttavia ancora concluso: “Siamo ancora nella foresta”, spiega Turk che però sottolinea come il price cap imposto sul greggio di Mosca per ridurne gli introiti per finanziare il conflitto stia funzionando. Sia perché a Putin mancano quattrini, sia perché il prezzo dell’energia è tenuto sotto controllo. Chi invece da questa situazione, è la sua conclusione, non sta guadagnando – almeno sotto il profilo energetico – è la Cina. Paga il gas russo a prezzi inferiori al passato ma pur sempre alti e l’effetto trascinamento su altre voci dell’economia – produzione e supply chain – della guerra in Ucraina è forte.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
01/03/2023 20:16:37


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