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Caso Open Arms, Salvini rinviato a giudizio a Palermo

E' accusato a Palermo di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio

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L’ex ministro dell’Interno, e leader della Lega, Matteo Salvini, sarà processato a Palermo per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, per la vicenda della nave umanitaria Open Arms. Lo ha deciso, nell’aula bunker del carcere palermitano dell’Ucciardone, il giudice dell’udienza preliminare Lorenzo Jannelli, al termine di una camera di consiglio durata un paio d’ore e cominciata nella tarda mattinata, dopo il lungo intervento dell’avvocato Giulia Bongiorno. La senatrice, avvocato difensore di Salvini, aveva chiesto il «non luogo a procedere»: «Non lasci che le sentenze si sostituiscano alle urne», aveva detto in conclusione al gup Jannelli. Il processo sarà celebrato davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Palermo, si comincia il 15 settembre. «La difesa della patria è sacro dovere del cittadino - ha commentato subito dopo Salvini sui social - Articolo 52 della Costituzione. Vado a processo per questo, per avere difeso il mio Paese? Ci vado a testa alta anche a nome vostro. Prima l’Italia. Sempre». E’ l’epilogo che, ovviamente, l’ex ministro dell’Interno non si augurava, pensando a un «bis» del caso Gregoretti, la cui udienza preliminare è in corso a Catania e dove è stata la stessa procura a chiedere l’archiviazione. Ma la procura di Palermo ritiene che sia stato un reato l’aver tenuto la nave della Ong Open Arms ferma in mare per 6 giorni, con a bordo 147 migranti, nei primi giorni di agosto del 2019, prima che fosse concesso lo sbarco conseguente a un provvedimento del tribunale dei minori e al sequestro della nave. E a voler sottolineare l’impostazione dell’inchiesta, anche oggi in aula c’era il capo della procura Francesco Lo Voi accanto all’aggiunto e al pm, a differenza del processo «Gregoretti» dove sabato scorso il pm Andrea Bonomo era da solo nell’aula bunker di Bicocca quando ha chiesto al gup Niunzio Sarpietro il «non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste». «Non vedo analogie evidenti tra l’inchiesta di Catania e quella di Palermo», aveva precisato stamattina ai giornalisti. L’avvocato Giulia Bongiorno, nel suo lungo intervento con accanto a sé lo stesso leader leghista, ci aveva provato in tutti i modi a smontare la tesi dell’accusa e, dopo aver presentato nei giorni scorsi una memoria di 110 pagine, nell’aula bunker dell’Ucciardone ha ribadito oggi concetti che aveva già esplicitato a Catania: che Salvini non decideva da solo perché le decisioni erano collegiali nel governo, che il no allo sbarco era dunque un atto politico, e non amministrativo come sostiene invece la procura palermitana. Bongiorno ha detto che la Open Arms voleva andare solo in Italia, rifiutando l’aiuto di navi mercantili, di Malta, della Spagna: «Open Arms poteva andare ovunque - ha detto -. Aveva il divieto di andare solo in una direzione. Se in una stanza una porta è chiusa ma posso uscire da un’altra parte, non è sequestro di persona». Bongiorno, che ha parlato di «molti errori nella ricostruzione», ha anche fatto notare come il divieto di ingresso della nave umanitaria nelle acque territoriali italiane fosse stato firmato pure dagli allora ministri delle Infrastrutture, Toninelli, e della Difesa, Trenta: «Ma qui c’è sotto processo solo Salvini», ha sottolineato. «C’è una visione salvincentrica», ha aggiunto. Per la difesa, quelli della Open Arms non erano salvataggi ma favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; ha citato una comunicazione di Malta alla nave in cui sarebbe scritto che la Open Arms «bighellonava» in mare alla ricerca di migranti. Nell’aula bunker dell’Ucciardone erano presenti i rappresentanti delle numerose parti civili, tra cui la stessa Ong catalana ma anche le città di Palermo e di Barcellona e alcuni degli stessi migranti. Fuori, gruppi di attivisti pro-migranti sono rimasti tutto il giorno in attesa del pronunciamento del gup. «Felici per tutte le persone che abbiamo tratto in salvo durante la missione 65 in tutti questi anni - è il commento della Ong catalana Proactiva Open Arms -. La verità del Mediterraneo è una, siamo in mare per raccontarla». Ora per Salvini c’è lo scoglio, che stavolta appare più superabile, del caso Gregoretti: il 14 maggio dovrà tornare a Catania per attendere il pronunciamento del gup Sarpietro.

 

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
18/04/2021 06:29:01


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